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Sanità & Ricerca

Un laboratorio 100mila volte più sensibile

Alla Don Gnocchi apre oggi Labion

di Sara De Carli

Si chiamerà Labion e sarà inaugurato oggi. È il nuovo laboratorio di biofotonica clinica e nanomedicina sviluppato all’interno del Polo Tecnologico della Fondazione don Gnocchi, che renderà concreta la “medicina personalizzata”. Svilupperà dei kit diagnostici usa e getta, differenziati per varie molecole e quindi per varie patologie, che in soli 20 secondi “vedranno” i biomarcatori della malattia con una sensibilità 100mila volte superiore a quella degli strumenti disponibili oggi. Si partirà dalla leucemia mieloide acuta, ma «è una tecnologia abilitante, che potrà poi essere trasferita su un’infinità di altri casi e arrivare addirittura alla farmacia sotto casa», spiega Furio Gramatica, responsabile del Polo tecnologico della don Gnocchi. Che sintetizza così la svolta che il laboratorio segna: «Daremo degli “occhiali” potentissimi ai clinici».

 

LE TRE FASI SOTTO LA LENTE – Il laboratorio nasce da alleanza fruttuose pubblico-private, a cominciare da quelle con Fondazione Cariplo, Regione Lombardia e Ministero della Salute, ed è il frutto di cinque anni di attività scientifica e di policy in nano medicina. «Ci sono tre momenti in cui sensibilità, selettività e rapidità così elevate diventano fondamentali», spiega Gramatica. Il primo è quando la malattia c’è ma non si è ancora manifestata con dei sintomi: rintracciare immediatamente anche una piccola quantità di biomarcatori è fondamentale per una diagnosi precoce. «Anche se culturalmente questo è ancora lontano», ammette Gramatica.

MEDICINA PERSONALIZZATA – Gli altri due momenti invece sono determinanti per realizzare davvero quella “medicina personalizzata” di cui tanto si parla. «La rapidità della risposta consente di valutare immediatamente la risposta alla terapia e di conseguenza valutare la terapia migliore». Il terzo caso si ha quando la terapia funziona e i marcatori scendono ma non scompaiono: oggi c’è una soglia sotto cui il clinico non ha strumenti per andare. Quella zona, che si chiama «minimal residual disease» è invece importantissima per capire se sospendere o no terapie costosissime e con effetti collaterali importanti, e comunque per dosarle correttamente.

 

LO STRUMENTO – Lo strumento che consente tutto ciò in realtà esiste già: è lo spettroscopio di Raman. «Noi abbiamo fatto un passo ulteriore, potenziando l’uso di uno strumento già disponibile in commercio», racconta Gramatica. La novità sono appunto i kit usa e getta basati su un substrato contenente nanoparticelle di metalli nobili pensati per legarsi al biomarcatore specifico. Queste particelle d’oro, nello spettroscopio, vibrano allo stesso modo del biomarcatore specifico, amplificandone il segnale e rendendolo quindi rilevabile anche se presente, di suo, in piccolissime quantità.

LE PROSPETTIVE – «La macchina è standard, sono i kit ad essere differenziati», precisa Gramatica. Questo ovviamente è il punto strategico. Anche perché lo spettroscopio di Raman che c’è al Labion ha prestazioni elevatissime e costa 150mila euro, «ma il passo successivo è rendere disponibili questi kit per macchine più economiche, da 25mila euro, che anche la farmacia sotto casa può avere». Venisse un’altra H1N1, così, basterà andare in farmacia e lasciare uno sputo di saliva per sapere, in 20 secondi, chi ce l’ha.


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