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Bene il Rei, ma i servizi sono così anemici che rischiano di non poterlo realizzare

«Bisogna infrastrutturare i servizi, altrimenti le persone non avranno le opportunità di cui avrebbero bisogno e il REI si ridurrà nei fatti alla sola componente monetaria», spiega Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali. Ci sono regioni con un assistente sociale ogni 14mila abitanti e con il taglio del Fondo Politiche Sociali sono a rischio i servizi a cui appoggiare la nuova misura

di Sara De Carli

Bene la misura unica su tutto il territorio nazionale, bene l’aver scelto di affiancare all’erogazione monetaria il progetto personalizzato di inclusione, bene quindi il voto di ieri e il neonato REI-Reddito d’Inclusione, ma con un assistente sociale ogni 14mila abitanti, che cosa si potrà fare concretamente? È questo l’interrogativo che Gianmario Gazzi, Presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, pone all’indomani della definitiva approvazione della legge delega sulla povertà: «Sul progetto personalizzato di inclusione, i nodi verranno al pettine: se non saranno rafforzati i servizi e il sistema di reti sul territorio e se non saranno definiti obiettivi chiari e misurabili, sarà assai difficile che la norma decolli veramente e che essa riesca anche solo a scalfire i numeri della povertà».

Gazzi è alla guida di una realtà che rappresenta 42mila assistenti sociali: «la nostra soddifazione è grande perché con il ddl delega si investa anche sulla rete professionale, che deve avere un ruolo nell’accompagnare le persone fuori dalla povertà: una responsabilità che noi ci assumiamo tutta». Quello di ieri per lui è «un grande risultato», il REI «è una svolta» perché «l’unico modo per garantire i diritti è definire livelli uguali in tutto il Paese». Gazzi conferma anche che il bando PON del 2016 per il rinforzo dei servizi sociali nei territori sta muovendo le cose: a Catanzaro ad esempio verranno presto assunti 12 assitenti sociali e due educatori, la Puglia farà un bando unico con grandi numeri e molti Comuni stanno già assumendo, prima ancora di avere effettivamente incassato i soldi. Il bando PON però non basta, spiega Gazzi, per questo l’attenzione sui decreti delegati dovrà essere altissima.

«Bisogna infrastrutturare i servizi. Non per i professionisti ma perché altrimenti le persone non avranno le opportunità di cui avrebbero bisogno, resteranno sole e il REI si ridurrà nei fatti alla sola componente monetaria», spiega. Il PON e la delega prevedono un rafforzamento dei servizi e più professionisti per seguire i percorsi individualizzati, ma solo per quegli ambiti legati all’attivazione verso il lavoro e all’uscita dalla povertà: «basterebbe se questa novità del REI si innestasse in un sistema che va. Noi invece veniamo da decenni di tagli, i nuovi operatori che arriveranno per seguire i percorsi personalizzati si inseriranno in contesti dove da anni non c’è personale a sufficienza. C’è una Regione, non posso dire quale, che ha un assistente sociale ogni 14mila abitanti, come fa questa persona a seguire tutto? Altre Regioni sulla carta hanno parametri migliori, ma di fatto i servizi sociali sono esternalizzati, con un turn over altissimo, cosa puoi costruire se la persona di riferimento cambia ogni tre mesi?», si chiede Gazzi.

Insomma, usando una metafora, «i servizi sono così anemici che anche con la trasfusione del PON c’è rischio che facciano fatica e questo diritto bellissimo di essere aiutati possa non diventare reale». Per essere concreti, significa che io posso anche dare il REI e strutturare i servizi ad esso collegati, compreso il rafforzamento dei centri per impiego, «ma se le persone non possono accedere a queste opportunità perché poi accanto non hanno gli altri servizi – asilo nido se hanno figli piccoli, assistenza domiciliare se hanno anziani a cui badare – dove andiamo? E poi non basta fare un progetto con una persona, se non ho una comunità capace di accogliere questo soggetto non andremo mai lontano, serve chi lavora con la persona fragile e chi lavora con la comunità, per costruire comunità inclusive capaici di essere solidali e di accompagnare le persone in difficoltà. Per questo è importante infrastruttutare il tutto, non solo il reddito: il PON funziona per il REI, ma sull’altro motore siamo a secco».

Il pensiero va immediamente al recente taglio di oltre 200 milioni di euro ai danni del Fondo per le Politiche Sociali: «È una scelta in contraddizione forte con la legge delega approvata ieri. Siamo ancora troppo lontani dall’idea che i servizi siano un investimento e non una spesa, nonostante le innumerevoli ricerche che lo dimostrano», conclude Gazzi.

Foto P. De Melo Moreira/Getty Images


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