Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Solidarietà & Volontariato

E se un ragazzo adottato vuole ritrovare la sua famiglia d’origine?

È un fenomeno in crescita, reso più semplice dai social network. Il Ciai ha avviato una riflessione per capire come accompagnare al meglio quanti scelgono di intraprendere questa ricerca. Perché una cosa è certa: non si può andare allo sbaraglio. Primo appuntamento il 10 ottobre a Milano

di Sara De Carli

Basta andare su Facebook e fare qualche ricerca incrociata. Attraverso i social network il mondo si è fatto più piccolo e sempre più spesso accade che i ragazzi adottati – con adozioni nazionali ma anche internazionali – riescano a mettersi in contatto con la loro famiglia biologica; un genitore, un fratello, una sorella… Capita anche il contrario, che i genitori si mettano in cerca di un figlio abbandonato e lo ritrovino. È un bene? È un male? Che cosa deve fare un ente autorizzato davanti alla richiesta di un aiuto per creare un contatto con la famiglia di origine? Il Ciai, l’ente italiano con la più lunga storia nelle adozioni internazionali, ha deciso di avviare una riflessione e per questo invita i genitori adottivi e gli adottati adulti (adozione nazionale o internazionale) che abbiano già stabilito un contatto con uno o più i familiari di nascita, per ascoltare le loro esperienze e cercare insieme gli strumenti più utili per supportare in modo positivo questo percorso.

L’appuntamento è per il pomeriggio di sabato 10 ottobre, presso la sede milanese del Ciai. «Fare i conti con le proprie origini è un punto delicatissimo della storia dei ragazzi adottati e delle loro famiglie. In questi ultimi mesi abbiamo ricevuto molte richieste da parte di ragazzi che vogliono mettersi in contatto con la loro famiglia di origine, almeno una richiesta ogni due settimane», spiega Paola Crestani, presidente del Ciai. «Questa esigenza ci interpella, insieme al fatto che questo fenomeno oggi è facilitato dall’utilizzo dei social network, che consentono anche a persone che vivono in paesi lontani di ritrovarsi. Anche all’estero abbiamo una richiesta da parte delle famiglie, soprattutto in Paesi come l’Etiopia che hanno una legislazione e una cultura diversa. È un fenomeno che esiste». Ecco quindi l’idea di rifletterci, a partire dall’esperienza di chi ci è già passato.

«Dal punto di vista legale non è l’ente autorizzato che dispone dei dati del ragazzo, quindi non possiamo dare un supporto logistico nella ricerca delle famiglie. Anche l’incontro del 10 ottobre si rivolge a quanti hanno già stabilito un contatto con uno o più i familiari di nascita, indipendentemente da chi si sia fatto promotore del contatto (l’adottato o i familiari biologici) e da come si sia realizzato (via internet, telefonicamente, per posta, di persona)», continua Crestani. «Vogliamo capire come gestire questi rapporti, se ostacolarli o facilitarli, quale può essere la ricaduta sull’equilibrio ed il benessere dei figli adottivi. Ci sono storie molto soddisfacenti e storie che hanno generato molti problemi. Io non do giudizi se cercare un contatto con i propri genitori biologici sia una cosa da fare o no, ma sicuramente, nel momento in cui si decide di farlo, è un percorso che deve essere accompagnato bene a livello psicologico, non possiamo abbandonare i ragazzi davanti a un computer e lasciare che questi contatti avvengano allo sbaraglio. Vogliamo capire come accompagnarli e farlo sempre meglio».

​La partecipazione all’incontro del 10 ottobre è gratuita, ma è richiesta la conferma di adesione via mail a ​postadozioni@ciai.it o al numero 02 84844428.

Foto Getty Images


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA