Mondo

In Tunisia la Primavera dà i suoi frutti

Domenica scorsa il Parlamento del Paese nordafricano ha approvato la nuova Costituzione. L’articolo 45 rappresenta un grosso passo avanti nel raggiungimento della parità di genere

di Redazione

“Primavera araba” è una definizione giornalistica, e quindi per sua natura semplificatrice. I politologi storcono il naso quando la sentono, e hanno anche ragione: effettivamente, ci sono ad esempio Paesi come l’Egitto che vivono l’inverno più cupo, e il processo di pacificazione al loro interno sarà tutt’altro che rapido. Però, ogni tanto, capitano anche delle sorprese positive: la Tunisia -che per prima seppe dare il la al cambiamento tre anni orsono, con la cacciata di Ben Ali- ha realizzato col varo della nuova Costituzione una svolta importante in senso progressista. Importante, non epocale: i nodi sul tappeto rimangono, come avremo modo di vedere in seguito. Domenica scorsa il testo è passato con una maggioranza di 200 voti a favore, 12 contrari e 4 astenuti. Non è stato facile giungere a questo risultato: la contrapposizione polemica tra islamisti e laici si è prolungata per tutto il mese di gennaio, dando adito a una cavillosa controversia su ogni singolo articolo. 
 
Ma quali sono i punti più importanti di questa  Costituzione? L’apertura ai diritti civili (vieta ad esempio  la tortura fisica e morale); l’Islam continua a essere religione di Stato, ma nel contempo viene garantita libertà di coscienza; il salto in avanti verso la parità tra uomini e donne. Quest’ultimo punto, in particolare, ha suscitato molto entusiasmo nel Paese e tra l’opinione pubblica internazionale: l’articolo 45 introduce il principio della parità di genere nelle assemblee elette. Ma non solo: aggiunge, più in generale, che lo Stato deve garantire i  diritti delle donne e prendere le misure necessarie per eliminare la violenza contro di esse. Indubbiamente, è la prima volta che nel mondo arabo accade qualcosa di simile. 
 
Libna Jeribi, esponente di Ettakatol, uno dei partiti della maggioranza di governo, esprime tutto il suo entusiasmo:  «Questo articolo è una rivoluzione in sé. Un grande  passo storico , non solo per le tunisine». Inizialmente il tema non la coinvolgeva più di tanto, pensava fosse «una faccenda femminista». Ha cominciato a prendere realmente coscienza della questione nel novembre 2011, quando è entrata nella Costituente per provare a tracciare un nuovo corso.  
Ma non tutte, nell’Assemblea, condividono la sua stessa gioia.  Ad esempio la sessantenne Fattouma Attia, che gestisce un business tessile ad Hammamet: «Sono stata una delle prime imprenditrici in Tunisia. Ho portato avanti i miei diritti da sola, sono convinta che una donna possa farsi strada facendo appello solo alla  propria volontà e alle proprie competenze».  
 
Lo scetticismo, dunque, non è mancato nemmeno sul fronte femminile, ma ha prevalso la linea della lotta per i diritti. Meherzia Labidi, vicepresidente dell’Assemblea costituente nonché deputato del partito di maggioranza Ennhada, ha commentato in questi termini la vittoria: «Grazie alla resistenza femminile siamo sopravvissuti a dispotismo e dittatura, mentre gli uomini erano in esilio o in prigione» è il suo commento a caldo. A cui aggiunge, con un sorriso raggiante: «È uno degli articoli della Costituzione di cui sono maggiormente orgogliosa». Non è affatto d’accordo con chi sostiene che le donne in Tunisia possano vincere le proprie battaglie da sole, senza sostegno: «Bisogna essere realisti. È vero che io ce l’ho fatta coi miei mezzi, ma non tutte hanno le stesse opportunità che ho avuto io. Avrei potuto dire a me stessa “ok, sono una leader  di sesso femminile quindi tanto basta”, invece voglio condividere i miei successi». Musica per le orecchie di Eya, ingegnere chimico di 24 anni che sogna in grande: «Potremmo immaginare per la Tunisia un Primo ministro o un Presidente donna, come Angela Merkel. Certamente non mancano nel nostro Paese figure brillanti che potranno rappresentare  un vero cambiamento». 
 
Se molti uomini guardano con simpatia a questa vittoria dell’ “altra metà del cielo”, c’è però chi è tutt’altro che contento. Ad esempio Hatem Minaoui, attivista dell’”Associazione tunisina per gli uomini, la famiglia e la società”. Con un linguaggio che agli occhi di un occidentale potrebbe apparire naїf, riassume così il suo pensiero:  «Questa nuova Costituzione protegge le donne contro gli uomini, ma vi sembra giusto che non faccia altrettanto per i maschi? E se mia moglie mi picchia, che si fa?». Uno sfogo, forse, dai tratti un po’ pittoreschi, su cui difficilmente si può imbastire una riflessione ragionevole. Più degna di nota l’obiezione di Souhir, docente universitaria di 33 anni che insegna presso l’università di Kairouan: «C'è un enorme divario tra la legge scritta e ciò che effettivamente accade sulla strada. Per poter stare da sole in un luogo pubblico le donne devono dire di essere sposate. Una volta mi è stato proibito di sedermi a un caffè perché, essendoci solo uomini, secondo loro avrei passato dei guai». 
 
Divergenze di opinione, dunque. C’è a chi piace, questa Costituzione, e a chi non piace. Resta il fatto però, come ha sottolineato Selim Ben Abdelassem del partito laico Nidaa Tounes, che mettere d’accordo un arco parlamentare così variegato è stata un’impresa non facile: «Siamo riusciti a unire la nostra identità musulmana coi diritti umani universali». Effettivamente, non era facile. 
 

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