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Iraq: ora un solo italiano volontario a Baghdad

I volontari stanno lasciando in fretta Baghdad. Non e' una fuga, dicono, ma una scelta obbligata per gli ultimi eventi.

di Redazione

I volontari stanno lasciando in fretta Baghdad. Non e’ una fuga, dicono, ma una scelta obbligata per gli ultimi eventi. Partenze improvvise ostacolate anche dalla mancanza di posti disponibili sugli aerei. ”Siamo costretti ad andar via ma non e’ una fuga. Partiamo con la morte nel cuore. Sappiamo, infatti, che questo e’ un danno per la popolazione irachena”. La testimonianza e’ di Giancarlo (il cognome e’ omesso per motivi di sicurezza), l’ unico italiano di una ong italiana ad essere ancora a Baghdad. In questi giorni nella capitale c’e’ ancora un’altra italiana, una volontaria di Medicis sans Frontieres. Giancarlo, in partenza in queste ore dalla capitale irachena per Damasco da dove continuera’ a seguire le attivita’ umanitarie, lavora per Movimondo, una ong che si occupa di interventi sanitari e lo fa in collaborazione con operatori locali. Raggiunto telefonicamente dall’Ansa, parla del clima di queste ore, della tensione, dell’aumento della paura fra i volontari, del dolore per il sequestro di Simona Pari e Simona Torretta e l’obbligo di lasciare l’Iraq. Ed oggi, la decisione di molti volontari di partire da Baghdad, anche se non sara’ possibile per tutti perche’ gli aerei sono pieni. ”Siamo costretti ad andare via, per salvarci la vita – dice – sappiamo che questo significa un rallentamento del nostro lavoro e un danno per la popolazione, ma non abbiamo scelta”. ”Con Simona Pari e Simona Torretta – prosegue Giancarlo – ci siamo visti spesso. L’ultima volta due giorni fa. Erano tranquille e serene, ma chi se l’aspettava una cosa cosi’?”. Del rapimento, il volontario non sa molto, ”solo quello che riferiscono l’ambasciata e le televisioni”. Ha pero’ una convinzione: i rapitori delle ragazze sono stati mossi da motivi di lucro. ”Per me – conclude – sono state rapite da criminali comuni su mandato di qualche associazione terroristica islamica”. Savonese, quarantenne, in Iraq da un anno anche se non continuativamente, Giancarlo R. parla con rabbia della vicenda delle volontarie italiane: ”sono furibondo per questo rapimento. Sono dei vigliacchi. Attaccare i volontari, gli operatori umanitari che sono contro le armi, e usare le donne e’ come sparare sulla Croce Rossa”. ”Per noi volontari, oggi – continua – e’ una giornata molto diversa dalle altre ma per gli iracheni no, sembra che si stiano abituando a qualunque cosa capiti in questo paese”. Un esempio? ”Questa mattina sono stato al ministero della salute. Di tutte le persone che ho visto e con cui ho parlato, almeno una decina e tutte di alto livello, solo una ha espresso sincero dolore per il rapimento delle due ragazze”. Quanto alle voci di una manifestazione di protesta a Baghdad, il volontario dice: ”Mi sembra impossibile, io non ne so nulla. Le uniche manifestazioni di piazza che ho visto sono state quando l’Iraq ha vinto le partite di calcio alle olimpiadi”. ”La mia giornata oggi si sta svolgendo come al solito – racconta – ho fatto i miei giri. Sono convinto infatti che sia piu’ sicuro andare per strada, piuttosto che restare a casa. Vista l’azione mirata di ieri, credo che se c’e’ qualcuno che vuole rapirmi, sa dove vivo mentre se vado in giro e’ piu’ difficile rintracciarmi”.

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