Media, Arte, Cultura

Napoli, gli spazi liberati sono beni di tutti

Dallo scorso primo giugno sette spazi a Napoli non sono stati assegnati ma riconosciuti come “spazi che per loro stessa vocazione - collocazione territoriale, storia, caratteristiche fisiche - sono divenuti di uso civico e collettivo, per il loro valore di beni comuni". Tutto è nato nel 2012 con l'esperienza del vecchio Asilo Filangiari nel centro storico della città

di Anna Spena

Delibera di giunta 446 del 2016. Dallo scorso primo giugno sette spazi a Napoli non sono assegnati ma riconosciuti come “spazi che per loro stessa vocazione (collocazione territoriale, storia, caratteristiche fisiche) sono divenuti di uso civico e collettivo, per il loro valore di beni comuni”.

Parliamo di Villa Medusa e l’ex Lido Pola a Bagnoli, l’ex Opg (ex Monastero S. Eframo nuovo) e il Giardino Liberato (ex Convento delle Teresiane) a Materdei, l’ex Conservatorio di Santa Fede (Liberata) e lo Scugnizzo Liberato (excarcere Filangieri ex Convento delle Cappuccinelle) al centro storico insieme alla ex Schipa a via Salvator Rosa. Modelli “liberati”, stanno sperimentando nuovi modi di essere nella comunità.

«A differenza dei progetti che in genere sono partoriti dal comune», racconta Anna attivista dell’Asilo Filangieri, nato nel 2012, «il progetto non è stato pensato e poi realizzato, ma il contrario. Gli spazi inutilizzati e abbandonati di Napoli rappresentavano una necrosi. Dei gruppi di attivisti hanno deciso di aprirli e trasformarli in dei luoghi aperti al quartiere».

Comunità informali. Gruppi di giovani. Luoghi liberati. L’idea è quella di implementare all’interno degli spazi laboratori e progetti che vadano a supportare la fasce più deboli della popolazione.

«Laboratori di teatro, di riciclo, dopo scuola per i bambini», spiega Anna, «tutto quello che vada a beneficio della comunità. L’asilo, ad esempio, venne occupato da un gruppo di artisti nel 2012: poi gli attivisti si sono organizzati. Per noi spazio non è di nessuno, tutti lo usano e lo lasciano come l’hanno trovato. Ci troviamo volta alla settimana per fare delle Assemblee aperte a tutti dove ognuno può dire la sua. L’idea che sta alla base di tutto è che la proprietà pubblica viene prima rispetto a quella privata».

A carico del comune ci sono le utenze della struttura e gli stipendi dei vari custodi che rimangono sempre negli spazi per non lasciarli incustoditi. «Non riconosciamo in nessun amministratore il proprietario di questi beni ma soggetti che ne hanno una responsabilità pro tempore. E per questo anche le/gli abitanti di questi beni comuni non si sentono, né ora né mai, i loro proprietari. Noi partecipiamo attivamente alla loro gestione e sperimentiamo altri modelli culturali, politici, economici e relazionali».


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