Sanità & Ricerca

La Lombardia taglia le cure pallitive domiciliari

La sforbiciata di 1,6 milioni di euro del Pirellone sull'esercizio 2011 lancia un allarme per il futuro. Mentre gli hospice, con le tariffe ferme da 10 anni, non ce la fanno più: «per la prima volta siamo a rischio chiusura»

di Sara De Carli


La Regione Lombardia taglia le cure palliative domiciliari. Il 28 dicembre 2012, chiudendo il bilancio d’esercizio 2011, ha destinato le risorse per le aziende ospedaliere per le attività realizzate nel 2011: all’appello mancano 1,6 milioni di euro per le cure palliative domiciliari. La denuncia arriva da Luca Moroni, presidente della Federazione Cure Palliative, una rete di organizzazioni non profit attive per diffondere e promuovere le cure palliative. «Con il decreto n.12656 del 28 dicembre 2012, la Direzione Generale Sanità ha tagliato del 20-30% il finanziamento delle cure palliative domiciliari», spiega. «Gli ospedali quindi non hanno avuto il pagamento completo delle attività che hanno già sostenuto quell’anno. La cosa più grave però è il messaggio che arriva e che certo non rassicura sull’oggi e sul futuro. Non possiamo permetterci di tagliare sulle cure palliative».
Questo accade mentre, sulla carta, la Regione Lombardia punta invece sulle cure palliative domiciliari: «si dice che questo è un settore che deve crescere, perché ancora non arriviamo a tutti, e che deve arrivare alla presa in carico precoce, non solo del malato terminale»: le cure palliative domiciliari infatti sono modello di cure di qualità che consentono anche notevoli risparmi.
Accanto al messaggio culturale negativo, c’è il tema economico: i tagli delle risorse ricadono infatti anche su tante non profit che affiancano il pubblico attraverso convenzioni con gli ospedali. «Le organizzazioni sono allarmate», spiega Moroni. Le associazioni non profit lombarde impegnate sul fronte delle cure palliative «attraverso la loro raccolta fondi raccolgono ogni anno 8 milioni di euro, che immettono nel sistema sanitario a sostegno dei servizi, a integrazione del pubblico. Questo ovviamente non è più sostenibile a fronte del taglio di cui stiamo parlando». Moroni il 21 gennaio ha incontrato l’assessore Mario Melazzini, che lo ha rassicurato che – dopo verifica del taglio – troverà  il modo per integrare le risorse necessarie. Ovvio che, in questa fase pre-elettorale, i tempi sono stretti e ogni giorno è fondamentale.  

La rete delle cure
Il paradosso, sottolinea Moroni, è che nello stesso giorno, il 28 dicembre, la Giunta della Regione Lombardia ha disegnato la nuova rete delle cure palliative della Regione, con la delibera 4610 che recepisce il decreto approvato a luglio sui requisiti minimi e le modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore. «È un’ottima cosa, una pietra miliare», commenta Moroni. «La Lombardia è tra le prime regioni a recepire il decreto, declinandolo sulla realtà lombarda. Di fatto viene superata la dicotomia tra sanitario e sociosanitario, perché si stabilisce che i requisiti degli hospice accreditati nel sociosanitario siano identici a quelli degli ospedali».
L’appello di Moroni alla Regione Lombardia è questo: «occorre che la Regione dimostri la forte volontà di tutelare i malati terminali, garantendo risorse adeguate ai percorsi domiciliari ma anche adeguando le tariffe degli hospice, che sono ferme dal 2003. Gli hospice sono pesantemente in perdita, per via dell’aumento dei costi e il disavanzo cresce ogni anno, tanto che non riusciamo più a colmare la forbice con il fundraising. Cominciamo ad avere hospice a rischio di chiusura».

 


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