Non profit

In Concerto, il distretto sociale che fa impresa dal volto umano. Senza aiuti pubblici

Cooperazione & innovazione

di Redazione

Lo chiamano “distretto produttivo sociale” perché combina le caratteristiche del distretto industriale (territorialità, specializzazione, agglomerazione) con il dna sociale (capacità di leggere i bisogni emergenti del territorio e costruire risposte innovative). Questo “distretto” ha una grande rilevanza economica (dà lavoro a 1.200 persone, di cui 215 lavoratori svantaggiati) nell’area di Castelfranco Veneto e della Castellana, nel Trevigiano. Il suo motore e cuore pulsante è il consorzio In Concerto, che naviga a vele spiegate nel mercato privato, senza l’aiuto di finanziamenti pubblici (le sole coop di inserimento lavorativo del gruppo fatturano annualmente 23 milioni di euro, l’80% dei quali arriva da contratti con clienti privati).
Tutto comincia vent’anni fa dalla cooperativa madre, L’Incontro, specializzata nell’educazione e riabilitazione delle persone con disagio psichico. «L’obiettivo di restituire loro dignità attraverso un percorso professionale doveva necessariamente uscire dai confini medico-riabilitativi e arrivare al mercato del lavoro», spiega Pietro Tarusello, responsabile dell’area Risorse umane del consorzio. Nel 2002 è nato In Concerto, che oggi conta 22 coop sociali, 5 di natura socio-assistenziale e 16 di inserimento lavorativo più un consorzio di scopo per gli investimenti immobiliari.
Più di una rete, una vera filiera che azzera lo svantaggio e lo trasforma in un valore: le 5 coop di tipo A, convenzionate con la Ussl del territorio, coinvolgono nel loro processo assistenziale e rieducativo più di mille utenti e rappresentano il “vivaio” entro cui attingere i soci svantaggiati da inserire nelle coop di tipo B. Complessivamente, l’intero consorzio fattura oltre 47 milioni l’anno.
La capacità competitiva nel mercato delle grandi aziende private si costruisce attraverso un mix equilibrato tra lavoratori normodotati e lavoratori svantaggiati (che rappresentano, in ogni coop, il 35-40% del totale). Ognuno dei 5 centri riabilitativi è una piccola filiale del percorso produttivo, in cui si completano assemblaggi e procedimenti elementari. Ciascun ospite ha una borsa lavoro ed è seguito da un’équipe medico-sociale e da un “responsabile produttivo” che ne valuta la capacità di fare “il salto” verso il lavoro. «Non esiste un percorso standard ma progetti individualizzati», conclude Tarusello.
Ogni anno, tra i 10 e i 15 ospiti dei centri riabilitativi entrano nelle coop d’inserimento lavorativo. Queste hanno enormemente diversificato i settori di attività: si va dall’area strettamente industriale, che serve clienti come la De Longhi per l’assemblaggio delle macchine da caffè (ne vengono prodotte 3.500 al giorno), fino al settore agricolo e a quello dei servizi (pulizie, lavanderie, trasporti e traslochi, ristorazione, verde e arredo urbano).

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