Testimonianze
Iran, l’attivista Sadaf Baghbani: «Siamo un duplice bersaglio, delle bombe di Israele e della repressione del regime»
Ha preso parte alle proteste di “Donna, Vita, Libertà”, nel suo corpo ci sono ancora gran parte dei 147 pallini di piombo che il regime le ha sparato contro. Ora vive fuori dal Paese: «Non oso pensare cosa succederà dopo, quando sarà finito tutto. Ma già oggi il regime sta arrestando e facendo sparire i dissidenti»

Per lei che ha pagato caro il prezzo della sua rivolta e nel corpo ha ancora la maggioranza dei 147 pallini di piombo sparati contro di lei e la sua generazione per reprimere la ribellione pacifica di “Donna, Vita, Libertà” scoppiata nel settembre del 2022 dopo l’omicidio di Mahsa Jina Amini, la guerra di Israele e l’America di Trump contro la Repubblica Islamica dell’Iran pare “come una faida fra famiglie gestita in modo patriarcale da vecchi capo clan in cui le vittime sono i familiari”. Insomma un gioco fra potenze che non hanno interesse per il destino del popolo iraniano. Questo è il primo pensiero che l’attivista e attrice Sadaf Baghbani, trent’anni, arrivata in Italia nel 2023 per curare le ferite del corpo, esprime sul conflitto in corso. I suoi pensieri e la gamma delle emozioni sono tanti e contrastanti.
«Innanzitutto voglio dire che questa guerra non è iniziata oggi perché io ricordo bene quando ero bambina e a scuola ci obbligavano a gridare slogan “morte all’America e morte a Israele”, senza che il regime creasse rifugi o luoghi di protezione per la popolazione civile in caso di attacchi», racconta a VITA. «E poi per noi la guerra è duplice perché insieme alle bombe ci sono le azioni di repressione da parte del regime che temo, lo temiamo tutti, aumenteranno». Sadaf ci confida di sentirsi in colpa perché in questo momento si trova all’estero e protetta «una condizione strana per me che ho sempre convissuto con il rischio e la paura di essere aggredita, arrestata, uccisa» ma esprime anche una profonda amarezza oltre all’angoscia per quanto possa accadere al popolo iraniano, agli amici, alla famiglia, alle due sorelle.
«Noi, attiviste di “Donna, Vita, Libertà” abbiamo affrontato il regime a mani nude, pacificamente, ma la comunità internazionale non è intervenuta e abbiamo capito che senza il suo sostegno non ce l’avremmo mai fatta. E quindi la Repubblica islamica ne ha approfittato per dividere la società iraniana. Le persone, afflitte dalle difficoltà quotidiane, sfiduciate, non hanno avuto il coraggio di opporsi o ritrovare il coraggio che le aveva spinte ad opporsi. E dividendoci, il regime ha spento il nostro pensiero, provocando fra l’altro molta depressione». Sadaf Baghbani ha raccontato in prima persona per mesi la sua storia, spesso fra le lacrime, per esprimere il proprio dolore di quel giorno, nel novembre del 2022, in cui si è trovata a terra coperta di sangue e pensava di essere morta, per far capire cosa sia la ferocia della Repubblica islamica. Ora, dopo i bombardamenti israeliani e l’attacco che verrà ricordato come la guerra del 12 giorni se il fragile cessate il fuoco terrà, usa un linguaggio meno emotivo. Chissà se lo choc di vedere la sua città sotto attacco, l’abbia portata a pensare oltre il veleno dei pallini di piombo che circola nel suo corpo. Pur essendo anche lei contraria alla guerra di Israele contro l’Iran, ci ha detto: «Questa non è la nostra guerra ma anche se è un paradosso ho pensato che se fossi stata a casa, sarei uscita in strada a manifestare contro il regime e cercato di persuadere altri a farlo ma non sono in Iran e non posso fare un appello o dire a chi sta sotto le bombe cosa deve fare».
Una cosa è certa e ce lo dice in modo molto chiaro: «Non oso pensare cosa succederà dopo, quando sarà finito tutto. Già oggi il regime sta arrestando, facendo sparire i dissidenti. E poi? Ci può essere un massacro e io come farò a continuare a parlare di battaglia per la democrazia?», si chiede con rabbia angosciosa. Sadaf Baghbani ha raccontato la sua storia e delle sue sorelle in uno spettacolo teatrale ispirato alla sua vita, Le mie tre sorelle e, nonostante le difficoltà perché la Repubblica islamica ha bloccato la connessione per evitare che uscissero informazioni (ci sono state già delle esecuzioni di dissidenti accusati di spionaggio per Israele, ndr) è riuscita a parlare con le sorelle che per ora stanno bene, ci ha parlato molto della duplice guerra subita dal popolo iraniano colpito sia da Israele sia dal regime. E il paradosso più grande è che non lei sa dire cosa sia più terrificante, se la guerra o il cessate al fuoco. «Ho affrontato il regime a mani nude e pagato un prezzo altissimo ma so che la guerra interna non cesserà con la tregua o la pace, anzi sarà più feroce. E infatti, come ha denunciato il Comitato per la liberazione dei prigionieri politici e di coscienza in Iran o dalla figlia del dissidente imprigionato a Evin, Reza Khandan, i detenuti rischiano di sparire o finire nel buco nero della sezione gestita dai Pasdaran e hanno arrestato un altro rapper, Khaleg, dopo l’icona della resistenza, Toomaj Salehi. «Tremo all’idea di quello che possa fare il regime ora», conclude Sadaf Baghbani, «per chi si oppone non ci potrà mai essere pace finché esisterà la Repubblica islamica».
Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?
Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it