Politica & Istituzioni

Lombardia: basta micro-misure, il welfare ha bisogno di strategia

La Lombardia ha una rete di servizi a finanziamento pubblico fra le più estese d’Italia e di qualità comparativamente buona: il problema è l’insieme delle risposte in campo. A cominciare dalla non autosufficienza. Ecco le cinque priorità per il welfare lombardo, secondo l'esperto Cristiano Gori

di Sara De Carli

Presa in carico, rimodulazione della rete d’offerta, integrazione socio-sanitaria e maggiori risorse. Alla vigilia delle elezioni regionali, le priorità per il welfare della Lombardia restano le stesse dichiarate dalla giunta Maroni al suo esordio. «Chiunque siederà a Palazzo Lombardia dovrà ripartire da queste priorità, condivise dalla gran parte degli addetti ai lavori, che in questi cinque anni sono state ampiamente dichiarate ma poco tradotte in pratica», afferma Cristiano Gori, direttore del sito LombardiaSociale.it, docente di politica sociale all'Università di Trento, ideatore e coordinatore dell’Alleanza contro la Povertà, omonimo ma non parente del candidato Pd.

La giunta Maroni era apparsa inizialmente determinata ad affrontarle, ma dal 2015, approvata la riforma del sistema sociosanitario (la legge 23/2015) tutte le energie sono state assorbite da una massiccia riorganizzazione del sistema. «La riforma dichiara di voler realizzare gli obiettivi richiamati all’inizio, ma nei fatti l’attenzione è stata assorbita dal ridisegno dell’organizzazione del sistema e non dagli interventi offerti ai cittadini», valuta Gori. Inoltre, paradossalmente, l’aver messo insieme sanità e sociosanitario (la Lombardia ha ora un Assessorato al Welfare responsabile dei servizi sanitari e sociosanitari) ha avuto la conseguenza che «l’approccio sanitario è tornato dominante, ma questo approccio ragiona sul sintomo, non sulla persona nella sua globalità», afferma Gori. Gli investimenti regionali nel sociale e nel socio-sanitario sono aumentati solo nel primo periodo della legislatura, così che «data l’estensione della rete di offerta, iniziano a vedersi anche problemi di “manutenzione” della qualità, ad esempio non si aggiornano gli standard e quindi non è possibile ammodernare le case di riposo», esemplifica il professore.

Lo scenario del welfare lombardo alla vigilia delle elezioni conferma quindi una rete di servizi a finanziamento pubblico «fra le più estese d’Italia e di qualità comparativamente buona», riflette Gori: il nodo cruciale non sono le singola unità di offerta (benché pure qui le criticità siano maggiori di qualche anno fa) ma l’insieme delle risposte in campo. «Nei servizi per anziani, ad esempio, c’è l’assistenza domiciliare integrata o il ricovero in RSA, ma in mezzo non c’è niente, servirebbe uno sviluppo della residenzialità leggera. Il confronto con altre regioni del Centro-Nord mostra che l'offerta lombarda è particolarmente concentrata sui servizi residenziali a scapito di quelli domiciliari, in particolare per gli anziani e nonostante il maggiore investimento sulla domiciliarità di questa legislatura, rimane un sistema sbilanciato», continua Gori. Su anziani e disabilità, che sono le due voci principali nella spesa del welfare di qualsiasi regione, «invece di mettere in campo una varietà di misure sperimentali o rivolte a piccoli target di utenza – come accaduto negli ultimi anni – occorre attuare un piano di legislatura per rafforzare l’affiancamento delle famiglie nel territorio. Lo stesso sforzo va fatto per integrare sociale e lavoro. In generale si tratta di costruire una “strategia di legislatura”, concentrandosi sulla dimensione attuativa, con obiettivi definiti all’inizio del mandato e portati avanti per tutti i cinque anni, senza disperdersi in micro-misure ma lavorando su interventi strutturali, con uno sguardo sia ai bisogni tradizionali come disabilità, anziani e casa sia al modificarsi dei bisogni, ad esempio sulle ludopatie».

Qualche numero per capire. La spesa sociosanitaria per i servizi per gli over65 non autosufficienti è in Lombardia di 651 euro pro capite l'anno (riferimento anno 2015), composta da 457 euro per servizi residenziali e 104 euro per il domicilio-diurno-ambulatoriale. La Lombardia quanto a spesa è preceduta da Veneto (718 euro) ed Emilia Romagna (616 euro): la media in Italia è di 406 euro, quindi la Lombardia è sopra la media nazionale. In Lombardia però c'è un forte sbilanciamento sull’assistenza residenziale: l'81% della spesa sociosanitaria per anziani non autosufficienti è rappresentato dall'assistenza residenziale, mentre l’investimento sui servizi domiciliari in Lombardia risulta il più contenuto rispetto ad altre regioni del Nord-Centro Italia. In Emilia Romagna ad esempio i servizi residenziali rappresentano il 57% della spesa per il long term care, in Veneto il 71% e fra tutte le Regioni il peso medio dell’assistenza residenziale sulla spesa sociosanitaria per anziani non autosufficienti è pari al 64%. In Lombardia abbiamo 2,9 posti letto per anziani (autosufficienti e non autosufficienti) nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari (anno 2014) contro una media nazionale di 2,2 posti letto (fonte: 6° rapporto NNA – Network non autosufficienza 2017-18).


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