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Mission, botta e risposta

Il segretario generale di Intersos, l'ong che con Unhcr è partner della trasmissione “Mission” che andrà in onda sulla Rai il 4 dicembre, scrive a Riccardo Bonacina. Che risponde

di Redazione

Lettera di Nino Sergi, segretario generale di Intersos

Caro Riccardo,
in questi mesi mi sono tenuto lontano dalle polemiche suscitate dalla trasmissione Mission che andrà in onda su RAI 1. Ho però osservato da vicino le reazioni del nostro mondo e anche di VITA che intende esserne una delle espressioni qualificate. Sinceramente, ho ricavato ben poco di positivo. E me ne dispiaccio, anche se mi sembra di avere al contempo imparato molto e di esserne alquanto impressionato.
Riprendo, giusto per memoria, il tuo articolo del 9 settembre nella rubrica “La puntina”: The Mission, le piroette della Rai, in cui fai riferimento anche a Intersos, ridicolizzando il termine usato di “social tv”, vedendo retorica nelle nostre parole, umiliando perfino l’Alto Commissariato per i rifugiati e Intersos che “si accontentano di quanto arriverà loro, e tramite, loro, speriamo, ai rifugiati benedetti dal faro tv”. È questo modo di affrontare le cose che ci ha convinti a non intervenire nelle bassa polemica che si è sviluppata per settimane. Ciò non mi impedisce di continuare a stimare VITA e anche te, dati i decenni di conoscenza e, nel tempo, anche di lavoro comune.
Con VITA , come con altre testate che sento vicino per i valori che esprimono, voglio dialogare. Quindi, a due mesi da quelle tue parole (e degli altri articoli apparsi), lontano dal frastuono delle polemiche, ti scrivo. Sperando che possa essere utile per ristabilire, almeno in VITA, un po’ di verità. Il resto, lo lasciamo al 4 dicembre, la prima delle due puntate del programma.
Cosa è Mission (così si chiama la trasmissione) e perché Intersos ha accettato di parteciparvi ? Essendo impegnati da più di vent’anni a soccorso di sfollati e rifugiati, abbiamo accolto l’invito rivoltoci dalla RAI. Ci è stato chiesto, insieme all’Unhcr, di garantire che i contenuti della trasmissione fossero coerenti con la “Carta di Roma”, il protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti, sottoscritto nel 2008 dal CNOG e dalla FNSI. Tale protocollo prevede, tra l’altro, che i Media interpellino, “quando ciò sia possibile, esperti ed organizzazioni specializzate in materia, per poter fornire al pubblico l’informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni”.
 

Come potete pensare che noi di Intersos, e ovviamente anche l’Unhcr, non condividiamo pienamente le affermazioni e le firme raccolte contro la trasformazione delle tragedie umane, della sofferenza e della dignità delle persone in fiction e spettacolarizzazione? Il programma a cui la RAI ci ha proposto di collaborare non è però un reality show né una fiction, come invece è stato fatto credere in tutti questi mesi, nonostante le nostre precisazioni in merito. Non avremmo mai accettato di parteciparvi e ci saremmo opposti decisamente e con molta fermezza alla sua realizzazione.
Il direttore di RAI 1, Giancarlo Leone, ha ampiamente spiegato cosa è Mission e non spetta a noi entrare nel merito di una trasmissione in cui siamo stati invitati per le nostre competenze specifiche.  Mi soffermo quindi solo su alcuni punti che più ci stanno a cuore.
 

Abbiamo vissuto Mission e la stiamo vivendo come un tentativo innovativo di programma sociale per portare anche in prima serata e al vasto pubblico il tema dei rifugiati, facendolo con la massima attenzione e il massimo rispetto per le persone, la loro sofferenza, la loro dignità, rendendole protagoniste nel raccontarsi. Nelle cinque crisi umanitarie che vengono toccate, in paesi africani, mediorientali e latinoamericani, si mettono al centro le persone con le loro storie vissute e il loro personale punto di vista e si mostra il lavoro quotidiano degli operatori umanitari.
I personaggi noti al pubblico televisivo che la RAI ha scelto entrano in contatto con queste realtà, vivendoci per una quindicina di giorni, sempre accompagnati dagli operatori umanitari dell’Unhcr e di Intersos. È un periodo breve, ma sufficiente per vivere un’esperienza di conoscenza e consapevolezza della condizione di chi ha perso tutto ed è aiutato a ricostruire la propria vita con dignità nel paese che lo ospita. Con la loro notevole capacità comunicativa, trasmetteranno al pubblico, le sensazioni, forti e intense, vissute nei giorni di rapporto umano con i rifugiati, i bambini soldato, le donne schiavizzate da miliziani, le persone in fuga e con le operatrici e gli operatori umanitari che con essi vivono. Altre persone, in studio, durante la trasmissione, cercheranno di approfondire il tema e di inquadrarlo nel contesto specifico.
La raccolta fondi che accompagnerà il programma sarà finalizzata alle realtà che i telespettatori vedranno. Dati i principi che guidano le nostre organizzazioni, ci siamo adoperati, con piena adesione da parte della RAI, perché non fosse minimamente fatta una tv del dolore ai fini dello spettacolo e della raccolta fondi.

Ci siamo posti con molta umiltà e prudenza, consci dei rischi dell’innovazione e senza assolute certezze ma convinti di poter contribuire, con un nuovo strumento che assicuri divulgazione e serietà dei contenuti, ad aumentare le trasmissioni esistenti, televisive, radiofoniche o web che possono rispondere all’esigenza di comunicare e di coinvolgere sul tema dei rifugiati, vittime di guerre e persecuzioni, e degli interventi umanitari. Si tratta di un programma preparato con grande attenzione e con una disponibilità da parte di RAI 1 a condividere con noi il percorso e ad accogliere ogni suggerimento utile a garantire la qualità dei contenuti e la dignità e l’immagine dei rifugiati. La RAI sa come si fa un programma tv di prima serata, noi sappiamo come si parla dei rifugiati rispettando la loro condizione e il loro dolore. La nostra sincera impressione è che ognuno stia facendo al meglio il proprio mestiere.
Si tratta di un tentativo e al tempo stesso una sfida che Intersos e l’Unhcr hanno accettato, anche nella convinzione che la RAI, migliorandone via via il formato, possa produrre uno strumento aggiuntivo di seria e diffusa comunicazione sociale.

Ci auguriamo che questo programma possa anche segnare una nuova tappa nella storia della RAI per il sociale e al servizio (pubblico) di chi ha più bisogno. Si potrebbero infatti portare in prima serata, raggiungendo il vasto pubblico, temi quali la ricerca scientifica per salvare vite, la salvaguardia della natura, le adozioni a distanza, le povertà diffuse, le opportunità dell’immigrazione, solo per fare alcuni esempi tra i tanti. Non so se la RAI riuscirà appieno fin da queste prime trasmissioni ma, per quanto ci riguarda, abbiamo ritenuto che valga la pena tentare, con serietà e dedizione, come stiamo facendo.
Ecco, caro Riccardo, la sintesi che quanto mi pareva giusto comunicarvi, ora, lontani da quel muro di polemiche che ha convinto me e il segretario generale di Intersos Marco Rotelli di rimanerne lontani, con discrezione, per un po’ di tempo, fino ad ora.
Con i più cordiali saluti, Nino Sergi

Risposta di Riccardo Bonacina, direttore di Vita

Caro Nino, grazie della lunga lettera in cui provi a restituire le ragioni dell'ingaggio nell'avventura televisiva “Mission” di Intersos. Ragioni, che del resto mi erano abbastanza chiare, nonostante le critiche che spero sempre lecite e che davvero non umiliano nessuno. Direi che Vita ha dedicato poco più di nulla alle polemiche innescate non da Vita ma da Repubblica e dall'ex portavoce dell'Alto Commissariato per i rifugiati ora presidente della Camera, onorevole Laura Boldrini. Ne hanno scritto dei blogger e in modo non offensivo e non banale (Giulio Sensi, qui  e qui ), Coen Cagli (qui e qui), ed  io nel mio blog che citi, abbiamo poi speso non più di 20 righe sul magazine. Insomma ci siamo limitati a qualche intervento rispetto a un polverone, dentro (qui una lettera dei dipendenti Rai qui una lettera)  e fuori la Rai, che non era possibile ignorare visti gli argomenti e il nostro pubblico. Senza mai usare espressioni come “pornografia del dolore” e cose simili.

Detto questo, per i meccanismi annunciati, per il coinvolgimento dei personaggi famosi, a me continua a sembrare un reality “a fin di bene”, cioè finalizzato alla raccolta fondi per interventi realizzati da organizzazioni serie e prodotto con qualche attenzione in più grazie alla vostra collaborazione. Il Comunicato congiunto (Rai-Unhcr-Intersos) sulla “social tv” a me, però, continua a sembrarmi una piroetta linguistica perchè non si sostanzia nella descrizione di meccanismi diversi dai reality e perchè è reticente sui compensi e sui rimborsi e sulla loro destinazione. Come sostenere poi, lo fa Leone, che  Albano con le due figlie ventenni Cristel e Romina Jr, Paola Barale ed Emanuele Filiberto di Savoia, Candida Morvillo e Francesco Pannofino vogliono rappresentare l’occhio dello spettatore?! Insomma Sergio, davvero, con tutte le buone intenzioni, non vedo niente di innovativo, siamo alle solite. Potrei farti un elenco di almeno 20 esperienze a livello globale e sui principali network, di cosa sia “social tv” e di esperienze innovative (del resto nella mia esperienza professionale ho condotto 20 anni fa 18 prime serate su RAidue condividendo la conduzione con una ragazza in carozzina).


Riguardo alla sensibilizzazione, anche su questo, penso che la Rai dovrebbe cominciare a fare cambiamenti profondi nelle sue strutture produttive e giornalistiche che continuano a non guardare né il mondo né il nostro mondo, prima di prendere scorciatoie spettacolari, magari “a fin di bene” ma pur sempre spettacolari. Papa Francesco, del resto, sta segnando una strada che basterebbe seguire (penso al suo primo viaggio, a Lampedusa, e alla sua prima uscita in città, al Centro Astalli).
Per il resto concordo con te, aspettiamo il 4 dicembre. Aspetterò un po’ più sereno visto l'impegno e la sorveglianza anche sugli esiti che hai descritto nella tua lettera. Grazie e a presto.
con stima Riccardo Bonacina

 

Guardate anche le anteprime del programma nel blog di Giulio Sensi


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