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Sanità & Ricerca

I “veri” depressi non fanno schiantare gli aerei

Associazioni e psichiatri denunciano l'indebita assimilazione tra persone che soffrono di depressione e coloro che commettono gravi atti criminali. Il caso del pilota Lubitz insegna: "Una diagnosi fatta dai giornali, che rischia di danneggiare chi lotta veramente contro questa malattia"

di Gabriella Meroni

Un'indebita associazione tra le persone depresse e i pazzi assassini. Questo il rischio messo in luce da associazioni e psichiatri in merito alla tragica vicenda del pilota Germanwings Andreas Lubitz che si è suicidato trascinando con sé altre 149 persone. "I giornali hanno fatto la diagnosi in base della scoperta di psicofarmaci nell'abitazione del pilota", denuncia un articolo apparso sul slate.com a firma della professoressa Anne Skomorowsky, docente di psichiatria alla Columbia University. "Sottintendendo che basti soffrire di depressione per trasformarsi in un pericolo pubblico". Un grossolano errore, che rischia, secondo la  Skomorowsky, di aumentare lo stigma che già colpisce questi pazienti, e che può portare alcuni di loro a rifiutare le cure.
"Si sente speso evocare la parola depressione per spiegare azioni che un adulto equilibrato non commetterebbe mai", aggiunge la professoressa, "come se uno dei sintomi di questa malattia fosse il comportamento antisociale. Ma questi comportamenti, come le tendenze al suicidio, sono altra cosa rispetto alla depressione". "Etichettare deficit sociali di qualunque tipo, dal comportamento violento e omicida all'isolamento degli anziani, come depressione, non rende un buon servizio a nessuno", conclude  Skomorowsky, "alle persone con disagio, che rischiano di essere trattate come depresse quando non lo sono, e ai depressi veri, che vedendo aumentare l'emarginazione che già vivono non possono che peggiorare la loro condizione".


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