In Italia dal 2000, è stato costretto a fingersi badante del suo parroco per ottenere il permesso. Oggi si impegna per gli immigrati, dalla trincea sicilianaSuccede che a volte qualcuno ce la fa, e l’impervia traversata dalle coste africane all’Europa si traduce nella forma più inattesa di restituzione all’esistenza. Nel caso di don Elisée Ake Brou, ivoriano 36enne, persino nella scoperta di una vocazione. Come a dire, nato due volte: a Katadji Sikensi, 80 km da Abidjan, sua città d’origine; e in Sicilia, sua terra adottiva, nella parrocchia Maria SS. del Rosario di Villaciambra. Approdato in Italia da clandestino, ci rimane oggi da sacerdote diocesano, da poco ordinato. Raggiunto al telefono da Vita, don Elisée esita. Alle chiacchiere preferisce di gran lunga le opere: il servizio in chiesa, dove coadiuva il suo “papà adottivo e spirituale” don Enzo Bellante nelle attività pastorali e liturgiche, la mediazione con le comunità di immigrati africani, la raccolta di vestiti per la Costa d’Avorio, l’impegno per la costruzione di un seminario in Burkina Faso. La sua storia l’ha già raccontata a Mondo e Missione, insieme al parroco don Enzo, allora rettore del seminario che l’ha accolto nel giugno 2001, poi divenuto davanti alla legge il suo “badato”: sì, perché per la Bossi-Fini – scrive la rivista missionaria del Pime – Elisée ha ottenuto il permesso di soggiorno in qualità di badante. Allora era un clandestino come tanti, fuggito da un Paese dilaniato dalla guerra civile di fine anni 90.
È l’agosto del 2000 quando il giovane ivoriano sbarca a Trapani, dopo aver raggiunto le coste del Nord Africa stipato in un camion merci e un viaggio in nave da Tunisi alla Sicilia. Vedendogli sgranare la corona del Rosario sul treno per Palermo, suor Franca, dell’Istituto del Bell’Amore, gli si avvicina per scambiare due parole e offrirgli aiuto. Passerà qualche tempo prima che Elisée decida di comporre il numero di telefono lasciato dalla religiosa. Nel mezzo, una sistemazione al centro Santa Chiara, un lavoro come posteggiatore abusivo e persino un tentativo di adescamento da parte di una coppia malintenzionata. Per il giovane immigrato è il momento di levarsi dal marciapiedi. Via dalla strada, dentro la Stazione. Sotto ai portici della Centrale, dove ha sede la Missione di speranza e carità fondata da Biagio Conte in soccorso ai poveri della città. L’incontro col missionario laico avviene grazie a suor Franca e, per sei mesi, Eliseé aiuta a lavare e vestire centinaia di senzatetto. Un servizio che ben presto diventa vocazione a tutti gli effetti.
In occasione dell’ordinazione, sono stati i parrocchiani a pagare i biglietti aerei per portare in Italia i suoi tre fratelli. «Al Signore chiedo solo di restare fedele agli impegni che ho preso», conclude Elisée. «Andrò dove mi chiederà di andare. Certamente in Sicilia c’è tanto lavoro da fare, proprio con i fratelli immigrati».
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