Mobilitazioni

«Io attivista e marinaia vi racconto perché sono salita sulla Global Sumud Flotilla»

Partita con la Global Sumud Flotilla anche la flotta civile del progetto Tom - Tutti gli occhi sul Mediterraneo. La capo missione Margherita Cioppi: «Sappiamo che potremmo ricevere molte minacce, più o meno evidenti. Ma andremo avanti: sulla Flotilla non siamo solo noi. Ci sono centinaia di migliaia di persone che stanno riportando l'attenzione su Gaza. Noi partiamo in mare, ma siamo insieme a quelli a terra: tutti sulla stessa barca»

di Anna Spena

La prima cosa che dice di se stessa per raccontarsi è: «Sono una marinaia». Margherita Cioppi, toscana, 33 anni, è una delle capo missione del progetto Tom -Tutti gli occhi sul Mediterraneo, la flotta civile nata da un’iniziativa congiunta tra Arci nazionale, Sailing for Blue Lab e Sheep Italia, che tutti i mesi, per dieci giorni al mese, naviga nel canale di Sicilia per documentare le violazioni dei diritti umani, promuovendo azioni di solidarietà e informazione come risposta all’indifferenza e alle politiche di chiusura. 

«Anche noi navigheremo nel Mediterraneo per portare solidarietà alla popolazione palestinese di Gaza», ha scritto l’Arci in una nota per annunciare l’adesione alla Global Sumud Flotilla. «Parteciperemo per ribadire che il Mediterraneo non è un confine che separa ma un ponte che unisce i popoli nella lotta contro guerre, assedi e ingiustizie. Nella Striscia si consuma una crisi umanitaria senza precedenti: bombardamenti, carestia, mancanza di cure e di futuro. La Flotilla è un atto di disobbedienza civile nonviolenta, un messaggio politico e umano che chiede responsabilità alle istituzioni internazionali e restituisce voce alla società civile». 

E a guidare la barca di Tom in questa missione è Margherita Cioppi. Partiti ieri dal porto di Augusta, in Sicilia, quella di Tom è una delle 19 barche che compongono la flotta italiana. Cioppi parte dal mare e sul mare dice: «L’articolo 98 della Convenzione di Montego Bay, siglata nel 1982 da più di 150 Paesi, stabilisce che ogni comandante di un’imbarcazione, insieme al Paese di cui batte la bandiera, ha l’obbligo di garantire il soccorso in mare. Non è un’opzione o un gesto caritatevole, è un obbligo. Se non viene rispettato, si configura il reato di omissione di soccorso, proprio come a terra». E poi aggiunge: «Come Arci abbiamo riflettuto sul Mediterraneo: se dobbiamo garantire che il diritto internazionale venga rispettato, non potevamo restare fuori da questa enorme manifestazione e attività che si svolge in mare con la Global Sumud Flotilla. Quindi, i nostri occhi sono puntati su tutto il Mediterraneo, anche per le lunghe e complicate navigazioni verso la Striscia di Gaza, che richiedono di affrontare diverse condizioni meteorologiche». 

Ci vorranno circa dieci giorni di navigazione prima di raggiungere la destinazione: «Il Mediterraneo non è più il mare calmo e pacifico di vent’anni fa. Da diversi anni si verificano fenomeni temporaleschi di stampo tropicale. Sappiamo che una volta passata la Grecia, dovremo affrontare il Meltemi, venti predominanti da nord, molto forti. Le barche devono essere pronte per una navigazione senza sosta, con tutte queste variabili che non si possono prevedere in questo momento, ma sappiamo esattamente a cosa stiamo andando incontro».

Foto/Sebastiano Diamante/Lapresse

Perché Cioppi ha scelto di imbarcarsi lo spiega con queste parole: «Sento di avere delle competenze che possono essere utili. Un equipaggio è come un polpo: un grande cervello che si dirama in tutto il corpo con i suoi tentacoli. È un’intelligenza collettiva. Ho delle esperienze che possono essere utili per la sicurezza delle persone a bordo e per la navigazione della flotta. È un po’ come quando un compagno di banco ti chiede un temperamatite e tu ce l’hai, ma non vuoi darglielo».

Anche dopo gli attacchi la missione della Global Sumud Flotilla va avanti, lo abbiamo raccontato in questo pezzo “Global Sumud Flotilla: «Nonostante le intimidazioni continuiamo la nostra missione»”, e precisa Cioppi: «Le nostre operazioni, anche quelle nel Mediterraneo centrale, non compromettono mai la sicurezza delle persone a bordo e dell’equipaggio. Non svolgiamo attività che mettono a rischio la loro incolumità. In questo caso, abbiamo di fronte l’esercito di un governo sanguinario, un esercito che non ha alcuna regolamentazione interna, con una violenza inaudita che non segue le norme internazionali. Hanno infranto ogni regola, persino quella di “non sparare sulla Croce Rossa”, bombardando ospedali e attendendo i soccorsi per bombardarli di nuovo. Sappiamo che le procedure che conosciamo andranno amplificate e rinforzate. Potremmo ricevere molte minacce, più o meno evidenti. Ma abbiamo deciso di continuare a muoverci garantendo la sicurezza delle persone a bordo finché sarà possibile. Questo movimento in mare sta già portando risultati a terra: ieri è stato votato un emendamento al Parlamento europeo per il riconoscimento della Palestina, e alcune personalità politiche che finora non avevano preso una posizione netta lo stanno facendo. Ciò che stiamo facendo in mare è direttamente collegato a ciò che, speriamo, continueremo a vedere a terra, che non è solo l’enorme mobilitazione del nostro Paese, ma anche la mobilitazione politica. Speriamo con tutto il cuore di rompere il blocco navale. Personalmente, non sono sicura che succederà, non sono certa che questa flotta arriverà alla fine, proprio perché abbiamo di fronte un blocco disumano. Sulla Flotilla non siamo solo noi. Ci sono centinaia di migliaia di persone a terra che stanno riportando l’attenzione su Gaza. E questa azione non sarebbe stata possibile senza le enormi mobilitazioni che ci sono state e che continueranno nei prossimi giorni. Ci tengo a dirlo: noi partiamo in mare, ma siamo insieme a quelli a terra: tutti sulla stessa barca».

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