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Pregliasco (Anpas): «L’arma contro l’Aids oggi è l’educazione alla salute»

I dati del ministero della Sanità fotografano un fenomeno dai numeri pressoché invariati. Il presidente delle Pubbliche Assistenze spiega: «non abbiamo più una forma epidemica. Ma il plateau di malati non scende perché non c’è più la paura della malattia»

di Lorenzo Maria Alvaro

Nella giornata mondiale della lotta all'AIDS il ministero della Sanità ha divulgato la fotografia scattata dal Centro Operativo Aids (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che pubblica annualmente un fascicolo del Notiziario dedicato all’aggiornamento dei due flussi di sorveglianza: quello delle nuove diagnosi di Hiv e quello dei casi di Aids.

Nel 2014 in Italia 3.695 persone hanno scoperto di essere Hiv positive, un’incidenza pari a 6,1 nuovi casi di sieropositività ogni 100 mila residenti. L’età media per i primi è di 39 anni, per le donne di 36 anni. Quanto alla fascia di età maggiormente colpita, è risultata essere quella delle persone di 25-29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti). La maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali senza preservativo, che costituiscono l’84,1% di tutte le segnalazioni

L’incidenza, ossia le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2014, non mostra particolari variazioni rispetto ai tre anni precedenti e colloca il nostro Paese al 12° posto nell’Unione Europea.

Per Fabrizio Pregliasco presidente di Anpas Nazionale e medico specializzato in n Igiene, Medicina Preventiva e Tossicologia è questo il dato più significativo: « Non siamo più difronte ad una forma epidemica crescente, come nei decenni passati. Questo perché i due fattori di trasmissione principali in qualche modo sono venuti meno. Non abbiamo più la sieropositività da tossicodipendenza infravenosa e i rapporti omosessuali oggi sono protetti». Eppure se è vero che il numero non aumenta è altrettanto evidente che non diminuisce. Nel 2014 infatti, sono stati diagnosticati 858 nuovi casi di Aids pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti.

L’incidenza dunque risulta stabile negli ultimi tre anni.

«Il numero si mantiene stabile per due fattori paradossali», sottolinea Pregliasco, «entrambi riconducibili a una sessualità incongrua da parte degli eterosessuali. Si parla di 40-50enni che sfruttano la prostituzione e di giovani che hanno una vita sessuale molto attiva. In entrambi i casi però si è restii a usare precauzioni. Il motivo sta nella percezione dell’Aids. Non c’è più la paura che c’era all’inizio».

Per Pregliasco la paura nei confronti della malattia è venuta gradualmente meno con il migliorare della cure, « Oggi un sieropositivo non è riconoscibile come un tempo, quando la curo la debilitava pesantemente. Un passo avanti scientifico che però ha introdotto un elemento inquietante di sottovalutazione del rischio».

La strada da percorrere è solo una: «Servono comunicazione e responsabilità. La conoscenza del rischio c’è e le modalità di affrontarlo anche. Quindi serve solo l’educazione alla salute», sottolinea Pregliasco che conclude «ormai la terapia non è ancora risolutiva ma funziona bene. Bisogna approfondire il tema vaccinale. Ci sono vaccini in via di sviluppo molto interessanti ma che ancora non danno risultati efficaci».


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