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Il tuffo di Francesca, in piscina e non solo

di Redazione

La prima volta che è entrata nel centro di Osimo (era il 2008), Francesca Albanella , 36 anni, sarda, consulente d’arredo all’Ikea di Ancona, si è sentita «schiacciata dal dolore? È stato scioccante vedere quei ragazzi? erano contenitori di sofferenze». Tornata a casa, assieme alle lacrime, sono subentrati i dubbi, il senso di inadeguatezza («sarò in grado di dar loro qualcosa?»). Non c’è da stupirsi: aveva già frequentato il corso per volontari organizzato dal Filo d’oro («è strutturato molto bene e prevede anche un colloquio con lo psicologo»), ma un conto è la teoria, un altro la pratica. «Percepivo la necessità di fare qualcosa di concreto, di dare un contributo fattivo per gli altri. Per me non esiste il “non ce la faccio”, né il guardare dall’altra parte. Queste situazioni vanno affrontate perché fanno parte della nostra vita». Senza eroismi. Partendo anche dalle proprie fragilità, dal proprio stato d’animo («Serve equilibrio: prima devi ritrovare una tua dimensione interiore, dopo di che ti puoi rivolgere anche agli altri»). Alla fine Francesca si è «buttata», come dice lei. Le attività in piscina. Il gruppo delle coccole (per accompagnare nel sonno gli ospiti più giovani di Osimo). Momenti che hanno via via smussato le iniziali difficoltà e permesso la valutazione di oggi, estremamente positiva: «Questa esperienza mi ha aiutato molto. Sono una persona molto tormentata, sempre alla ricerca di qualcosa, di concretezza, di valore. Ora mi pare che il mio approccio alla vita sia diverso. Sento che riesco ad affrontare meglio e più serenamente la quotidianità. Quello che mi piace della Lega è proprio che cerca di “normalizzare” la disabilità, di superarla attraverso la relazione con queste persone».

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