Politica & Istituzioni

Migrazioni. Non sparate sugli Sprar, sono un modello virtuoso

Sono 130 mila le persone sono accolte nei Centri di Accoglienza Straoridnaria (CAS) e 30.000 le accoglienze previste e possibili nell’attuale sistema dello Sprar. In questa dicotomia CAS/SPRAR ed in questa distanza enorme di numeri si nasconde un problema. Che ora il Ministero dell'Interno vorrebbe "risolvere" cancellando l'accoglienza più virtuosa, quella degli Sprar

di Angelo Moretti

I numeri sono chiari: 130 mila persone sono accolte nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) e 30.000 sono le accoglienze previste e possibile nell’attuale sistema dello Sprar. In questa dicotomia CAS/SPRAR ed in questa distanza enorme di numeri si nasconde un intero mondo, tutto di cultura italiano.

I progetti degli Sprar

Negli Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugio) i progetti di accoglienza sono obbligatoriamente personalizzati, si prediligono piccoli numeri di beneficiari, in appartamenti presi in affitto nei comuni ( ed è addirittura possibile l’accoglienza in famiglia), la governance dell’accoglienza è direttamente nelle mani del comune che la può affidare ad enti del terzo settore, il comune controlla l’utilizzo dei fondi dell’accoglienza assumendo un revisore dei conti apposito per il progetto ( pagato con gli stessi fondi SPRAR), il personale deve avere titoli professionali adeguati all’incarico, con curricula e qualifiche richieste dal Manuale Sprar, un tutor dell’ANCI controlla il buon andamento del progetto con visite ispettive, almeno due l’anno.

Minimo il 7% dei fondi deve essere investito nelle attività di integrazione (compresi i tirocinii di inserimento lavorativo), le spese indirette per la gestione dello Sprar riconosciute al Comune o all’ente gestore non possono superare il 10%. L’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), titolare del sistema in partenariato con il Ministero dell’Interno, eroga i fondi del progetto almeno due volte l’anno, dopo apposite rendicontazioni. Lo Sprar dura minimo 3 anni per ciascun progetto ed il Comune può presentare nuovo progetto al termine dei 3 anni.

Che cosa è lo Sprar

Cos’è lo Sprar nel panorama giuridico italiano? Senza dubbio la forma più avanzata di welfare di comunità. Un welfare governato, ispirato ad un valore costituzionale ed internazionale ( accoglienza dei richiedenti asilo) ed ai paradigmi della scienza pedagogica più evoluti ( i progetti personalizzati con patti formativi). In Italia rappresenta un’eccellenza per la certezza dei fondi, la fluente erogazione degli stessi, le norme di controllo dell’operato di chi gestisce il progetto, la fluenza degli scambi tra organizzazione periferica ( il più piccolo paese dell’area interna di Italia) ed il Servizio Centrale dello Sprar (Roma), attraverso una piattaforma nazionale e la rete dei tutor locali a cui vengono assegnati la “presa in carico” dei progetti.

Lo Sprar, un modello

Se allo Sprar si ispirassero ad esempio: le misure penali, il funzionamento reale e non “cartaceo” del REI, i progetti per le dipendenze patologiche, i progetti per le fragilità sociosanitarie (anziani, disabili, sofferenti psichici), il Welfare italiano sarebbe certamente un welfare migliore. La verità è che il REI è partito con pochissimi progetti personalizzati, i progetti personalizzati dilunga durata per le persone con disabilità e malattia cronico-degenrative sono delle presenze a macchia di leopardo molto rarefatte. Il controllo della qualità pedagogica ed organizzativa dei servizi è molto scarso. Se lo SPRAR fosse il modello ordinario del rapporto tra centro e periferia nell’attuazione del welfare, i comuni avrebbero molto più potere di oggi di intervenire sui disagi dei propri cittadini. La velocità con cui un piccolo comune dell’area interna del Sannio o della Barabagia può interagire con un Servizio centrale non è neanche minimamente vicina alle procedure di funzionamento degli Ambiti di Zona che nella gran parte dei casi hanno ahinoi comportato un allontanamento sempre più burocratico tra bisogni e risposte. La tempestività degli interventi personalizzati è tutto nel welfare nell’era della società complessa e della post-modernità. La tempestività è ciò che manca al welfare in Italia, dove, ad esempio, l’erogazione della carta REI parte mesi prima che vengano avviati concretamente progetti personalizzati di uscita dalla povertà.

Per inciso: in un piccolo comune ( ce ne sono oltre 5000 in Italia, il 70% del totale) i fondi dello Sprar portano direttamente economie positive alla comunità non tanto e non solo per il numero di occupati “stabili” ( minimo tre anni), ma soprattutto perché nello Sprar le persone che ne beneficiano ( i migranti) hanno a disposizione fondi per la spesa alimentare, per il trasporto e per le esigenze personali, che spendono nel paese in cui vengono accolti, non avendo l’auto per andare al centro commerciale più vicino come fa oggi la media degli italiani autoctoni, con buona pace dell’economia locale e di prossimità.

Dove uno Sprar funziona bene resistono i piccoli bar, le salumerie, le farmacia e le scuole del comune a rischio di spopolamento, sono forse l’unico vero deterrente alla “estinzione” annunciata da Mattarella a giugno del 2017 a san Benedetto del Tronto, al convegno dei Piccoli Comuni dell’Anci, di 3000 comuni italiani.

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Anche il CAS, in poche parole

I Centri di Accoglienza Straordinario (CAS) è semplice da spiegare: è una misura straordinaria di accoglienza. Lo stato italiano non può dire di no all’accoglienza dei richiedenti asilo senza contravvenire alle dichiarazioni universali ed a quelle di Ginevra.

I comuni possono non accogliere, lo Stato non può esimersi dal farlo, finchè resta uno stato civile ed ancorato alle carte internazionali frutto di dolore, sacrifici e passioni delle democrazie del piante del 1900. Ma l’accoglienza dell’emergenza ha tutt’altro volto da quanto abbiamo appena visto. Deve garantire vitto ed alloggio e servizi minimali. Un imprenditore, una società, una finta società, una finta ONLUS o una ONLUS reale apre o riapre un albergo, una casa rurale, un vecchio capannone industriale, una concessionaria di automobili che era in fallimento, un agriturismo che dopo essere stato ristrutturato con i fondi dello Sviluppo Rurale era stato subito chiuso e reso abitazione, un convento abbondonato ed ospita migranti ad un prezzo stabilito all’asta.

La base d’asta è la pietra dello scandalo, forse il carburante più importante della posizione “prima gli italiani, 35,00 euro al giorno. La gara si chiude nel peggior modo possibile, a ribasso, e l’imprenditore o la Onlus si porta “a casa” anche 400 persone, anche di più, anche di meno, ma generalmente qualche centinaia o giù di lì. I quattrini girano all’impazzata. L’economia locale non si accorge di nulla perché l’imprenditore o l’organizzazione, dati i numeri, è costretta a centralizzare i servizi, per massimizzare i profitti si minimizzano le assunzioni ( c’è stato il caso di un CAS in provincia di Benevento, oggi sotto inchiesta, che per sei anni aveva tra i suoi dipendenti effettivi un solo cuoco slavo ed alle spalle fior fiore di consulenti pagati chissà a fare cosa, ma nessun dipendente in struttura, per sei anni). Il CAS è una misura di emergenza dovrebbe durare si e no due mesi, massimo. Durano anche 6 ani per grave colpa dei governi precedenti, degli imprenditori, delle onlus che, anche in buona fede, hanno pensato di offrire accoglienza non stando fuori dal sistema.

La pietra dello scandalo e quella di paragone

Se voi fosse il governo ed avesse come intento principale dichiarato un cambiamento delle politiche di accoglienza dei migranti, chi buttereste dalla torre? Gli Sprar o i CAS?

Incredibilmente pare da giugno stia avvenendo un giro di vite sugli Sprar, una persistente volontà di aprire grandi casermoni di accoglienza piuttosto che prediligere l’accoglienza diffusa, a scopo più “dimostrativo-punitivo” che di concreta utilità.

Il primo dato è chiaro: la graduatoria dei Comuni titolari degli Sprar doveva uscire come ogni anno a fine maggio, ma ad oggi ancora non se ne vede la luce. Le voci parlano di un governo molto attento a ricercare soluzioni per “ingabbiare” centinaia di migranti in grandi contenitori, con appalti plurimilionari, a cui partecipano ad esempio società francesi impegnate nelle carceri private d’oOtrealpe in associazione con società italiane, e di far regredire gli SPRAR ad un qualcosa di simbolico più che una buona prassi diffusa. Forse addirittura a toglierli di mezzo.

Il governo dovrebbe dire con chiarezza cosa pensa degli Sprar ( a proposito vennero istituiti dalla legge Bossi-Fini, quindi non sono un’invenzione proprio piddina), noi vi diciamo con forza: non sparate sugli SPRAR, anzi estendete il modello a tutto il welfare municipale, al contrario sarnno solo aumentati i conflitti locali tra autoctoni e migranti. È questo che vogliamo? Non possiamo e non dobbiamo volerlo.

* L'autore, Angelo Moretti è direttore del Consorzio "Sale della Terra"


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