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Cooperazione & Relazioni internazionali

Nel limbo di Zeerbrugge, dove si incontrano l’Europa delle persone e quella dei burocrati

Un giorno sulla marina di Bruges, in Belgio, dove la piccola chiesa Stella Maris da qualche tempo è diventata il rifugio di centinaia di profughi. In gennaio la questura ha contato 947 arresti, nei primi giorni di febbraio 318. Ma poi tutti tornano qui. Una nuova Calais Jungle a poco più di 100 chilometri dal cuore dell'Europa

di Kimberley Evans

A dividere Zeebrugge (letteralmente la marina di Bruges) e la sede della Commissione europea in Rue La Loi 200 a Bruxelles ci sono 112 chilometri. Ma vista da questa piccola striscia di terra sulla costa belga, la distanza fra l’Europa delle persone e quella della burocrazia appare abbissale.

Qui sul mare del nord, la piccola chiesa Stella Maris, da qualche tempo è diventata il rifugio di centinaia di migranti. In gennaio la questura ha contato 947 arresti, nei primi giorni di febbraio 318. Gli ultimi 4 li ha portati via la polizia su un furgone proprio davanti ai nostri occhi. In questo momento nella chiesa c’è un piccolo gruppo di migranti. Vengono dalla città di Tabriz. «Siamo iraniani convertiti al cristianesimo: se torniamo in Iran ci ammazzano». Almeno così dicono. Comunicano in un inglese elementare, ma soprattutto a gesti. Non sono preoccupati dell’arresto dei loro amici: «Succede sempre così, ti fermano, ti portano a Bruges, ti chiedono i documenti. Poi tutti tornano qui, nella chiesa».

All’interno non è che sia un granché. Mancano bagni e riscaldamento, ma almeno c’è un tetto «e il prete è una brava persona: ci dà sempre un po’ di cibo, te e caffè». Le tende non le portano. «E i sacchi a pelo spesso vengono sequestrati dalla polizia», come spiega Loïc Fraiture della charity Amitié Sans Frontiéres. Le autorità hanno paura dell’effetto Calais Jungle. La gente è invece per lo più indifferente.

«Noi vogliamo andare in Gran Bretagna, mio fratello ci è stato per dieci anni, la polizia lì è meglio», ci dice un iraniano. «La Francia e il Belgio non vanno bene», gli fa eco un altro. Caroline Intrand, co-direttrice del Ciré (Coordination et initiatives pour réfugiés et étrangers) accusa l’Inghilterra «di non fare abbastanza per quanto sta accadendo in Francia e in Belgio». Nel limbo di Zeerbrugge però gli operatori non si fanno grandi illusioni: «qui l’afflusso di migranti continuerà chissà per quanto». L’8 marzo intanto il gruppo di estrema destra Pegida si è dato appuntamento da queste parti. Carl Decaluwé, il governatore delle Fiandre Occidentali, ha preso le sue precauzioni per tempo con un messaggio a tutti i cittadini belgi: «Non date da mangiare ai rifugiati, altrimenti ne verranno di più». Nelle stesse ore a 112 chilometri da qui si raggiungeva l’accordo sul Brexit. E si rinviava per l’ennesima volta quello sui migranti.


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