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Sull’azzardo parlamento e governo battano un colpo. E non diano la delega sui giochi ai soliti boiardi

Si scioglierà in queste ore il nodo della delega ai giochi, da anni affidata a un sottosegretario del Ministero dell'Economia che è la figura chiave per tutto ciò che riguarda l'azzardo legale in Italia. Da qui capiremo se nella lotta a questa piaga si sta facendo sul serio o se ci si dovrà arrendere ai soliti boiardi

di Marco Dotti

A forza di sentir parlare di futuro, il presente si trova senza via d'uscita. Così accade nel contrasto all'azzardo di massa.

Risposte false a domande vere

Sono anni che, a ogni tentativo di (minima) riforma dell'azzardo legale, si sentono due risposte. Prima risposta: «bisogna tener conto delle entrate dello Stato». Seconda risposta: «Serve una riforma organica». Entrambe le risposte sono elusive.

La prima risposta è gattopardesca e antepone il profitto ai valori primari della Costituzione (dignità, salute, integrità fisica di cittadini e ambiente). Lo fa alludendo al fatto che di fronte a un settore che, al 31 dicembre 2017, ha fatturato nel suo complesso 102 miliardi di euro, generandone circa 10 di entrate fiscali, ogni modifica rischierebbe di innescare un effetto domino sulla tenuta dei conti pubblici.

La seconda risposta è doppiamente elusiva: da un lato tende a impedire ogni azione concreta che incida da subito sul problema, in vista di non meglio precisate e precisabili azioni future; dall'altro – ed è il lato più preoccupante della questione – attraverso un provvedimento-baule chiamato "riforma organica" mira a far passare tutto e il contrario di tutto. Ne è un esempio il recente e inutile, perché inapplicabile, "accordo" Stato-Regioni-enti locali in Conferenza Unificata. O le innumerevoli proposte di "riforma organica del settore giochi" presentate nella scorsa legislatura. Pagine e pagine consegnate ai tarli. Nelle pieghe delle grandi riforme, si sa, si annida il tarlo peggiore: il diavolo.

La strada del cambiamento

Esiste però una terza via. Ed è la via del passo dopo passo. La più temuta dalle lobby e, soprattutto, dal parastato che, a ogni cambio di sistema, punta a darsi un'aria da antisistema. Capi di gabinetto, dirigenti e funzionari, boiardi d'ogni tipo: è il parastato che tiene in scacco la cosa pubblica. Uccidere ogni cambiamento e persino ogni speranza di cambiamento, in un Paese che nelle retroguardie non cambia davvero mai, è lo scopo primario di questa élites sotto mentite spoglie.

La logica di questa élites è giolittiana: chi conosce la macchina dello Stato, controlla lo Stato. Ma, al contempo, tradisce lo Stato. Per questa ragione la scelta, che verrà compiuta nelle prossime ore, sul nome a cui affidare la delega ai giochi, da anni il perno di ogni controriforma del sistema, è cruciale. Dal nome capiremo se sarà continuità o vera rottura.

Governo e Parlamento alla prova del concreto

Per questo il nuovo governo, che sul tema del contrasto all'azzardo ha puntato moltissimo inserendolo persino tra le priorità di contratto, si gioca letteramente molto. Anzi, se guardiamo al piano delle idealità: è su azzardo e ambiente che questo governo si gioca tutto. Così, sarà fondamentale capire a chi andrà la delega sui giochi, da sempre ambitissima da lobbysti e parastato. Andrà a un uomo di comprovata onestà e alto senso delle istituzioni o andrà a chi, nel parastato, sguazza da decenni?

Per la medesima ragione, la sfida è anche Parlamentare. Qualunque lobbysta sa che non è in parlamento che si decide il da farsi. Rovesciare lo status quo è la priorità per chi volesse davvero cambiare il Paese. Come? Per esempio calendarizzando subito e votando immediatamente il divieto totale e assoluto di pubblicità e sponsorizzazione dell'azzardo. Proposte consimili di Lega e M5S sono state già presentate.

Ogni "riforma organica" e ogni discorso che tenga come perno i fatturati e non ponga al centro gli uomini sarebbe più di una sconfitta. Sarebbe un tradimento.


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