Mondo
Il viaggio di Zidie
Dalla Tunisia a Lampedusa. L'epopea di uno dei tanti ragazzini che prendono il mare. In edicola con VITA
di Redazione

di Marco Benedettelli
Muove in continuazione la gambe Zidie, è nervoso e si tormenta le mani. Ha paura, lo attende il mare e un lungo viaggio. È appena un ragazzino, dice di avere 18 anni ma ne dimostra di meno. Aspetta la chiamata del suo “passeur” e poi via, si parte, verso Lampedusa. I suoi amici, intorno a lui, gli tengono compagnia seduti a un caffè del lungomare di Zarzis, estremo Sud-Est del Paese. Scherzano. «Stasera Zidie è il nostro “harraga”», e lo coprono di pacche sulle spalle. “Harraga” in arabo vuol dire, “chi brucia”. È il nome che si dà nel Maghreb a chi si imbarca da clandestino per l’Europa e incenerisce i propri documenti perché arde dalla voglia di cominciare una nuova esistenza. A Zarzis, località turistica piena di ristoranti e alberghi, la notte è agitata. Zidie è solo uno delle centinaia di “harraga” in partenza dai porticcioli lungo tutta la costa. «C’è gente pronte a salpare ovunque», mi spiegano i suoi amici. Zidie è nato e cresciuto ad Hassi Jerbi, a pochi chilometri da qui, e partirà proprio dalle spiagge di casa. «Nel mio villaggio sono rimaste solo le donne e i bambini, gli uomini sono tutti a Lampedusa», mi spiega.
Tutti a Zarzis sognano di partire, la paura del mare sembra l’unico ostacolo. Sono giovanissimi. Zidie mi domanda con insistenza cosa gli accadrà arrivato a Lampedusa. «Mi trasferiranno in Sicilia e poi mi daranno tutti i permessi di soggiorno, così posso mettermi subito a cercare lavoro, vero?». I giornali tunisini in questi giorni dedicano pagine e pagine all’emigrazione. Spiegano che il governo italiano ha già deciso di effettuare rimpatri di massa. Raccontano dei dispersi in mare e del dolore delle famiglie. Ma l’opera di dissuasione non basta, ora che i controlli sono completamente saltati chi se la sente riesce a partire da un giorno all’altro.
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