Mondo

Iran: aperte le urne in un clima di tensione

Il voto è per il rinnovo del parlamento, ma lo scontro politico è tra l’ayatollah Alì Khamenei, massima guida spirituale e il presidente progressista Mohammad Khatami

di Benedetta Verrini

46 milioni di iraniani sono chiamati oggi alle urne per il rinnovo del Parlamento, in un?atmosfera di tensione e di grande indecisione. L’agenzia Misna (www.misna.org) oggi riassume il quadro politico e la tensione con cui si sono aperte queste elezioni: la vigilia del voto nella Repubblica islamica dell?Iran si è consumata tra gesti di indubbio significato politico ? la chiusura di due giornali vicini ai riformisti e della sede del principale partito anti-conservatore ? e le drammatiche notizie della sciagura ferroviaria che due giorni fa ha scatenato l?inferno nella provincia orientale del Khorasan, con oltre 320 vittime e quasi 500 feriti, secondo l?ultimo bilancio.
La consultazione è caratterizzata dallo scontro tra la leadership islamica, rappresentata dall?ayatollah Alì Khamenei, che alla morte di Khomeini, nel 1989, gli successe come massima guida spirituale, e il fronte riformista, che agli occhi degli occidentali presenta il presidente Mohammad Khatami come l?alfiere più valoroso.
Invece ? dicono gli osservatori e gli esperti ? il capo dello Stato ha deluso buona parte dell?elettorato, che nel 2001 lo confermò alla presidenza dopo la valanga di consensi (quasi il 70 per cento) ottenuta con la prima vittoria alle presidenziali del 1997. Oggi non si vota per il presidente ma per i 290 deputati, il cui compito è quello di approvare leggi che possono comunque essere respinte dal Consiglio dei Guardiani della rivoluzione, se ritenute incostituzionali o contrarie ai principi islamici.

In realtà, sottolinea ancora la Misna, il valore delle scelte odierne degli elettori va ben oltre quella di nominare la nuova assemblea di Teheran, che resterà in carica quattro anni: nelle scorse settimane sono stati proprio i giudici del ?Consiglio? a voler dare una dimostrazione di forza sugli equilibri dello Stato, bocciando quasi un terzo dei candidati, soprattutto i riformisti. Dopo un durissimo braccio di ferro istituzionale e la minaccia dello schieramento progressista di boicottare il voto, i clerici fedeli all?ayatollah hanno reintegrato una parte dei candidati; in compenso se ne sono ritirati altri 888; in totale si presentano alle urne 4.737 candidati. Per protestare contro lo strapotere della magistratura ultraconservatrice, il Fronte islamico per la partecipazione (Mosharekat), guidato da Reza Khatami, fratello del Capo di Stato e vicepresidente del Parlamento, ha deciso di boicottare il voto.

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