Welfare & Lavoro

Nasce “Terreferme”, l’affido accompagnato per i minori non accompagnati

Si chiama Terreferme il progetto pilota di CNCA e Unicef per favorire l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati sbarcati in Sicilia in famiglie affidatarie di Lombardia e Veneto. Sono già 80 le famiglie in formazione. I primi affidi partiranno con l'estate. La corresponsabilità nazionale serve per dare a questi ragazzi l'opportunità di veri percorsi di inclusione

di Sara De Carli

Chi l’ha detto che i minori non accompagnati debbano andare in comunità e non in affido? Solo perché spesso sono grandi? O perché si pensa che le famiglie debbano avere competenze specifiche per seguirli e – a volte – gestirli? In Italia ci sono circa 18.500 minori non accompagnati, il 93% è maschio e la stessa percentuale ha un’età compresa tra i 15 e i 17 anni. I tre principali paesi di provenienza sono Gambia, Guinea e Egitto. In grandissima maggioranza si trovano là dove sono sbarcati, in Sicilia: solo in questa regione vive il 44% dei minori censiti e presenti, significa oltre 8.100 ragazzi. In queste settimane sta partendo un nuovo progetto, Terreferme, per sperimentare un modello di affido familiare come risposta di seconda accoglienza per minorenni migranti soli, in un’ottica di corresponsabilità istituzionale nazionale. Significa che si costruiranno percorsi per favorire la seconda accoglienza in famiglie affidatarie della Lombardia e del Veneto per ragazzi e ragazze che sono stati ospiti in prima accoglienza nel comune di Palermo, in Sicilia. Ovviamente la prospettiva per il futuro, dopo la sperimentazione, è quella di definire un modello di prassi che coinvolga l’intero territorio italiano, in percorsi che dopo la prima accoglienza nel Sud d’Italia, principale bacino di arrivo, distribuiscano la seconda accoglienza su tutto il territorio italiano.

«Terreferme ha un carattere pilota e sperimentale e prevede di stabilire una connessione solidale tra il sistema di accoglienza palermitano con la risorsa "famiglia affidataria" presente nelle reti di famiglie aperte all'accoglienza del CNCA. La sperimentazione prevede l’individuazione di 50 progetti di affido familiare rivolti a minorenni ospiti nelle strutture nel Comune di Palermo, circa mille solo qui, che verranno accolti presso famiglie affidatarie in Veneto e Lombardia», spiega Liviana Marelli, referente del CNCA per le politiche minorili. Il punto di partenza è la situazione esistente, ovvero la concentrazione delle presenze di MNA nelle regioni del Sud: impensabile poter costruire percorsi di integrazione reale con numeri del genere in pochi territori. Per garantire maggiori opportunità ai ragazzi e percorsi di inclusione più efficaci, coinvolgere altri territori è necessario: la corresponsabilità nazionale è questa. «La responsabilità dei minori non accompagnati, come di tutti i minori, è dello Stato, non del singolo Comune. La prima accoglienza secondo la legge deve durare al massimo 30 giorni, in realtà abbiamo ragazzi che stanno nelle strutture di prima accoglienza per mesi: per avere tempi brevi nella prima accoglienza occorre garantire molte più opportunità di seconda accoglienza e per questo è necessario coinvolgere tutto il territorio nazionale», afferma Marelli. E questo è il primo step. Il secondo è stato chiedersi perché non provare a declinare questa corresponsabilità anche attraverso l’affido, dal momento che oggi i minori non accompagnati escono già dalle regioni d’arrivo ma per andare in comunità e soprattutto con modalità di invio estremamente povere di accompagnamento. «Siamo partiti da realtà del CNCA, con reti di famiglie strutturate, che poggiano su organizzazioni che sono in grado di prevedere possibili approdi. La famiglia di Verona difficilmente potrà andare a Palermo a conoscere quello che chiameremo Ahmed, ma dentro una rete è possibile accompagnare Ahmed da Palermo a Verona, con gli operatori dei servizi territoriali, valorizzando dei luoghi di approdo durante il percorso, ad esempio prevedendo alcuni giorni in una comunità in cui Ahmed e la famiglia si possano conoscere». La famiglia potrà sempre contare su un sistema di accompagnamento (la forma prevista dalla sperimentazione è quella dell’affido professionale come definito nelle linee guida nazionali sull’affido familiare), che prevede l’inserimento in una famiglia normale ma affiancata dall’accompagnamento fatto da professionisti: qualcuno che fa ponte tra la famiglie e il servizio, che tiene insieme i pezzi, con cui confrontarsi, che ti accompagna nella quotidianità, che puoi chiamare in qualsiasi momento, anche il sabato sera, perché è sempre reperibile, che permette alla famiglia affidataria di non sentirsi sola anche quando si trova a sostenere situazioni complicate.

Terreferme nasce da un'intesa tra CNCA e Unicef in collaborazione con il Garante dei diritti dei minori del Comune di Palermo. Il porgetto è finanziato da Unicef e validato da Ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali, Ministero dell’Interno, da AGIA, ANCI, AIMMF. Concretamente il progetto finanzia 5 operatori del Nord e 2 del Sud per garantire questi percorsi di avvicinamento alla famiglia in maniera adeguata e prima ovviamente per fare la formazione e la selezione delle famiglie, l’abbinamento con i ragazzi. La formazione delle famiglie della Lombardia è già partita, con 25 famiglie. Quella per il Veneto inizierà sabato 17 marzo, con 95 iscritti, tra cui 55 famiglie, tanto che si sta pensando di fare due corsi. «La risposta cultuale c’è, molte famiglie hanno esplicitamente detto di voler fare un gesto concreto di accoglienza», racconta Marelli. «A noi interessa sperimentare e rendere visibile che l’affido in famiglia, con questa modalità di corresponsabilità nazionale, è possibile e renderlo una prassi operativa. Vorremmo validare la metodologia e renderla percorribile anche in altri luoghi, per questo c’è il coinvolgimento già ora di tutti gli attori. Se funziona, i fondi per la seconda accoglienza potranno essere utilizzati anche in questo modo, le risorse quindi ci sono già: il sistema potrebbe essere preso in carico dai Comuni di residenza delle famiglie affidatarie, che poi rendicontano al ministero usando il fondo MSNA che prevede già la quota affido, spesso i Comuni non lo sanno». Per quanto riguarda la sperimentazione, che vorrebbe far partire una ventina di affidi a inizio estate, appena finite le scuole, Unicef finanzia il sistema di connessione (gli operatori e la formazione delle famiglie), mentre la quota che va alla famiglie resta in carico ai Comuni, che la rendicontano al fondo nazionale minori stranieri non accompagnati. «Ci siamo già riuniti per esaminare i profili dei ragazzi che potrebbero essere coinvolti. Quelli che abbiamo esaminato sono tutti africani, egiziani o subsahariani, la media è 16-17 anni ma c’è anche qualcuno di 13 anni, tutti con storie durissime alle spalle, chi viene dal Gambia o dalla Costa d’Avorio ad esempio parte da casa a 11 anni, con situazioni famigliari molto disgregate, partono all’avventura».

Foto Garante dei diritti dei minori, Comune di Palermo


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