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Quell’elicottero non sarebbe caduto se ci fossero regole certe sull’accesso alla montagna

Il presdiente Anpas, Fabrizio Pregliasco commenta la tragedia avvenuta in provincia di L'Aquila in cui un mezzo del 118, dopo aver soccorso uno sciatore, si è schiantato al suolo. «Con un clima così avverso non si capisce perché ci fosse qualcuno sulle piste. Mancano normative chiare e formazione alla responsabilità nel rapporto con l'ambiente»

di Lorenzo Maria Alvaro

Soccorritori reduci dal gelo della tragedia del crollo dell'hotel di Rigopiano in Abruzzo, volavano su una rotta collaudata a bordo di un elicottero del 118 per un intervento molto meno complesso, il recupero di uno sciatore ferito. Ma dove non sono riusciti il terremoto, la slavina e il gelo, stavolta a uccidere molto probabilmente è stata la nebbia. Ad accertarlo sarà l'inchiesta già aperta dalla procura della Repubblica sulla caduta del velivolo che, intorno a mezzogiorno, si è schiantato su Monte Cefalone, a circa 2 mila metri di quota, nel territorio comunale di Lucoli (L'Aquila). A perdere la vita sono stati i 5 membri dell'equipaggio e los ciatore recuperato.

Sembrerebbe, ad alcune ore dall'accaduto, che il motivo della tragedia sia da imputare ad alcuni cavi contro cui l'elicottero avrebbe impattato. «È molto probabile che sia così. Quella dei cavi è una problematica molto seria. Non esitono mappe agiornate che ne determinino la posizone e sotto certe quote non c'è obbligo di segnalazione. Ci si deve necessariamente affidare all'esperienza del pilota, ma con quelle condizioni di visibilità diventa tutto molto complicato». A parlare è Fabrizio Pregliasco, presidente di Anpas, che è stata la prima associazione in italia a fare elisoccorso, nel lontano 1986.

«Tutto ebbe inizio con la nascita del pronto soccorso con ala rotante, grazie al lavoro di Patrizio Nannini che con la rivista N&A Associati, prima rivista che si occupava di pronto soccorso, creò le condizioni necessarie», aggiunge Pregliasco.

Da allora il servizio è diventato imprescindibile. Basti pensare ai numeri degli interventi di Anpas Bolzano, «che ha creato un consorzio con il gruppo speleologico locale con cui fa servizio di 118 in elicottero», spiega il presidente.

Nella stagione invernale 2015/16 il soccorso su pista ha svolto, sulle piste altoatesine 3031 interventi di soccorso. Nell’anno prima erano meno, 2.965 e nella stagione 2013/14 solo 2631. Il numero più elevato di interventi è avvenuta tra le ore 11 e le 12 con 581 interventi, seguite da 512 interventi un'ora dopo. Le lesioni più frequenti, 84 per cento, sono quelle alle ginocchia.

Una quantità di voli che rende ancor più pesante la coscienza che esista questo tipo di lacune sugli ostacoli in volo a bassa quota che i mezzi possono incontrare.

Secondo il presidente però ci sono anche altre strade per prevenire disastri come quello del Gran Sasso. «Prima di tutto va chiarito però come funziona un intervento di elisoccorso. Normalmente la prassi vuole che l'elicottero serva per portare al paziente i soccorsi, l'equipe medica, nel minor tempo possibile. Quindi il fine è quelo di calare con il verricello i medici che si occuperanno di rendere stazionario e in sicurezza il malato. Solo poi, prevalentemente su gomma, si proce con il trasporto».

Non è sempre così naturalmente. «È evidente che in presenza di situazioni meteorologiche o ambientali molto avverse, tipiche della montagna, si sia costretti ad operare anche il prelievo e il trasporto con l'elicottero».

Ecco allora dove intervenire: «Sarebbe importante che si lavorasse di più sulla responsabilità dei privati cittadini», sottolinea Pregliasco, «certo regole più stringenti sull'accesso alla montagna in caso di maltempo sarebbero utili. Come anche la scelta di molte regioni di rendere obbligatoria l'assicurazione per sciare. Ma prima di tutto è importante che le persone si rendano conto dei rischi di come e quando sia possibile aventurarsi in montagna e quando invece è il caso di desistere».


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