Non profit

Invalidità, parole d’ordine e numeri veri

di Redazione

Leggete questa frase: «Questo è un Paese che ha 2 milioni e 7 di invalidi. 2,7 milioni di invalidi pone la questione se un Paese così può essere ancora competitivo», Giulio Tremonti, ministro dell’Economia. E adesso quest’altra: «… gli invalidi sono spesso, per quanto riguarda il reddito, i più poveri tra i poveri, nonostante il loro bisogno di denaro sia superiore a quello dei normodotati, dal momento che per cercare di condurre un’esistenza normale e di ovviare ai propri handicap hanno bisogno di più soldi e di più assistenza», Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia 1998. Sono due citazioni utilizzate in questi giorni dalla Fish per spiegare quale sia la realtà economica e sociale “vera” delle persone con disabilità. Nel momento in cui scrivo pare certo (a meno di clamorosi voltafaccia) che la maggioranza di governo intenda ritirare l’articolo della manovra che prevedeva l’innalzamento della percentuale di invalidità dal 74 all’85%, come limite minimo per ottenere l’assegno da 256 euro al mese. Una piccola grande vittoria frutto della mobilitazione delle associazioni, ma soprattutto di uno sforzo di comunicazione senza precedenti. Di fronte a parole d’ordine ufficiali a senso unico, fuorvianti e stigmatizzanti, sul “peso” economico degli invalidi, veri o falsi, è infatti fondamentale usare bene le parole e i numeri, perché l’opinione pubblica non sa nulla, e i giornalisti molto poco. Segnalo dunque solo alcuni dati Istat: risultano occupate meno del 18% delle persone con disabilità in età lavorativa, contro poco più del 54% delle persone non disabili. Solo il 3% delle persone con disabilità ha come fonte principale un reddito da lavoro. L’80% delle famiglie in cui è presente una persona disabile non riceve alcun aiuto pubblico. Concludo con questa cifra: 878 milioni in meno di trasferimenti alle Regioni per la sola assistenza, questi sono i veri tagli previsti alla spesa sociale. Chi li pagherà? Scommettiamo che saranno i più deboli?

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