Mondo
Intervista a Yash Tandon, grande economista africano. Tutte le balle di Davos
"Il piano Marshall di Gordon Brown? Ci dicano a che cosa mira veramente" (di Mariangela Mistretta).
di Redazione
L?economista ugandese Yash Tandon è direttore dell?ong Seatini (Southern and eastern African trade information and negotiations institute) e responsabile del South Centre a Ginevra. è laureato in Economia alla London School of Economics. Ha fatto parte, per un breve periodo, del governo ugandese fino al colpo di Stato che lo ha costretto all?esilio, prima in Kenya e poi in Zimbabwe. Dal 1982 lavora a fianco di cooperative rurali, sindacati, associazioni di contadini e di persone disabili nel sud dell?Africa. Yash Tandon è intervenuto alla Conferenza internazionale di Berna l??altra Davos? per prospettare un modello di sviluppo al servizio dell?Africa, schierandosi contro le logiche sostenute dal Wef, dal Wto e dalla Banca mondiale.
Vita: Gordon Brown, ministro degli Esteri britannico, ha da poco annunciato un Piano Marshall in favore dell?Africa. Un progetto ambizioso che prevede, fra l?altro, di raddoppiare i fondi annuali di 100 miliardi di dollari e di cancellare il debito estero dei Paesi africani.
Yash Tandon: Vede, ciclicamente si torna a parlare d?Africa fra i potenti del mondo, e i Paesi sviluppati la mettono come priorità in agenda. Peccato che tutti gli interventi migliorativi che si tentano da secoli, all?inizio con la colonizzazione dell?Africa si parlò di civilizzazione del continente, abbiano prodotto esiti disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti. E la povertà è in crescita. Diffido del linguaggio politico, non dimentichiamo che il Piano Marshall, elaborato dopo il secondo conflitto mondiale per riabilitare le sorti dell?Europa, è stata una mossa puramente politica, il fine era contrastare l?avanzamento del sistema comunista. Questo Piano Marshall a cosa mira? Mi viene spontaneo chiederlo.
Vita: Anche Blair, il cui governo ha assunto la presidenza del G8 e che da giugno svolgerà il semestre di presidenza della Ue, ha detto che l?Africa sarà una priorità nel 2005. Intanto anche Bush ha annunciato un proprio progetto di sviluppo in favore dei Paesi africani. Come vede questa mobilitazione?
Tandon: Questa scelta è indicativa del fatto che l?Africa è ormai motivo di imbarazzo tanto per i Paesi europei quanto per gli Usa. Questo è il primo aspetto: riconoscono il fallimento delle loro politiche che perpetrano da secoli. Ma c?è un secondo aspetto altrettanto imbarazzante: si continuano ad identificare le cause sbagliate. Le cause della povertà in Africa risiedono nelle politiche errate dell?Europa e degli Usa, politiche che sono costruite per un proprio tornaconto e non per il bene dell?Africa. Gli aiuti caritatevoli non danno frutti se dietro non si elaborano delle adeguate politiche di crescita e di sviluppo sostenibile. Nell?avanzare soluzioni e promesse, che spesso non vengono mantenute, questi Paesi si lavano la coscienza, ma poi domani saremo punto e a capo. Questa non è la vera soluzione. A cosa serve raddoppiare i sussidi se poi non si favorisce, ma anzi si penalizza, la produzione del cotone che è alla base dell?economia di molti Paesi africani? è solo un esempio. E poi, me lo lasci dire, l?Africa viene tirata in ballo per risollevare le sorti interne di certi politici.
Vita: Dove individua lei le vere cause?
Tandon: Innanzitutto nel modello di sviluppo prospettato dalle politiche neoliberali che cercano di inserire, in modo forzato, l?Africa nel processo di globalizzazione. Non dobbiamo legittimare questo sistema, dobbiamo sganciarci da questo modello, non dobbiamo fare accordi. Mi pare evidente che i rimedi del Wto non sono fatti a misura d?Africa, ma nell?interesse dei mercati dei Paesi sviluppati che cercano nuovi sbocchi e nuove risorse in modo aggressivo. L?agenda che l?Fmi e la Banca mondiale ci impongono mira a fare integrare il nostro Paese nel sistema che i potenti hanno creato. I partenariati con i Paesi europei hanno parcellizzato l?Africa, che invece ha bisogno di creare politiche di unione, affinché l?economia possa svilupparsi. La globalizzazione non è un fenomeno naturale, come dicono in molti, è una politica precisa, decisa dall?alto, e per noi ha l?effetto di uno tsunami.
Mariangela Mistretta
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