Mondo

Iraq, alla fiera della ricostruzione invasione italiana

Ma nel summit di Kuwait city gli imprenditori sono più preoccupati dal super euro che dal terrorismo.

di Redazione

Non e’ il terrorismo, ma il super-euro l’incubo che turba il sonno delle centinaia di imprenditori italiani che hanno letteralmente invaso il Kuwait per la fiera internazionale ‘Rebuild Iraq’, apertasi oggi nell’emirato. Girando nel padiglione italiano (il piu’ grande e affollato di una mostra che si estende su oltre 38 mila metri quadrati), oltre all’entusiasmo per la riapertura di un mercato che in passato aveva riservato grandi soddisfazioni, l’altro elemento comune e’ la frustrazione per un super-euro che taglia le gambe alle nostre aziende. ”Per essere competitivi, l’euro deve tornare sotto quota 1,20 rispetto al dollaro” si lamenta il rappresentante di un’azienda alimentare. ”Speriamo scenda a 1,1, ma temo che resti alto fino alle elezioni americane” gli fa eco un direttore marketing che confidenzialmente ammette di avere tre grandi forniture nel mondo arabo bloccate in attesa di tempi migliori.

Cambi a parte, d’altronde, il mercato mediorientale si fa sempre piu’ difficile, in ogni settore. ”Nel solo Kuwait la vendita di lastre di marmo italiano sono scese del 30 per cento: per quanto riguarda il granito, poi, siamo stati letteralmente cancellati dai cinesi” ammette Imad El Rayes, area manager italo-libanese di un’azienda di Massa. ”Fortunatamente ci resta il know-how e il Made in Italy e’ ancora apprezzato nel mondo arabo”. E per il futuro, ci si affida ai fornitori giordani che gia’ riescono a vincere i primi appalti in Iraq. La ‘ripartenza’ dell’Iraq, d’altronde, e’ una chimera alla quale si aggrappano aziende grandi e piccole. Come la veneta SKA, che con la sua produzione di strutture per pollai spera di poter raddoppiare il cinque per cento di fatturato che attualmente realizza nella regione. Una realta’ piccola (appena 40 addetti), ma con una visione globale e convinta di poter dare il proprio contributo al nuovo Iraq: ”Le uova sono una fonte di energia a basso costo – ricorda Dino Pozzato, direttore vendite dell’azienda vicentina – Per fare ripartire l’economia irachena con piccoli investimenti vanno bene anche i pollai. Speriamo solo che la Ue leghi i propri aiuti all’assegnazione di forniture per le aziende europee”.

Ma a Kuwait City e’ in mostra l’anima profonda del Sistema Italia: quella di piccole e medie imprese pronte a cogliere ogni possibilita’ offerta dal mercato. Dalle viti ai laminati, le aziende italiane si muovono in questo scenario con un’agilita’ impossibile ai grandi gruppi. C’e’ chi come la Nuova Simonelli conosce bene il mercato (”Al’Universita’ di Riad usano solo i nostri distributori di caffe’ e abbiamo gia’ contatti per gli appalti iracheni” spiegano con orgoglio) e chi – come la Magniflex, leader di settore in Italia – ci si affaccia con la sicurezza di chi e’ riuscito a vendere materassi ai cinesi. Quella della Cina, d’altronde, e’ una delle poche assenze di rilievo (assieme alla Francia) di questa fiera dove i convitati piu’ importanti – gli uomini d’affari iracheni – stanno arrivando alla spicciolata dopo aver varcato un confine sempre piu’ ‘poroso’ almeno per gli imprenditori di Bassora e Kuwait City. Tutti li cercano perche’ sanno che saranno loro a vincere la maggior parte degli appalti minori della ricostruzione: ”Ma a quel punto avranno bisogno di subfornitori di qualita’, e allora verranno da noi”, spera un imprenditore veneto della plastica.

Qualita’ del prodotto e flessibilita’ delle forniture sembrano essere le parole chiave del Made in Italy a ‘Rebuild Iraq’. Oltre a un eccellente rapporto umano, spesso di antica data, riconosciuto da entrambe le parti. ”Gli iracheni preferiscono fare affari con noi piuttosto che con gli americani” ripetono un po’ tutti. ”Gli iracheni sono grandi lavoratori e gente in gamba” ribatte Ugo Prilli di Marcegaglia. ”Il paese ha enormi prospettive di crescita e noi siamo pronti, anche perche’, persino per prodotti a bassa tecnologia, come le barriere stradali, possiamo offrire la garanzia dei crash test, una consulenza e una manutenzione continua. Non a caso abbiamo vinto l’appalto per i guard rail del primo Gran premio di Formula 1 che si correra’ nel mondo arabo, ad aprile in Bahrein”. Lo stesso viceministro Adolfo Urso conferma come quello con Baghdad sia un filo di dialogo mai spezzato del tutto: ”Molte aziende sono qui per riprendere i contatti e tornare a vendere prodotti gia’ conosciuti. I nostri macchinari, ad esempio, sono piu’ flessibili e quindi piu’ adatti al tipo di lavorazioni delle aziende di questa regione”. E conclude con una speranza: ”La stabilita’ in Iraq puo’ sbloccare il business in tutta la zona: e gli stessi kuwaitiani guardano all’Italia come partner per agire nel nuovo Iraq”.

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