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Io e il mio Armando, una coppia mista(ma chi non lo è?)
Conflitti tunisini/1 Nadra in mezzo al guado
di Redazione

Non so esattamente cosa sia uno sdoppiamento di identità. So per certo che è qualcosa meno di una triplicazione dell’identità, e che questa la riconosci quando a una domanda guardi a destra, a sinistra e solo dopo capisci che stavano dicendo proprio a te. A me è successo così, quando mia nonna mi ha detto: «Abbiamo mangiato tutti insieme, Armando lo abbiamo accolto in famiglia, adesso sta a lui “accettare” noi». Come immaginare che un couscous al pesce avrebbe cancellato in un attimo anni di certezze di essere diversa, di aver scampato l’applicazione di alcune regole? Sì, ho padre tunisino, musulmano, ma ho anche una madre di Boston con un passato da protestante, insomma l’asso nella manica che mi ha sempre esentato, fino a quel momento, dal rientrare perfettamente negli schemi. La religione non si passa per osmosi, o ti insegnano o sei libero di pensare seguendo le direzioni della tua vita.
Non che un tentativo non sia stato fatto. Avevo circa 10 anni e passavo due mesi pieni e felici al villaggio della nonna, al mare. Mio padre e mia nonna decisero di mandarmi alla scuola coranica. A parte la prima impressione che m’avessero fregato, a scuola anche d’estate, trovai l’ambiente curioso. Una distesa di bambini che mi sorridevano tutti, adesso so che si divertivano perché io non capivo quasi niente, e soprattutto lui, il maestro, era grandioso. Voleva chiaramente più bene a me che agli altri perché quando non riuscivo a memorizzare una frase e a ripeterla correttamente usava darmi appena un buffetto sul dorso della mano, mentre col resto della classe ricorreva al bastone lungo, quello che arriva in tutti gli angoli. A scuola ci andai per tre giorni, insomma finché a casa non mi venne chiesto cosa stessi imparando.
Ho conosciuto Armando, il mio futuro sposo, a teatrodanza: parliamo la stessa lingua, ci siamo appartenuti appena ci siamo incontrati. Con lui ho la sensazione che tutto si possa fare, è la persona con cui sai di essere veramente felice perché non pensi sempre a te stessa ma hai il desiderio di guardare verso l’esterno. Quando la mia famiglia tunisina ha iniziato ad insistere sulla sua conversione, l’unico che l’ha presa piuttosto bene è stato Pino, il padre di Armando. Comunista coi baffi e i calzoni a zampa d’elefante, aveva accettato di sposare sua moglie in chiesa, una formalità per un bene più grande. Lui è riuscito a fare un compromesso senza mettere in discussione la sua identità, la sua integrità e il rapporto con le persone che amava. Io invece capisco l’asino di Buridano, che di fronte a due balle di fieno ugualmente appetibili non ha saputo scegliere ed è morto di fame.
Anche lo zio capofamiglia che abita a Tunisi dice che si tratta di un problema senza soluzione. Se dovessimo scegliere la conversione, Armando diventerebbe l’eroe del villaggio di mia nonna, il re del souk, l’orgoglio di tutta la mia famiglia (che già lo apprezza, ma così lo apprezzerebbe di più, pare); perderebbe solo la sua anima, dico io, evaporata per sempre nel mar Mediterraneo delle ipocrisie. Se non dovessimo scegliere la conversione, dice lo zio, beh in questo Nadra Ben Fadhel difficilmente la famiglia potrebbe accettare una tale immoralità, sarebbe una vergogna e metterebbe tutti in difficoltà, pensate che le persone potrebbero continuare a comportarsi con voi come prima? Ma io sono italiana, penso, dov’è che mi sono persa un pezzo? E poi non esistono matrimoni non misti, forse la clonazione potrà coronare il sogno di qualcuno di sposare una metà identica a se stesso, ma diversamente bisognerebbe piegarsi umilmente alla verità del qui e ora, e soprattutto dello stare in mezzo come soluzione e non come problema.
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