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Ilva, come uscire dal cortocircuito

Nel "Lavoro Promesso" il gesuita Francesco Occhetta dedica un capitolo al caso di Taranto. Nelle ore in cui sull'acciaieria si riaccende il conflitto fra lavoro e ambiente rileggiamo alcuni passaggi. Partendo da un punto fermo: «risanando l’ambiente si favorisce il lavoro»

di Redazione

Sono ore campali queste l’Ilva. Le ultime notizie danno conto dello sciopero degli operai contro la proposta di piano industriale di AM InvestCo, che prevederebbe 4mila esuberi e la mancata continuità contrattuale tra vecchia e nuova gestione e che comporterebbe la perdita delle anzianità guadagnate sul campo (per poi essere riassunti con le tutele crescenti del Jobs act). Poche ore fa il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha annullato il tavolo tra le parti previsto per oggi al Mise.

Occupazione, diritti dei lavoratori e ambiente. Ancora una il caso Ilva è il crocevia di un assetto del mondo del lavoro che fatica a trovare la quadra. «Le emissioni nocive dell’ultimo ventennio sino aumentate del 30%. Se la politica e l’economia hanno fallito, la società civile può ricominciare per ricostruire una nuova cultura proprio a partire da scelte etiche», a scriverlo è il gesuita Francesco Occhetta, redattore e scrittore per La Civiltà Cattolica che da poco a dato alle stampa “Il lavoro promesso” (Ancora Edizioni). Questo testo sarà uno dei cardini da cui si svilupperà il dibattito delle prossime Settimane sociali dei Cattolici Italiani (il cui presidente del Comitato organizzatore proprio delle Settimane sociali è Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto). E proprio a Taranto e all’Ilva Occhetta dedica uno dei sei focus del suo saggio sotto il titolo “Ilva di Taranto. Tra diritto alla salute e lavoro”).

Continua Occhetta: «La bonifica ambientale continua a richiedere un investimento che la famiglia Riva, nonostante gli ingenti ricavi, ha scelto ancora di non sostenere. La corretta applicazione dell’Autorizzazione integrata ambientale permetterà l’emissione di 22,1 grammi all’anno di diossine, il che equivale a circa la metà della produzione nazionale di questi inquinanti.

Un punto è fermo per lo scrittore de La Civiltà Cattolica: «Risanando l’ambiente si favorisce il lavoro». È questa la chiave di volta per uscire dal giogo: meno inquinamento uguale meno occupazione. Occhetta, pur riconoscendo i passi avanti dal punto di vista ambientale successivi al commissariamento non ha timori nell’affermare che «non sono ancora sufficienti. Eppure la bonifica può essere fatta».

Occhetta, è qui sta molto del valore di questo testo, non si limita ad un’affermazione di principio, ma mette sul tavolo buone pratiche esemplari. Continuiamo a leggere: «Ci sono esempi come l’industria siderurgica di VoestAlpine di Linz, fiore all’occhiello dell’industria austriaca, che ha saputo ridurre al minimo il suo impatto industriale. L’acciaieria produce quasi la metà dell’acciaio prodotto a Taranto e la città è la seconda più salubre dell’Austria». Non solo. «Un altro esempio è l’esperienza delle acciaierie coreane Posco, le quarte al mondo con 30 milioni di tonnellate di acciaio prodotte, che producono attraverso un processo tedesco avanzato». Il Finex rispetto all’altoforno tradizionale produce il 90% in meno di sostanze tossico-nocive e il 98% in meno di contaminazione dell’acqua. «Un’altra possibilità», aggiunge Occhetta, «è quella di adottare il processo Corex, che si basa sull’impiego del carbon fossile al posto del coke e del minerale di ferro come fornito dalle miniere. È utilizzato a Shangai e dalla Baosteel, che produce un milione e mezzo di tonnellate di acciaio. Ci sono esempi come quello della città americana di Pittsburgh e del bacino siderurgico della Ruhr, in cui la produzione non è nociva per la popolazione».

Ci sono esempi come l’industria siderurgica di VoestAlpine di Linz, fiore all’occhiello dell’industria austriaca, che ha saputo ridurre al minimo il suo impatto industriale. L’acciaieria produce quasi la metà dell’acciaio prodotto a Taranto e la città è la seconda più salubre dell’Austria

C’è un lavoro promesso anche all’Ilva, dunque? Questi, conclude Occhetta «sono esempi di programmazioni pubbliche e private che hanno dato avvio a uno sviluppo locale alternativo basato sia sulla bonifica e sul recupero delle esternalità industriali sia sul rilancio dell’economia ecocompatibile». Da qui bisogna tirare le conseguenze: «Occorre salvare il lavoro e ridurre l’inquinamento attraverso un nuovo patto sociale che superi l’Aia e coinvolga tutte le parti sociali e la politica nazionale…Sanare il conflitto e spronare le coscienze, pacificare una comunità è un compito arduo, soprattutto in un tessuto sociale sfiduciato e impoverito, ma la sfida è questa, complessa quanto ineludibile».


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