Cospe: «Dal summit di Addis Abeba tante promesse e pochi impegni»

Giudicato deludente il bilancio della Terza conferenza internazionale Onu sui finanziamenti per lo sviluppo: non è stata proposta nessuna vera riforma al sistema fiscale globale

di Redazione

Esprime la sua delusione il Cospe (Cooperazione per lo sviluppo dei Paesi emergenti) tracciando il bilancio della Terza conferenza internazionale Onu sui finanziamenti per lo sviluppo che si è tenuta ad Addis Abeba dal 13 al 16 luglio e parla di "un’occasione persa" : nessuna vera riforma al sistema fiscale globale è stata proposta – nonostante la volontà sia emersa chiaramente da parte di molti Paesi presenti e nonostante sia stata riconosciuta come alla base di un vero sviluppo equo e giusto – e nessuna garanzia di accountability è stata data riguardo all’impegno dei privati, sempre più protagonisti del settore dello sviluppo, sull’effettivo utilizzo dei fondi per uno sviluppo sostenibile a tutela dei diritti umani o una maggiore responsabilità sociale e ambientale. Gli Stati si sono limitati a registrare il peso crescente della finanza privata (e delle PPP) nelle dinamiche internazionali, e ad accreditarla ciecamente come un volano di sviluppo garantito.

Ma soprattutto il summit di Addis Abeba non è apparso come un vero tavolo di negoziati: «Gran parte del testo che esce da questa conferenza e che si chiama Action Agenda», dice Jason Nardi membro del consiglio direttivo Cospe e direttore Ripess Europa, presente al summit, ha ben poche proposte di azioni, molte promesse e pochi impegni reali. Il testo in sé poi in realtà era chiuso prima dell’incontro e tutti gli aspetti rilevanti e di reali impegni sono stati annacquati o rimossi e molti Paesi del G77 sono veramente delusi».

Duro anche il comunicato emesso dalla società civile organizzata (circa 600 organizzazioni) sul FFd (Failing to finance Development) che sottolinea proprio la scarsa incisività dell’agenda: «La AAAA ha perso l'opportunità – dice il comunicato – di affrontare le ingiustizie strutturali dell’attuale sistema economico globale e garantire che il finanziamento dello sviluppo sia incentrato sulle persone e protegga l'ambiente. Non affronta le molteplici sfide globali che ci attendono, non contiene l’indicazione di una leadership, né obiettivi ambiziosi o reali azioni da intraprendere». Fuori, di fatto, anche le questioni riguardanti i trattati di commercio internazionali, il tema del debito, la condivisione di tecnologie e innovazione tra paesi, i finanziamenti destinati al Climate change.

Ma quali erano le sfide sul tavolo della Conferenza? La tassazione prima di tutto: si chiedeva che la conferenza si pronunciasse sulla riforma del già esistente Comitato di esperti delle Nazioni Unite per creare un organo intergovernativo che sotto le Nazioni Unite avesse legittimità rappresentativa e potere decisionale per rivedere la tassazione globale. Attualmente rimane tutto invariato, il comitato esistente così com’è tra l’altro non è finanziato e non può operare. Rimane dunque la centralità dell’Ocse nella gestione della tassazione globale. Il ruolo dei privati nello sviluppo: consacrati nell’agenda come centrali nel piano dei finanziamenti per lo sviluppo ma non “regolamentati” da nessun obbligo o impegno nei confronti del settore pubblico. L’aiuto pubblico allo sviluppo: si chiedeva ai paesi di rinnovare l’impegno a stanziare lo 0,7% del Pil in aiuto allo sviluppo.

Da questo punto di vista l’impegno italiano promesso dal Primo Ministro Renzi ha superato le aspettative: se mantenuto poterebbe infatti l’Italia ad essere il quarto donatore tra i paesi del G7 facendo salire gli stanziamenti dagli attuali 0,16% allo 0,25% nei prossimi due anni: «L’Italia non ha brillato per partecipazione – racconta ancora Jason Nardi – l’intervento di Renzi è stato ben accolto ma, dato lo storico ritardo del nostro paese in materia di aiuti allo sviluppo, sarà compito della società civile monitorare da vicino i prossimi passi del governo Renzi in questo senso».

Se Addis Abeba, che ha rappresentato il primo fondamentale appuntamento di quest’anno in vista della ristrutturazione delle direttrici politiche della cooperazione allo sviluppo per gli anni a venire, lascia dietro di sé un bilancio generale deludente, lo sguardo è adesso puntato ai prossimi appuntamenti rappresentati dall’approvazione dei nuovi Sustainable Development Goals UN – Agenda post-2015 a settembre, e dalla COP 21 di Parigi. Sperando che queste grandi kermesse internazionali diventino reali tavoli negoziali in cui tutte le voci vengano ascoltate nell’ottica di una cooperazione sempre più concreta tra Stati.

foto GettyImages


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