Giustizia

Il sottosegretario Ostellari: «Il 98% di chi impara un mestiere in carcere, poi non commette più delitti»

Ma la grande maggioranza ha un impiego alle dipendenze del Dipartimento di amministrazione penitenziaria. I ristretti che hanno soggetti terzi come datori di lavoro sono appena 3.172. Stefano Granata (presidente di Confcooperative Federsolidarietà): «Per chi lavora nelle cooperative, recidiva sotto al 10%)

di Ilaria Dioguardi

«Il 98% dei detenuti che, negli istituti di pena, imparano un mestiere, una volta usciti non commettono più delitti. Questo è l’elemento fondamentale che deve essere sottolineato per cercare di fare squadra. Così facendo non solo miglioriamo l’obiettivo dell’articolo 27 della nostra Costituzione, ma anche quello, egoisticamente più rilevante, di migliorare la nostra società nel futuro», ha detto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari durante la giornata di lavoro “Recidiva zero”, alla seconda edizione, organizzata a Roma nella sede del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Dap dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro-Cnel in collaborazione con il ministero della Giustizia.

Il 34,30% dei detenuti lavora (soprattutto con il Dap)

Il sottosegretario ha affermato che «il 34,30% dei detenuti oggi lavora, sono circa 21.200 persone. La grande maggioranza ha un impiego alle dipendenze del Dap, è un lavoro diverso rispetto a quello che dovrebbe essere gestito da un datore di lavoro privato o del Terzo settore, con cui il detenuto ha delle regole diverse, deve crescere ed imparare. All’interno del comparto dei detenuti lavoratori alle dipendenze del Dap, abbiamo avuto un aumento del 5% rispetto al 2022».

Le imprese che hanno beneficiato della legge Smuraglia «sono passate da 519 nel 2023 alle attuali 730, con un aumento del 40,65%. È un dato che registra l’impegno che abbiamo certificato dal 2022 alla fine del 2024», ha continuato.

«Quel mondo che sta fuori dobbiamo cercare di metterlo in relazione con gli istituti per spingere i progetti, per fare in modo che lo strumento del lavoro sia davvero quello che dia fiducia e prospettiva, che renda la speranza qualcosa di palpabile. I progetti ci sono e sono in continua evoluzionei», ha proseguito Ostellari. «Dobbiamo cercare di coinvolgere il mondo esterno per far capire che il progetto “Recidiva zero” è anche economicamente sostenibile», ha concluso, «che è un vantaggio per chi vuole investire negli istituti».

Dei detenuti lavoranti, il 15% è alle dipendenze di soggetti terzi

«Il lavoro alle dipendenze del Dap è nei settori funzionali alla gestione della quotidianità, in ambito agricolo, negli opifici», ha detto il neoeletto capo del Dap Stefano Carmine De Michele. «Sono solo 3.172 i detenuti alle dipendenze di soggetti terzi, di questi 115 in lavoro interno, 898 in lavoro esterno e 1.123 semiliberi. Sul totale dei lavoranti, sia alle dipendenze del Dap sia di terzi, 7.600 sono stranieri».

Recidiva sotto al 10% con il lavoro in cooperativa

«Su 100 detenuti formati e assunti da cooperative sociali, meno di 10 tornano a delinquere», ha detto il presidente di Confcooperative Federsolidarietà Stefano Granata. «E ogni euro investito in questo percorso genera benefici netti per la collettività, trasformando il carcere da “trappola sociale” a ponte verso il reinserimento. Lo dimostrano i numeri della filiera giustizia di Confcooperative Federsolidarietà: 430 milioni di fatturato, 11.500 occupati, e 3.000 ex-detenuti stabilizzati nel lavoro post-carcere».

Dalle coop sociali di tipo B oltre un terzo dei detenuti assunti con la Smuraglia

Le cooperative del sistema «hanno dato lavoro a oltre 11.500 persone nella filiera della giustizia. In particolare, le cooperative sociali di tipo B, specializzate nell’inserimento lavorativo, si confermano una “locomotiva” per le opportunità di occupazione in carcere, assumendo oltre un terzo dei detenuti impiegati grazie anche agli incentivi della legge Smuraglia», ha continuato Granata.

«Attraverso un modello integrato che vede la collaborazione tra cooperative di tipo A e B, stiamo costruendo una filiera completa che va dalla profilazione delle competenze dei detenuti all’accoglienza residenziale, dalla formazione all’inserimento lavorativo, sia nelle nostre cooperative che presso altre imprese».

Foto di Andrea Ostellari, in apertura, di Cecilia Fabiano/LaPresse e, nel pezzo, foto dell’autrice

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