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Alice Laroni e i “natural killer” per combattere la sclerosi multipla

È lei la vincitrice del Premio Rita Levi Montalcini 2016, assegnato ogni anno da FISM a giovani ricercatori che si sono distinti nella lotta contro la sclerosi multipla. Due i suoi campi di studio: la ricerca di base sulle cause della malattia e una ricerca clinica sulle cellule staminali mesenchimali.

di Sara De Carli

Alice Laroni è un cervello che siamo riusciti a far rientrare in Italia. Nel 2009 lavorava negli Stati Uniti, presso il laboratorio condotto da Howard Weiner alla Harvard Medical School: da lì ha presentato una proposta di ricerca al Bando della Fondazione di Aism e ha vinto una borsa di studio per tornare in Italia. Oggi è ricercatrice a tempo determinato all’Università di Genova, dove è arrivata dopo la laurea e la specializzazione all’Università di Padova, è co-autrice di 21 pubblicazioni sulla sclerosi multipla e pochi giorni fa ha vinto il Premio Rita Levi-Montalcini 2016, assegnato dalla FISM per riconoscere l’impegno e il valore dei giovani ricercatori nella ricerca scientifica sulla SM.

Alice Laroni riceve il premio per i risultati ottenuti in due importanti ambiti della ricerca su questa malattia: la ricerca di base sulle cause che possono scatenare la malattia e la ricerca clinica su nuovi trattamenti, legata in particolare alle cellule staminali mesenchimali. «Sono ricercatrice ma anche medico», spiega Laroni, «e al Centro Sclerosi Multipla seguo tanti giovani e tante donne della mia età. Il nostro è un incontro che dura anni, costruiamo un rapporto di alleanza, terapeutica ma anche umana. Vedo le persone crescere, a volte sposarsi, a volte separarsi e cerco sempre di scegliere insieme a loro il percorso più efficace per la terapia. Dando le buone e anche le cattive notizie su come sta andando. È nell’incontro quotidiano con le persone con sclerosi multipla che alimento costantemente le domande che aprono la ricerca di cui mi occupo».

L’ultimo studio che la dottoressa ha pubblicato è di inizio 2016, su Journal of Autoimmunity: Laroni ha studiato le cellule regolatorie del sistema immunitario innato. Per dirla in maniera semplice, possiamo immaginarlo come composto da ‘soldati semplici’ dell’immunità, tra cui però ci sono dei ‘natural killer’ (NK) che hanno il ruolo di attaccare e ‘uccidere’ le cellule malate del nostro corpo, quelle tumorali o quelle infettate da virus, che vengono assalite ed eliminate dalle cellule NK. Questo è noto da tempo. La novità – spiega la ricercatrice – è che «abbiamo visto in laboratorio che le cellule NK nelle persone sane sono anche in grado di “uccidere” i linfociti T. Questi linfociti, così chiamati perché hanno origine nel timo, un piccolo organo ghiandolare, sono i responsabili di molte delle nostre risposte immunitarie. Nella SM, per semplificare, non funzionano bene: provocano un eccesso di infiammazione e sono dunque alla base dell’attacco autoimmune verso la mielina. Le cellule NK, dunque, sono in grado di prevenire in chi è sano un eccesso di infiammazione. Nella SM invece, per quanto abbiamo osservato, le cellule NK non riescono a svolgere questa funzione, perché gli stessi linfociti T liberano alcuni segnali che inibiscono l’azione dei killer naturali del sistema immunitario innato». Lo studio di Laroni potrebbe quindi in futuro aprire la via alla messa a punto di terapie che riescano a ripristinare la corretta funzione delle cellule NK e dunque un adeguato controllo dell’attivazione dei linfociti T.

Un secondo studio importante a cui la dottoressa Laroni ha partecipato riguarda le cellule staminali mesenchimali. Il progetto MEMENS, il cui primo investigatore è Antonio Uccelli, intende reclutare 185 persone con SM per sperimentare sicurezza ed efficacia di un trattamento con cellule staminali mesenchimali a confronto con un trattamento placebo. Lo stesso protocollo viene attuato oggi in 7 nazioni: Iran, che ha iniziato da pochissimo, Francia, Spagna, Inghilterra, Danimarca, Canada e Italia (per l’Italia partecipano tre Centri, Genova, Milano San Raffaele e Università di Verona Italia). A oggi sono stati arruolati 120 pazienti, di cui 30 in Italia. «Aver avuto la possibilità di partecipare alla progettazione e alla realizzazione dello studio è stata un’esperienza unica e innovativa, proprio perché un progetto nato dalla ricerca di base in laboratorio è arrivato ad essere applicato direttamente nell’uomo. Non capita spesso, che si riesca a compiere l’intero tragitto fino ad arrivare a vedere il possibile impatto di un progetto sulla vita delle persone», afferma Laroni.

In foto Alice Laroni con il prof. Mario Alberto Battaglia, presidente di FISM – Fondazione Italiana Scleros Multipla