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Il fattore aborto in campagna elettorale

Perché riproporre il tema dell'aborto in un Paese che si è dotato di una buona legge, che semmai andrebbe meglio applicata? In anteprima l'editoriale di VITA Magazine in edicola da domani!

di Giuseppe Frangi

Nell?agenda delle prossime elezioni è entrato di forza anche un tema non preventivato: quello dell?aborto. Ci è entrato grazie alla determinazione di un personaggio abituato ormai da tanti anni a mettersi al centro della scena, come Giuliano Ferrara. Certamente Ferrara è un personaggio che induce a una partigianeria preconcetta. Non si discutono i contenuti delle sue prese di posizione, si discute sempre il personaggio. Questa volta però il film sembra un po? diverso. Perché il giornalista ha deciso di scendere nell?arena, creando qualche grattacapo alla sua parte politica di riferimento, cioè il centrodestra. Tant?è che Berlusconi, un leader che non ha mai mostrato una grande sensibilità in materia, ha dovuto uscire allo scoperto per far sua l?idea di una ?moratoria? sull?aborto da votare all?Onu. Ma perché riproporre il tema dell?aborto oggi, in un Paese come l?Italia che si è dotato di una buona legge che semmai andrebbe meglio applicata? Sappiamo tutti quanto il tema divida e provochi arroccamenti su posizioni inconciliabili. Sappiamo quanto il risollevarlo in genere ottenga effetti opposti a quelli auspicati: una chiusura verso possibili miglioramenti e verso pratiche più rispondenti ai tempi e ai progressi della medicina (vedi il caso dei nati prematuri). Sappiamo anche che nella coscienza della maggioranza della popolazione l?aborto trova ancora una sostanziale accettazione anche se forse non più nelle proporzioni schiaccianti del referendum del 1981.

VITA Magazine in edicola da venerdì:

Obama – Hillary, che sorpasso

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Sarebbero tutti motivi sensati per evitare il muro contro muro. Eppure sulla questione aborto («Una questione aperta», avevamo titolato il servizio di copertina di due numeri fa) qualche riflessione è giusto farla. Perché non prevalga una certa inerzia umana e culturale davanti a temi che invece hanno una portata profondamente drammatica, da qualunque punto li si guardi. C?è una pigrizia nel valutare e capire tutte le conseguenze che certi fenomeni stanno provocando. C?è una paura colpevole ad affrontarli seriamente a livello di coscienza, c?è un rifugiarsi continuo nella logica del ?se? e del ?ma?, logica davvero poco confacente alla serietà e alla gravità della materia in gioco. Non si tratta di schierarsi; si tratta di riaprire i cuori e le intelligenze alla comprensione dei fenomeni. Che cosa significa oggi parlare di aborto? Quali sono le ragioni reali (quelle di oggi, non quelle di 30 anni fa) che inducono ogni anno oltre 150mila donne a interrompere la gravidanza? Quanto oggi sta prendendo piede una pratica egoistica di rifiutare il figlio che non ha le caratteristiche desiderate? C?è stata una stagione in cui sulla questione abbiamo visto scendere in campo intelligenze davvero appassionate alla realtà. Si poteva essere o non essere d?accordo con Pier Paolo Pasolini, con Alexander Langer o Giovanni Testori, ma certamente la loro libertà e onestà intellettuale erano dei punti fermi con cui era obbligatorio confrontarsi. Si erano dati il compito di tenere la ferita aperta, di impedire il ripiegamento in questa scontatezza inaccettabile. In un certo senso hanno difeso la nostra intelligenza e la nostra umanità. Provate a rileggerli, per evitare ogni banalizzazione, ogni amnesia o egoismo.

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