Cooperazione & Relazioni internazionali

Se il Nobel per la Pace va alla società civile

«Una vittoria per la società civile. Siamo noi che possiamo costringere i nostri stati a scegliere cosa è eticamente e moralmente accettabile e cosa non lo è», così commenta l’annuncio del Nobel per la Pace Lisa Clark co-presidente dell'International Peace Bureau e coordinatrice per il disarmo nucleare di Rete Disarmo, che fa parte di ICAN

di Ottavia Spaggiari

Una sorpresa secondo molti, questo Nobel per la Pace a ICAN, la Campagna Internazionale per la messa al bando delle armi nucleari. Un messaggio chiaro a Stati Uniti e Nord Corea e anche alle nove potenze nucleari del mondo che hanno boicottato e bollato come “pericolose”, le negoziazioni del trattato, adottato lo scorso luglio da 122 Paesi al Palazzo di Vetro di New York, per proibire gli ordigni “atomici”. Un’iniziativa promossa, non a caso, dalle nazioni che non possiedono il nucleare. Ad essere premiata a Stoccolma, la Coalizione globale che, dal 2007 riunisce 468 organizzazioni in 101 Paesi, per chiedere di mettere al bando le armi nucleari.
Abbiamo parlato con Lisa Clark, co-presidente dell'International Peace Bureau e coordinatrice per il disarmo nucleare di Rete Disarmo, che fa parte di ICAN.

Questo Nobel è anche vostro…

Sono felicissima. Non me l’aspettavo proprio. A livello internazionale, tutte le previsioni davano come favoriti Federica Mogherini e il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, proprio per il loro ruolo svolto nelle negoziazioni sul nucleare. Sarebbe stato un Nobel meraviglioso, uno schiaffo a Trump e a Kim Jong-Un. La scelta dell’ICAN è stata una decisione meno politica, che sottolinea però la centralità della società civile e il ruolo che gioca nella messa al bando delle armi di distruzione di massa. Siamo noi che possiamo costringere i nostri stati a scegliere cosa è eticamente e moralmente accettabile e cosa non lo è.

Cosa si aspetta da questo Nobel?

È un passo molto importante. Il 7 luglio è stato adottato un trattato storico che proibisce gli ordigni “atomici” promosso dalle nazioni che non possiedono il nucleare, assenti le 9 nazioni che possiedono la bomba “atomica” e tutti i Paesi NATO (eccetto l’Olanda). L’Italia non ha nemmeno partecipato al dibattito. Non abbiamo mai neanche ricevuto una risposta dal governo riguardo a questo. Il Nobel può aiutarci a convincere l’Italia a cambiare idea, la nostra campagna Italia Ripensaci, si impegna proprio per questo. Questo Nobel ci aiuta a riaprire un dialogo.

Negli ultimi mesi, si è discusso molto del valore del Premio Nobel. Il silenzio e l’immobilismo sulla tragedia dei Rohingya di Aung San Suu Kyi, che aveva ricevuto il Premio nel 1991, ha acceso il dibattito. Molti si domandano quale sia il senso e l’efficacia reale di un Premio come questo…

Non sono d’accordo. Le persone cambiano, spinte da motivazioni e circostanze diverse.. Le persecuzioni dei Rohingya da parte della polizia e dell’esercito birmano sono inammissibili e una tragedia enorme. Sono passati però molti anni da quando Aung San Suu Kyi ha ricevuto il Nobel e il cambiamento di comportamento di una persona non va a ledere l’importanza di un riconoscimento come questo. Il valore del Nobel per la pace rimane indiscusso.


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