Politica & Istituzioni

Continuità degli affetti: una legge imperfetta, ma da approvare subito

Carla Forcolin è stata la prima in Italia a battersi perché la legge riconoscesse il diritto di un bambino a restare nella stessa famiglia che lo ha avuto in affido, nel momento in cui diventa adottabile. Finalmente la legge è all'esame del Parlamento, ma rischia ancora una volta di non essere approvata. Il suo appello: «Non è una legge perfetta, ma un’idea giusta è pur sempre soltanto un’idea. Pensiamo prima ai bambini».

di Sara De Carli

Eravamo ancora negli anni Novanta quando Carla Forcolin capì che nella legge 184/1983 sull’affidamento familiare c’era qualcosa che non funzionava. Sedici anni dopo aver fondato La gabbianella e altri animali e dopo due petizioni ad hoc (una nel 2007 e una nel 2010 – qui le tappe del percorso fatto), la legge che riconosce il diritto dei bambini fuori famiglia alla continuità degli affetti sta per vedere la luce. Il relatore Walter Verini (PD) ha chiesto ai deputati di non presentare emendamenti e approvare il testo senza modifiche, per evitare un ritorno al Senato, dove la legge è già passata all’unanimità grazie a un paziente lavoro di compromessi. Ieri l'esame della legge è stato rinviato a settimana prossima. Non che sia un testo perfetto, ammettono tutti, ma a questo punto è prioritario l’obiettivo di arrivare alla fine dell’iter, scongiurando nuovi passaggi che potrebbero rinviarne sine die l’approvazione. «Non fare emendamenti è anche l’appello nostro e della gran parte delle associazioni che si occupano di affido, purtroppo l’esperienza ci ha insegnato quanto è difficile portare a casa questa legge, anche se si tratta di riconoscere un principio di tutta evidenza, come il diritto dei bambini che passano dall’affido all’adozione a non subire un secondo abbandono dopo quello della loro famiglia d’origine, dettato questa volta dalla legge», spiega Forcolin (qui anche l'appello del Tavolo Nazionale Affido).

Tutto iniziò il giorno in cui Carla accettò di sostituire un’amica volontaria per un turno in una casa di accoglienza per mamme ex tossicodipendenti. Lì incontrò Marco, un bimbetto di un anno e mezzo, che le si fece incontro; tra i due nacque un’intesa magica, ma dopo un anno e mezzo Marco fu abbandonato dalla madre naturale e dato in adozione. Per Carla non ci fu più modo di vederlo, giusto il tempo di dire “addio”. Per Marco sparì un mondo. La storia della Gabbianella e altri animali inizia così, come si legge nel libro “I figli che aspettano”. «Dopo Marco ho visto tantissime tragedie, ben peggiori. Le ho raccontate nel libro “Io non posso proteggerti”», dice Forcolin.

«La legge non chiede altro che il riconoscimento del fatto che in molti casi la famiglia affidataria rappresenta per un bambino il mondo di riferimento e che i bambini non crescono bene in un puzzle di pezzettini che cambiano continuamente, ma nella stabilità. Anche ieri un’assistente sociale mi ha detto che la vita è un viaggio e i compagni di viaggio possono cambiare: è vero, ma perdere i compagni di viaggio è fisiologico nell’età adulta non per un bambino, che invece ha bisogno di punti di riferimento o comunque di non vedersi troncati per legge i rapporti affettivi che ha costruito», spiega. «Perfino il Parlamento di Strasburgo ha condannato l’Italia per avere sottoposto una bimba ad un passaggio di famiglia indebito, nel processo Moretti-Benedetti, grazie a Lucrezia Mollica».

La legge che sta per essere approvata alla Camera finalmente afferma il principio della continuità degli affetti: «I punti importanti della legge, oltre all’affermazione del principio, sono il fatto che si ribadisca l’importanza dell’ascolto del minore, si introduca l’obbligo di ascolto dell’affidatario “pena la nullità del processo” e si equiparino affidatari e collocatari, perché in tante regioni – a cominciare da Veneto, Lazio ed Emilia Romagna – gli affidatari sono quasi sempre i servizi sociali, che poi collocano il minore in una famiglia: in questo modo la famiglia perde qualsiasi voce in capitolo», spiega nel dettaglio Forcolin. Del perché ci sia voluto così tanto tempo per arrivare vicini all’approvazione di una legge in materia, lei non fa mistero: «I requisiti per l’affidamento e per l’adozione sono diversi, quindi si teme che con la continuità degli affetti si apra la via all’adozione per i singles e i singles potrebbero essere omosessuali. Qualcuno si spinge anche oltre: gli omosessuali potrebbero essere pedofili. Ma di cosa stiamo parlando? Di frotte di persone omosessuali che domani prenderanno in affidamento un bambino con la speranza che poi diventi adottabile? Mi sembra un’ipotesi fantasiosa! Chi ha turpi progetti per la mente trova strade ben diverse dall’affido, dove nulla è certo e dove si è sempre controllati».

Se per non far passare una legge che ha un difetto evidente non “salviamo” i tre quarti dei bambini in affidamento, ci comportiamo come la “finta mamma” scoperta da re Salomone: permettiamo che si faccia del male ai bambini pur di avere ragione. Un’idea giusta è pur sempre soltanto un’idea. Noi vogliamo tutelare i bambini

Carla Forcolin

Fantasiosa o no è il motivo su cui anche questa volta la legge stava per saltare in Senato e si è giunti a un compromesso, quello di far passare i bambini affidati a singles o a coppie di fatto per l’art. 44 lett. a: «Sarebbe bastato scrivere art. 44 e basta, come per tutti gli altri bambini non adottabili con la legittimante. Ma l’ottimo è nemico del bene, cominciamo a “salvare” la maggioranza dei bambini in affidamento, se in questo assurdo paese non possiamo salvarli tutti. Il giorno dopo l’approvazione della legge cominceremo un’altra battaglia per togliere la discriminazione verso i bambini che vengono presi in affidamento da single o da coppie di fatto. È molto importante l’approvazione del principio, intanto».

Per Carla Forcolin la possibilità di mantenere un filo relazionale con tutti coloro che sono stati importanti per il bambino, è il futuro stesso dell’adozione: «Gli orfani non esistono quasi più. Ci sono i bambini abbandonati alla nascita, ma la maggior parte dei bambini che vanno in adozione nazionale arrivano all’adozione già grandicelli, con alle spalle “moncherini” di famiglia con cui – con le dovute cautele e ovviamente solo se ciò fosse positivo per loro – sarebbe umano mantenere un qualche rapporto». Con questa modifica – conclude Forcolin – l’affidamento «diventerà un istituto più umano. Se per non far passare una legge che ha un difetto evidente non “salviamo” i tre quarti dei bambini in affidamento, ci comportiamo come la “finta mamma” scoperta da re Salomone: permettiamo che si faccia del male ai bambini pur di avere ragione. Un’idea giusta è pur sempre soltanto un’idea. Noi vogliamo tutelare i bambini».

Foto Getty Images


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