Ambiente
In Sicilia 50 incendi al giorno, ma la prevenzione ancora non si fa
Sono soprattutto le riserve naturali a bruciare quest'anno in Sicilia. Senza contare gli enormi danni all'agricoltura. I piani di prevenzione, però, ancora mancano. Le associazioni ambientaliste - quelle storiche come il Wwf, ma anche le più giovani come Isola Fenice -non accettano più di rivivere ogni anno lo stesso copione

Brucia la Sicilia. Bruciano i terreni agricoli: nel 2025, su 17mila ettari, 13mila. Con perdite diffuse in frutteti, seminativi, oliveti, vigneti e allevamenti che hanno fatto conquistare alla Sicilia il primo posto in Italia per superficie distrutta. Trecento i milioni di euro andati in fumo in soli dieci anni con conseguenze per allevamenti, aree rurali, turismo e patrimonio ambientale.
Brucia la Sicilia, prendono fuoco le splendide riserve naturali dalla Riserva dello Zingaro e l’area naturale protetta di Monte Cofano, entrambe nella provincia di Trapani, le campagne attorno a Calatafimi, la Sughereta di Niscemi, Piana degli Albanesi, l’area etnea tra Biancavilla e Ragalna, Cava Grande del Cassibile e il Calatino.
Vedere bruciare le riserve è come assistere alla cancellazione delle nostre radici. Una ferita difficile da rimarginare
Secondo il sistema informativo “Astuto” del Corpo Forestale della Regione Siciliana, dall’inizio della campagna antincendio che ha preso il via il 15 maggio scorso, sono stati in tutto 3.757 gli incendi registrati in Sicilia da maggio a luglio 2025: grossomodo fa 50 incendi al giorno. Hanno interessato 4.977 ettari di superficie boscata e 26.423 ettari di superficie non boscata.

Nelle giornate più critiche, tra il 24 e il 26 luglio, al numero 1515 del Corpo Forestale sono arrivate 4.843 segnalazioni: più del 12% delle 40.158 complessive gestite dall’inizio della campagna da parte delle nove sale operative provinciali degli ispettorati dipartimentali. Le azioni effettuate a terra hanno visto impegnati i 4.700 operai forestali nella lotta alle fiamme. Il soccorso aereo regionale, invece, dall’inizio della campagna, con i suoi dieci elicotteri ha effettuato 567 missioni, con 12.966 lanci. In alcuni casi, secondo la disponibilità, si è aggiunta anche la flotta aerea nazionale, che ha effettuato 270 interventi. La maggior parte dei roghi ha interessato terreni abbandonati, ricoperti da vegetazione erbacea infestante, secca e piena di stoppie. Si tratta spesso di terreni privati, i cui proprietari non hanno rispettato le ordinanze comunali di ripulitura. Aree colpite che saranno esaminate e perimetrate attraverso specifici rilievi tecnici da parte del Corpo Forestale per aggiornare il catasto incendi.
Una ferita annunciata, che ogni anno in questo periodo porta a fare i conti con un copione già letto, contro il quale sembra si riesca a fare ben poco. Il Wwf, a fine 2024, a un anno dalla devastante stagione siciliana degli incendi del 2023, registrava oltre 15mila ettari di boschi distrutti dal fuoco, pari a ben il 73% degli incendi della stessa categoria a livello nazionale. Nulla di nuovo all’orizzonte.
«La situazione è purtroppo sempre la stessa. Anzi», afferma Pietro Ciulla, delegato regionale del WWF Italia e della Regione Sicilia, «si rafforza ancora di più la nostra convinzione che esiste una puntualità che è veramente preoccupante. Il “sistema antincendio boschivo” continua a essere una ghiotta opportunità per utilizzare, in un continuo clima emergenziale, ingenti risorse economiche, portatrici di tutele clientelari, sprechi e assistenzialismo, senza alcuna programmazione e controllo. Gli interessi che gravitano attorno al sistema antincendio, nella totale assenza di efficaci e metodiche politiche di contrasto da parte di forze dell’ordine e magistratura, sono rimasti immutati. Secondo un’indagine del Corpo Forestale dello Stato, le cause dolose degli incendi pesano il 78%, quelle dubbie in buona parte riconducibili a quelle dolose il 20%, altre cause il 2%. Assodata, quindi, la prevalente componente dolosa degli incendi, è opportuno fare una netta distinzione tra le cause ordinarie degli incendi e una causa straordinaria, di cui c’è difficoltà a parlare. Ancora una volta, però, noi assistiamo al fatto che la Regione, nell’ultimo anno, ha affrontato il problema, diciamo secondo la sua sola ottica, che è quella della spesa: rafforzare la Protezione civile, circondandosi di ancora più di volontari e cooperative, puntando sulla difesa passiva dall’incendio».

Difesa passiva che chiama in causa la necessità di piani di prevenzione
«Con la nuova campagna antincendio, insieme al Comando del Corpo Forestale, abbiamo introdotto due importanti novità», spiega l’assessore regionale del Territorio e dell’Ambiente, Giuseppa Savarino, «ovvero il Piano per la lotta e la prevenzione dei roghi nelle aree del demanio forestale regionale e agricole, realizzato con l’assessorato dell’Agricoltura, e il Programma degli interventi per la salvaguardia della biodiversità nelle aree naturali protette, proposto dal dipartimento Ambiente del mio assessorato. Da quest’anno, poi, è operativa la nuova Sala operativa unica regionale che riunisce la Protezione civile con i suoi volontari, il Corpo forestale e i Vigili del Fuoco. All’interno di questa struttura, inoltre, c’è un’apposita unità che coordina tutti gli interventi della flotta regionale antincendi. L’impegno della Regione su questo fronte è, dunque, costante e crediamo che solo attraverso il lavoro di squadra, il confronto e la collaborazione è possibile agire in modo efficace e tempestivo. Per questo, già da qualche anno, abbiamo dato impulso al coinvolgimento di enti pubblici e privati e di libere associazioni tramite la stipula protocolli d’intesa e convenzioni».
Una prevenzione che dovrebbe far scendere la Sicilia dal podio d’onore per gli incendi. Sempre secondo il Wwf, il 70% degli incendi scoppiato nel 2023 si è concentrato proprio nell’Isola, che risulterebbe ultima per le superfici forestali (8%). Questo, nonostante disponga di una forza lavoro forestale – 13.469 operai forestali a tempo determinato, 1.238 a tempo indeterminato, economicamente equivalenti a 10mila operai forestali a tempo indeterminato – pari a circa un terzo dell’intera forza lavoro forestale nazionale.
«Siamo esattamente al punto di partenza», interviene Bonetta Dell’Oglio, presidente di Isola Fenice, associazione nata dalla volontà di vedere risorgere la Sicilia dopo i roghi iniziati il 25 luglio 2023. «Diciamo che, a parte la sala operativa, l’avere dato 92 pick up alle associazioni di volontariato legate alla Protezione civile non ha portato a molto. Lo dico perché sono mezzi piccoli, che non ce la fanno a intervenire prontamente, di fatto applicando molto poco il concetto di prevenzione. La nostra associazione ha dato impulso a una rete di realtà che stanno veramente su territorio e sanno di cosa parliamo, anche perché molti di noi hanno perso o hanno avuto parecchio danneggiate le proprie abitazioni. Anche per fare fronte a questo tipo di emergenza, stiamo raccogliendo fondi attraverso un crowdfunding. Come “Isola Fenice” portiamo avanti questo progetto perché riteniamo che anche la magistratura debba cominciare a obbligare la Regione per esempio a riconoscere i parchi e le riserve, non abbandonandoli a loro stessi».
Quest’anno gli incendi hanno colpito particolarmente le riserve
«Basta guardare lo scempio che c’è stato nella Sughereta di Niscemi, in provincia di Calanissetta, come anche allo Zingaro, nel trapanese. Ma potrei fare un lunghissimo elenco per tutta la Sicilia. In Sicilia orientale», prosegue Dell’Oglio, «un altro disastro, Piazza Armerina non ne parliamo. Una situazione non più accettabile. Ci stiamo muovendo anche come Osservatorio permanente sui disastri ambientali. Ripeto, le riserve e i parchi, istituiti tre anni fa, oggi sono completamente abbandonati, quindi interpelleremo l’Europa perché non serve reprimere, dopo che il danno è stato fatto, ma bisogna fare di tutto affinché si preservi a ogni costo un’isola che, ricordiamoci, è la più biodiversa d’Europa. Un primato che rischiamo di perdere in termini floreali, ma anche faunistici».
Prevenzione significa anche piani di coordinamento territoriali per la difesa del territorio
«Le attività di pianificazione, programmazione finanziaria e attuazione della lotta attiva agli incendi a livello provinciale», spiega in conclusione l’assessore Savarino, «vengono portate avanti ogni anno dai nove ispettorati dipartimentali delle Foreste competenti sui vari territori, attraverso la redazione dei Piani operativi provinciali. Si tratta di documenti di programmazione dell’organizzazione e degli interventi predisposti entro il 31 marzo di ogni anno che, oltre a indicare i riferimenti normativi e le tipologie di incendi, descrivono dettagliatamente il territorio provinciale, con l’elencazione di tutte le superfici boscate e di quelle sottoposte a vincolo idrogeologico per singolo Comune. Vengono, inoltre, elencate e descritte le aree naturali protette e i siti della Rete Natura 2000, principale strumento della politica dell’Unione europea per la conservazione della biodiversità, presenti sui territori provinciali. All’interno, inoltre, sono elencati l’organizzazione del servizio Aib e le strutture operative, l’ubicazione delle torrette di avvistamento incendi, gli invasi naturali e artificiali per il pronto rifornimento idrico dei mezzi aerei impiegati nella lotta attiva, la complessiva consistenza delle risorse umane a tutti i livelli impegnati durante il periodo della campagna antincendio».
La rete di associazioni che ha deciso di prendere in mano la situazione per arrivare a dire “basta” alla solita conta dei danni, questo monitoraggio intende portarlo avanti. Si annuncia, infatti, un’estate piena di iniziative su tutto il territorio regionale, animata dalle sempre più numerose associazioni ambientaliste. Una promessa che intendono mantenere senza se e senza ma.
Le foto si riferiscono agli incendi scoppiati a San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, e sono di Michele Cernigliaro
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