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Iraq, quel che resta di un popolo

Non si contano più i danni devastanti inflitti dalla guerra alla società civile irachena... Catherine Rebuffel

di Redazione

Non si contano più i danni devastanti inflitti dalla guerra alla società civile irachena. Secondo fonti umanitarie, almeno otto milioni di persone hanno bisogno di assistenza. Tra loro, la metà patisce la fame e soffre dell?incapacità di poter accedere a beni primari come l?acqua potabile e le cure mediche. All?inizio di settembre, cinque agenzie Onu – il Fondo per la popolazione (Unfpa), l?Alto commissariato per i rifugiati (Acnur), il Programma alimentare mondiale (Pam), l?Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) e l?Unicef – hanno lanciato un appello ai donatori per un totale di 85 milioni di dollari per contrastare la malnutrizione e la mancanza di accesso alle cure mediche

Le cifre del disastro
L?organizzazione non governativa britannica Oxfam, associata al Comitato di coordinamento delle ong irachene (Ncci), ha pubblicato un rapporto molto dettagliato sulla situazione umanitaria. «Sui quattro milioni di iracheni dipendenti dagli aiuti», sostiene Oxfam, «solo il 60% ha attualmente accesso a razioni del sistema pubblico di distribuzione contro il 94% nel 2004». Secondo gli autori del rapporto, il 43% della popolazione nazionale patisce gli effetti della ?povertà assoluta? e oltre la metà risulta disoccupata. I bambini sono le prime vittime di questa crisi: il tasso di malnutrizione, ad esempio, è passato dal 19 al 28% in seguito all?invasione americana.

La situazione è diventata particolarmente allarmante per le famiglie costrette a lasciare le proprie case. Nel 2006, il 32% degli sfollati non aveva accesso al sistema pubblico di assistenza alimentare, mentre per il 51% di trattava di un accesso al contagocce. Per quanto riguarda l?acqua potabile, è la stessa litania di cifre drammatiche. Solo il 30% vi ha accesso contro il 50% nel 2003. Colpa dei danni inflitti durante la guerra alla rete di adduzione e nell?abbandono quasi totale del sistema di trattamento delle acque sporche. Risultato: i casi di diarrea acuta sono in aumento vertiginoso.

Infine, l?accesso alle cure mediche è catastrofico. Kemadia, l?azienda parastatale incaricata di rifornire gli ospedali e i centri di salute in farmaci e materiale medico, non è più in grado di riempire la sua missione. «Sui 180 ospedali sparsi per il Paese, il 90% è privo di tutto», sottolinea il rapporto di Oxfam che accusa «la burocrazia e la gestione centralizzata» di Kemadia. Non bastasse, sorge l?assenza di personale medico in grado di assistere gli iracheni. La metà dei 34mila medici recensiti nel 2003 ha lasciato l?Iraq. Nel 2006, la rivista scientifica The Lancet stimava che le numerose conseguenze della guerra hanno provocato dal 2003 la morte di 650mila persone.

Sul versante educativo, la scuola è diventata una chimera per almeno 800mila bambini iracheni, mentre le strutture scolastiche fungono ormai da casa per le famiglie sfollate. Inoltre, il clima di paura fa sì che il 92% degli alunni non riesca più a studiare in condizioni normali.

Contromisure
Di fronte alla situazione umanitaria catastrofica, i fondi destinati all?assistenza del popolo iracheno sono diminuiti, passando da 325 milioni di dollari nel 2005 a 68 milioni nel 2006. Gli autori del rapporto di Oxfam propongono alcune ipotesi per migliorare la situazione. Si va dall?attribuzione di carte di identità provvisorie per gli sfollati senza documenti (così da consentire loro l?accesso agli aiuti statali) all?aumento dei fondi pensione mensili per le vedove (che rappresentano il 70% degli sfollati) da 100 a 200 dollari (da 71 a 143 euro). «Calcolando che i beneficiari ammontano a un milione, i costi si aggirerebbero attorno ai 2,3 miliardi di dollari all?anno (1,7 miliardi di euro), un?operazione alla portata della capacità finanziaria dello Stato iracheno». Altra proposta: decentralizzare lo stoccaggio e la distribuzione degli aiuti di emergenza in quanto la violenza si concentra principalmente su Bagdad.

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