Cooperazione & Relazioni internazionali

Il giorno della Vittoria e quella “minaccia russa” che non sembra esistere

Il 9 maggio si festeggia il Den Pobedy che commemora la vittoria sul nazi-fascismo. Un passato che andrebbe risfogliato oggi che l’Occidente vede nella Russia solo un nemico da cui guardarsi

di Redazione

Il 9 maggio in tutta la Russia come nella maggior parte dello spazio ex-sovietico si è festeggiato il Den Pobedy, “il giorno della Vittoria”. Si commemora la vittoria sul nazi-fascismo nella Grande Guerra Patriottica.

Nonostante la sua natura laica questa festa ha ormai assunto una dimensione di estrema sacralità; un passaggio del tutto inevitabile: non c’è famiglia tra i paesi del ex-Unione Sovietica che non abbia perso qualcuno dei propri cari in questa guerra di titani.

Una vittoria, per la quale l’URSS pagò un contributo di vite umane spaventoso, si parla di 20 milioni di vittime tra militari e civili, forse di più, si tratta di stime approssimative.. Pertanto è comprensibile la sacralità, l’onore e le rimembranze che vengono attribuite a questo anniversario.

Non dobbiamo dimenticare che tra queste vittime c’è anche Fjodor Poletaev il partigiano sovietico che combatté e morì sull’Appennino ligure. Diede la vita per l’Italia. Alla sua memoria venne conferita non solo la medaglia di Eroe dell’Unione Sovietica ma anche, in Italia, la medaglia d’oro al valor militare.

Una giornata quindi dall’enorme valore simbolico. È difficile a parole descrivere l’entusiasmo generale che si percepisce tra la gente. Le persone salutandosi si scambiano l’augurio: “S Dnem Pobedy” (Buon giorno della Vittoria). Tutti festeggiano con esultanza, allegria, senza però dimenticare il significato profondo della celebrazione, il grande sacrificio, il sangue versato dai propri padri: si depongono i fiori ai piedi dei vari memoriali, si va alla parata indossando il nastrino di San Giorgio, dai colori nero e arancione, simbolo della vittoria. Nastrino che in Russia, già da giorni, con l’avvicinarsi della festa viene appuntato sul petto.

A Mosca, in Piazza Rossa, si è tienuta la grande parata militare, sulla quale vengono puntati i riflettori dei media mondiali, tuttavia, parate militari meno pubblicizzate sfilano anche in tutte le più importanti città della Russia. I centri città si trasformano in un tripudio di bandiere russe e sovietiche col sottofondo musicale delle canzoni patriottiche.

Dopo le parate militari partono le sfilate dei “reggimenti degli immortali”. Un momento di grande suggestione, si assiste a una processione interminabile di persone di tutte le età che innalzano la foto di un loro caro, di un loro antenato, che prese parte alla Grande Guerra Patriottica. L’effetto visivo è straordinario: un fiume di immagini, di foto di visi che avanza e che scorre davanti alle tribune. Tradizione, questa, che si sta diffondendo anche in Occidente. Uomini e donne che diedero la loro vita per la libertà, caduti sui campi di battaglia, ma sempre vivi nella memoria, ai quali si conferisce il meritato onore.

Oggi l’occidente sembra ossessionato dalla “minaccia russa”: la Russia di Putin che vorrebbe attaccare e invadere l’Europa. Una minaccia creata ad arte dai poteri atlantici per tracciare un solco sempre più profondo tra l’Europa e la Russia, quasi a dimenticare che la Russia e l’Europa sono parti dello stesso continente, insieme hanno condiviso secoli di storia.

Basta sfogliare un qualsiasi libro di storia per osservare che di solito non è la Russia ad attaccare l’Occidente, bensì il contrario. I risultati sono ben noti. Tutti sappiamo com’è andata a finire l’invasione di Napoleone e di Hitler.

I capi della NATO, invece di continuare ad accalcare le loro truppe alle frontiere della Russia, dovrebbero tenere più a mente questo lezione dalla storia.


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