Media, Arte, Cultura

«Il nostro augurio per il 2016: storie di cambiamento»

Riccardo Bonacina augura ai lettori di Vita di «non vivere un anno da seduti, da spettatori passivi e non accontentarsi dell’indignazione ma incamminarsi su strade di dignità individuale e collettiva. Giocando la libertà in un impeto costruttivo, generativo»

di Riccardo Bonacina

«Caro Theo, … Mi siedo con una tavola bianca, guardo quel che mi sta dinnanzi, e mi dico: “Questa tavola vuota deve diventare qualcosa” – torno insoddisfatto – la metto via e quando mi sono riposato un po’, vado a guardarla con una specie di timore. Allora sono insoddisfatto, perché ho ancora troppo chiara in mente quella scena magnifica, quella luce e quel bosco, per essere soddisfatto di quello che ne ho tirato fuori. Ma trovo che nel mio lavoro c’è in fondo un eco di quello che mi ha colpito. Vedo che la natura mi ha detto qualcosa, mi ha rivolto la parola e che io l’ho trascritta in stenografia. Nella mia stenografia ci sono forse parole che non si possono decifrare, forse ci sono errori o vuoti: ma in essa c’è qualcosa di quanto mi ha detto quel bosco, o quella spiaggia, o quel sole. Tuo Vincent 3 aprile 1878»

È iniziata così la Prima giornata della generatività sociale che Vita ha organizzato, con Istituto Sturzo e Archivio della generatività lo scorso 18 dicembre, è iniziata con questa lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo.

Una lettera che ha fatto da esergo e dedica al racconto di 12 storie dell’Italia generativa (tra le oltre cento raccolte nell’archivio), capace cioè di generare valore sociale ed economico senza chiedere permessi a nessuno. La natura mi ha detto qualcosa, scrive Van Gogh, ed è un invito a tutti noi per non vivere un anno da seduti, da spettatori passivi, la nostra storia, infatti, ci dice qualcosa, la realtà, ogni giorno, ci dice qualcosa, gli altri ci dicono qualcosa, ci chiedono qualcosa, e c’è bisogno della nostra stenografia, della grafia delle nostre vite chiamate ad assumersi delle responsabilità giocando la libertà in un impeto costruttivo, generativo, appunto. L’impeto di chi non si accontenta dell’indignazione ma invece si incammina su strade di dignità individuale e collettiva. Rischiando, intraprendendo senza calcoli preventivi ma per il gusto di fare cose giuste e belle.

Questo ci raccontano le storie della Prima giornata della generatività sociale e questo ci raccontano le storie raccolte nel nostro primo numero del 2016 (in uscita e su web dall’8 gennaio), dodici storie di innovazione nei rispettivi ambiti: l’impresa, la ricerca e la tecnologia, la sanità e l’economia, l’arte pubblica e la musica, l’idea di sostenibilità e quella di lavoro, la scuola e persino le periferie e il denaro. Storie di creatività, di partecipazione, di cura del patrimonio, di apertura alle relazioni, di innovazione capace di trasformare il welfare, il modo di fare impresa e la gestione dei beni comuni. Un pieno di storie di cambiamento come nostro augurio per il prossimo anno


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