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Cooperazione & Relazioni internazionali

Nino Sergi: “La società civile, grande esclusa della conferenza Italia-Africa”

Il presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007, Nino Sergi, riconosce il successo della Conferenza ministeriale Italia-Africa organizzata a Roma il 18 maggio. Bene il Premier Renzi che tesse le lodi del privato sociale italiano davanti ai delegati africani: "è la più grande rete di associazionismo e di volontariato che ha oggi l’Unione europea". Ma allora perché le Ong, assieme alle piccole e medie imprese e il sistema cooperativo, sono state escluse dalla conferenza?

di Nino Sergi

La prima conferenza ministeriale Italia Africa, il 18 maggio scorso, è stata senza dubbio un’importante e lungimirante iniziativa che fa assumere al nostro paese quel ruolo connettivo che la centrale posizione geografica nel Mediterraneo gli assegna. Sostenibilità economica, sostenibilità socio-ambientale, migrazioni e comuni impegni, pace e sicurezza sono stati i temi affrontati.

All’invito del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale hanno risposto 52 paesi africani, con la presenza di 40 ministri, e una ventina di organizzazioni internazionali con partecipazioni ad alto livello tra cui la presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA) Dlamini Zuma, il suo commissario per la pace e la sicurezza Smail Chergui, il presidente del Consiglio dell’UA Moussa Faki Mahamat, l’Alto commissario dell’UNHCR Filippo Grandi, il direttore generale della FAO José Graziano Da Silva, il direttore esecutivo del WFP Ertharin Cousin, il presidente dell’IFAD Kanayo Nwanze, il direttore generale di EuropeAid Stefano Manservisi. Significativa e compatta la presenza delle istituzioni italiane: i presidenti Sergio Mattarella e Matteo Renzi, i ministri Paolo Gentiloni, Angelino Alfano, Maurizio Martina, Gian Luca Galletti, il vice ministro con delega alla cooperazione internazionale e all’Africa Mario Giro, il direttore generale della cooperazione allo sviluppo Giampaolo Cantini, la direttrice dell’Agenzia italiana per la cooperazione Laura Frigenti, la rete diplomatica e il mondo delle grandi imprese, con in testa Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, New Holland Agriculture.

Non abbiamo ancora il PIL più in crescita dell’Europa, ma abbiamo un livello di presenza nell’innovazione e nel volontariato che non ha uguali. E questo vogliamo condividere.

Matteo Renzi, Presidente del Consiglio

“Sarò franco – ha detto il presidente Renzi – a noi il rapporto con l’Africa preme non solo per una visione etica, ma per una visione politica e di utilità reciproca”. L’Italia non è una grande potenza, è stato il suo messaggio, ma siamo portatori di valori culturali che vogliamo condividere sia con l’Africa che con l’Europa, considerando il continente africano non come una minaccia ma come un’immensa opportunità che può salvare l’Europa da se stessa nell’ambito di un partenariato equo e paritario. “Chi pensa di risolvere costruendo muri non si accorge che sta solo imprigionando se stesso. Dobbiamo fare di più, iniziando dai grandi investimenti che siamo pronti a fare nel settore tecnologico, nell’energia, le piccole e medie imprese”. E l’Italia si presenta anche “forte dei suoi valori più fondamentali, e cioè la più grande rete di associazionismo e di volontariato che ha oggi l’Unione europea. Non abbiamo ancora il PIL più in crescita dell’Europa, ma abbiamo un livello di presenza nell’innovazione e nel volontariato che non ha uguali. E questo vogliamo condividere”.

Belle parole che riconoscono, al più alto livello istituzionale, il valore e l’importanza del mondo dell’associazionismo e del volontariato e di ciò che ha saputo esprimere, con la propria presenza e azione diffusa, in Italia e nei vari continenti. Alla conferenza, però, nessuna realtà di questo mondo è stata invitata. Non è stata presa in considerazione nessuna di quelle organizzazioni che da decenni lavorano in Africa, in modo costante, anche nei momenti e luoghi più difficili, con comunità, analoghe organizzazioni e istituzioni africane. Eppure sono riuscite a costruire, in una relazione paritaria, di rispetto e valorizzazione reciproci, parti importanti del presente e del futuro che si intende maggiormente valorizzare. Quale Italia era presente alla conferenza? Quella istituzionale e quella del privato profit, delle grandi imprese. Mentre il privato sociale che si muove senza finalità di lucro ha trovato nelle istituzioni governative la porta chiusa, anche se avrebbe potuto dire molto ai tavoli di confronto, data la conoscenza acquisita negli anni e data l’interlocuzione avviata con molti governi dei paesi africani e con le istituzioni internazionali presenti.

Quale Italia era presente alla conferenza? Quella istituzionale e quella del privato profit, delle grandi imprese. Mentre il privato sociale che si muove senza finalità di lucro ha trovato nelle istituzioni governative la porta chiusa.

“La più grande rete di associazionismo e di volontariato che ha oggi l’Unione europea” e che ha spesso e lungamente rappresentato l’unica presenza italiana e l’unica forma di cooperazione internazionale in non pochi paesi africani, sembra in realtà essere considerata un semplice ornamento delle grandi celebrazioni. Ignorare il mondo del sociale non profit (e non è la prima volta, anche se questa è particolarmente grave) significa, checché se ne dica, ignorare i valori e le istanze che esso esprime nella propria quotidianità. Ignorare, in sintesi, la spinta a ‘non lasciare indietro nessuno’ per favorire solo qualcuno.

E pensare che sono proprio le Ong ad avere spinto ad innovare la stessa concezione della cooperazione italiana e a fare maggiormente sistema. Non più solo aiuti, che rimangono comunque indispensabili, ma partenariati veri, per un cammino di sviluppo comune, a reciproco vantaggio e interesse, realizzato in modo sostenibile e con programmazioni capaci di guardare al futuro. Non più soprattutto Ong, ma apertura a tutti i soggetti non profit che possono contribuire ad una più ampia e qualificata cooperazione, dalle Onlus, alle organizzazioni di commercio equo e solidale, della finanza etica e del microcredito, alle associazioni delle comunità di immigrati, alle imprese cooperative e sociali, alle fondazioni, alle associazioni di promozione sociale. E apertura a tutti quei soggetti profit della grande e medio-piccola impresa capaci di investire e di capire che la cooperazione allo sviluppo è molto più della semplice internazionalizzazione e richiede quindi un cambiamento di mentalità rispetto a cammini dimostratisi inefficaci se non deleteri.

Male l’assenza delle PMI e del sistema cooperativo. Grave l’emarginazione delle organizzazioni della società civile: una sottovalutazione che non potrà essere mai più tollerata.

Il successo della prima conferenza Italia Africa, da cui scaturiranno nuove iniziative politiche e nuovi rapporti di cooperazione, è certamente un successo per l’Italia, che tutti dobbiamo sentire e fare nostro. Una lezione deve essere, però, da tutti appresa. Bene e indispensabile la presenza delle grandi imprese alla conferenza. Male l’assenza delle PMI e del sistema cooperativo. Grave l’emarginazione delle organizzazioni della società civile: una sottovalutazione che non potrà essere mai più tollerata. Esse possono anche fare a meno dello Stato. Difficilmente lo Stato può fare a meno di loro.

Nino Sergi è presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007


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