Lo scrigno dei ricordi

Uno spazio dove custodire momenti preziosi, un’occasione per confrontarsi apertamente col proprio passato, anche se doloroso come quello alle spalle di bambini che hanno vissuto l’abbandono.

di Giovanna Pieroni

Spesso si pensa che l’adozione sia un voltare pagina. In realtà i ragazzi devono poter riuscire a integrare in maniera serena il passato nel paese d’origine con il presente e futuro nella nuova famiglia e nel nuovo Paese. Lorenzo (il nome è di fantasia) spesso racconta che la madre è morta e che, per questo, non ha potuto tenerlo con sé. Anche se ormai felicemente accolto nella nuova famiglia adottiva che, con delicatezza e rispetto, cerca di dargli pian piano la realtà di quello che è stato, Lorenzo esprime con questa falsa verità il bisogno di mettere a posto un importante tassello del suo passato. Ma come creare quel clima familiare sereno e aperto in cui ricevere e ricostruire i ricordi, riannodare i vecchi fili coi nuovi?

Con questo obiettivo, la sede di Firenze dell’associazione AFNonlus, ente autorizzato per le adozioni internazionali, ha dato avvio al “progetto Scrigno”, un laboratorio sperimentale per famiglie adottive con bambini di età maggiore di sette anni. «Sono bambini che hanno già radicato il loro senso di appartenenza nella nuova famiglia e più in generale nel nuovo contesto culturale, essendo arrivati da due, tre anni. Ma hanno bisogno di elaborare una continuità tra il prima e il dopo», dice Caterina Amariti, psicologo formatore che, con Giuliana Aquilanti, pedagogista, conduce il laboratorio. «L’adozione è come un nastro di seta da ricomporre. Mettere insieme i pezzi è fondamentale per non sentirsi mancanti di qualcosa. Crescendo e avvicinandosi all’adolescenza, in genere sono i ragazzi stessi che desiderano capire come è stata la propria vita».

Risultato finale del laboratorio: la creazione di un libro autobiografico, realizzato assemblando i fogli con una cordicella o con un nastro oppure utilizzando un album su cui inserire foto e vecchi oggetti che, quando esistono, non devono scomparire. Nelle didascalie i bambini scrivono pensieri e stati d’animo. «Ripercorrono e si confrontano apertamente col proprio passato, esprimendo domande, cose che magari non riescono a tirar fuori. Arrivano a costruire l’albero genealogico, inserendo chi ricordano o chi immaginano, senza forzature. E i genitori possono avviare una profonda riflessione sulla lettura dei vissuti dei propri figli».

Il libro-scrigno aiuta a dare continuità e senso alla vita, legando insieme passato presente e futuro, attraverso il filo della narrazione. Lo scopo è raccontarsi in positivo perché la sofferenza non nasce solo dalle ferite subite, ma dal racconto che se ne fa. L’abbandono, la solitudine e le vicissitudini dell’infanzia possono essere rilette con fiducia nella vita e nel futuro, elaborando coi genitori un atteggiamento di speranza. E solidificando le radici, si consente ai ragazzi nell’adolescenza di acquisire la propria identità e proiettarsi verso il futuro.


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