Cultura
Immigrati piu’ istruiti degli italiani, la ricerca
E' questo il dato della ricerca dell'universita' Bocconi di Milano e dell' university College di Londra sui dati in possesso del Naga, l'associazione milanese che presta assistenza sanitaria grat
di Redazione
In 18 mesi sono piu’ di 10 mila i clandestini che si sono rivolti alla struttura di solidarieta’. Dalla ricerca emerge che tra gli immigrati, di eta’ compresa tra i 25 e i 64 anni, il 41,1% di loro dichiara di essere in possesso di un diploma di scuola superiore e il 12,1% di istruzione universitaria. Gli italiani della stessa eta’ in possesso del diploma di scuola superiore sono il 33% e i laureati il 10%, secondo i dati Ocse.
Le donne (38,6% diplomate, 13,3% laureate) sono mediamente piu’ istruite degli uomini e i sudamericani sono quelli con la scolarita’ maggiore. ”Il dato”, spiega il docente di economia Carlo Devillanova, ”va letto con prudenza perche’ non esiste perfetta corrispondenza tra i diversi sistemi formativi. Ma i clandestini, come hanno dimostrato ricerche svolte in passato, sono mediamente meno istruiti degli immigrati regolari e la scolarita’ degli immigrati nel loro complesso e’, percio’, nettamente superiore a quella percepita”.
Se la scolarita’ degli immigrati clandestini e’ mediamente superiore a quella degli italiani solo una meta’ di loro lavora, e sempre svolgendo le funzioni piu’ elementari. L’alta scolarizzazione, in questo senso, non si traduce nello svolgimento di lavori corrispondenti. La maggior parte dei clandestini occupati (e sono solo il 54%) svolgono mansioni elementari, che vanno dall’assistenza domestica al facchinaggio, dall’impiego in edilizia alla vendita ambulante, in stridente contrasto con la loro istruzione e con gli impieghi in patria, dove solo il 15% svolgeva mansioni elementari e piu’ del 5% era insegnante o professore. ”Questo genere di migrazione”, spiega Devillanova, ”determina percio’ un impoverimento del capitale umano dei paesi di origine (il cosiddetto brain drain), dal momento che migrano soprattutto i piu’ istruiti e un conseguente spreco di questo capitale (il brain waste), quando le loro competenze non sono utilizzate nel paese di destinazione. Tale risultato mette in dubbio anche l’eventuale efficacia di politiche di selezione degli immigrati, il tessuto produttivo italiano -conclude l’economista- sembra poco interessato alle loro qualifiche”.
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