Mondo
Iraq, segnalate fosse comuni curde del 1988
In questi giorni l'associazione Indict, finanziata da Washington, sta raccogliendo le prove contro il regime di Saddam
di Redazione
Grandi fosse comuni sarebbero state segnalate da alcuni giorni nel nord dell’Iraq da una serie di testimoni oculari. Ad affermarlo e’ Charles Forrest, direttore dell’associazione ”Indict”, fondata nel 1997 a Londra, ma finanziata dal governo Usa con i fondi dell”’Iraqi Liberation Act”, e specializzata nella ricerca di prove contro la dittatura irachena. Tra i membri dell’associazione figurano Peter Galbraith, ex ambasciatore Usa in Croazia e tra i promotori del tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia, vari membri dell’opposizione irachena, noti avvocati di diritto internazionale.
”Appena caduto Saddam – dichiara Forrest all’Adnkronos International – siamo stati letteralmente travolti da una enorme quantita’ di segnalazioni da parte di testimoni a carico del regime. Non e’ facile gestirle e selezionarle, ma lo stiamo facendo”. Tra queste segnalazioni, anzitutto quella di fosse comuni in prossimita’ del Kurdistan iracheno, che conterrebbero i resti di almeno 3.000 persone. ‘
‘Probabilmente – prosegue Forrest – si tratta di vittime della pesante repressione anticurda perpetrata dal regime nel 1988, il cui episodio piu’ terribile fu lo sterminio di migliaia di civili ad Halabja con gas chimici”. Non si conosce ancora un numero esatto, ”le segnalazioni – prosegue Forrest – parlano solo di varie fosse, ma ancora non abbiamo indicazioni precise”.
Il direttore di ”Indict” non fa nomi, ma spiega che tra i testimoni vi sono giornalisti, operatori umanitari, esponenti delle comunita’ curda e sciita. Sia pure con riluttanza, in effetti, anche la maggiore organizzazione di quest’ultimo gruppo, lo Sciri (”Consiglio supremo della rivoluzione islamica in iraq”) sta collaborando nel fornire informazioni. Molte delle segnalazioni riguardano ovviamente anzitutto Saddam Hussein. ”Ho udito il dittatore – racconta un testimone a ”Indict” – ordinare per telefono l’attacco chimico di Halabja”. Un altro racconta di un’esecuzione di 60 prigionieri, in due gruppi di trenta, condotta a colpi di Browning (una pistola) direttamente da Saddam, che avrebbe anche riso durante il massacro. Ma le prove di crimini di guerra riguardano molti altri esponenti del regime, a cominciare dai due figli di Saddam, Qusay e Uday, per un totale di 12 persone (tra cui tutti gli altri calibri, come il vice-primo ministro Tareq Aziz, il vicepresidente Taha Yassin Ramadan, Barzan Ibrahim Hassan al-Tikriti, fratellastro di Saddam (ex capo dei servizi ed ex ambasciatore all’Onu di Ginevra).
Gli avvocati di ”Indict” stanno allestendo, o in parte hanno gia’ allestito fitti dossier atti alla richiesta di incriminazione per crimini di guerra dei 12 personaggi. ”Abbiamo migliaia di pagine di documentazione”, spiega ancora Forrest.
Gia’ negli ultimi anni ”Indict” ha chiesto l’arresto di molti dei 12 accusati alle autorita’ di paesi in cui questi personaggi hanno svolto attivita’ a vario titolo: Norvegia, Belgio, Svizzera, Gran Bretagna, sull’esempio di quanto accaduto con il dittatore cileno Augusto Pinochet. Particolarmente dettagliate le richieste negli ultimi due paesi: per la Confederazione Elvetica Indict ha allestito dossier con 30 testimonianze a carico di al-Tikriti; mentre per Londra sono state prodotte centinaia di testimonianza di civili britannici sequestrati dal regime iracheno durante la guerra del Golfo del 1991 e oggetti di ogni genere di maltrattamento. Le autorita’ di tutti questi paesi, tuttavia, hanno declinato le richiesta di incriminazione.
Adesso pero’, caduto il regime, lo scopo dell’associazione – in linea con il governo Usa, che le ha concesso un finanziamento di tre milioni di dollari – e’ arrivare a un processo per crimini di guerra in Iraq. ”E’ nel paese che cio’ deve avvenire, non all’estero, a giudicare dovranno essere giudici iracheni sia pure con l’assistenza internazionale” sottolinea ancora il direttore di ”Indict”. Una posizione che non piace a quanti preferiscono invece un tribunale internazionale sul modello di quello per l’ex Jugoslavia.
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