Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

I migranti fanno paura? Sì: ma il nodo è economico, non culturale

Una ricerca promossa dalla rivista “Il Regno” e da Caritas Italiana, e curata dai professori Paolo Segatti e Federico Vegetti dell’Università Statale di Milano indaga su come sta cambiando la percezione degli italiani nei confronti delle migrazioni

di Redazione

A fronte della vitalità, oltre che della necessità, che spinge donne, uomini, intere famiglie a lasciare il proprio Paese, c’è un crescente sentimento degli italiani di paura e di sfiducia. Se è vero che gli atteggiamenti xenofobi sono diffusi in una minoranza di italiani, è altrettanto vero che la maggioranza degli italiani non è per un’accoglienza incondizionata, a partire soprattutto da un giudizio circa la fragilità delle nostre istituzioni e dalla sfiducia che il fenomeno migratorio possa essere governato.

È quanto emerge, in sintesi, da una ricerca promossa dalla rivista “Il Regno” e da Caritas Italiana, e curata dai professori Paolo Segatti e Federico Vegetti dell’Università Statale di Milano, che pubblicata nel numero di ottobre della rivista diretta da Gianfranco Brunelli ed allegata al mensile “Italia Caritas”.

“Abbiamo scelto di condividere con la rivista Il Regno un’indagine sul tema dell’atteggiamento degli italiani sul fenomeno migratorio – spiega don Francesco Soddu, Direttore di Caritas Italiana -, per fornire uno strumento di comprensione delle tendenze in atto e avviare una riflessione a livello nazionale e locale, che superi la mera dimensione della contrapposizione”. “Forse c’è stato un deficit di comprensione di quanto nel paese stava avvenendo – afferma ancora don Soddu. Le ferite aperte da una crisi economica tardivamente affrontata – con i suoi esiti di impoverimento e di incertezza – hanno probabilmente accelerato processi di ripiegamento, di evaporazione delle reti sociali, di isolamento individuale e di enfatizzazione del sentimento della paura dell’altro”.

1. Immigrati, una percezione distorta
Secondo i dati OCSE ed EUROSTAT nel 2017 l’Italia è il paese nel quale la distanza tra percezione su quanti siano i migranti legali e realtà è più grande. Tale percezione è inoltre in crescita rispetto al 2002. Tuttavia l’opinione pubblica italiana non è la più miope tra quelle europee. Se rapportata al numero effettivo d’immigrati la distorsione di cui soffrono gli italiani nel 2017 è di gran lunga inferiore a quella di cui soffre l’opinione pubblica di molti paesi dell’Europa dell’Est. È però maggiore di quella di altre opinioni pubbliche occidentali.

La questione sulla quale invece gli italiani si scostano in misura grossolana dalla realtà riguarda la quota d’immigrati irregolari, stimati dalla Fondazione ISMU nel 2017 a meno dell’1%. A fronte di questa stima, nell’ottobre 2017 ben il 47% degli italiani era convinto che la maggioranza degli immigrati fosse costituita da illegali. Ci superano solo i greci (59%).

I vari dati analizzati dimostrano che né lo stato dell’economia nel 2017 rispetto a quello del 2007, né lo scostamento tra la percezione e la realtà del fenomeno migratorio influiscono significativamente sul livello d’opinione dell’immigrazione come problema. Invece, la convinzione che il proprio paese e quindi le sue istituzioni siano gravate dalla corruzione ha un impatto decisivo. Nei paesi dove la stragrande maggioranza degli intervistati ritiene che la corruzione sia un fenomeno diffuso (come l’Italia, la Spagna e il Portogallo), la probabilità di considerare l’immigrazione più un problema che un’opportunità è di 24 punti percentuali superiore rispetto ai paesi dove la corruzione è un fenomeno meno sentito (come la Danimarca o la Finlandia). Detto altrimenti, nella percezione che gli immigrati rappresentino un problema ci sta anche la sensazione di vivere in uno Stato di cui non ci si può fidare, oltre che ovviamente l’esposizione al rischio rappresentato dagli eventuali comportamenti criminali degli stranieri residenti.

2. Italiani meno accoglienti a causa della crisi economica
Una larga fetta di italiani non vuole aprire le porte di casa. La letteratura è concorde nell’indicare tre motivazioni: il senso di minaccia economica, culturale e relativa alla sicurezza. Tuttavia se la percentuale d’intervistati che percepiscono l’immigrazione come una minaccia (piuttosto che come un’opportunità) di natura culturale è meno del 40%, in diminuzione rispetto al 2001, gli italiani che vedono negli immigrati una minaccia economica sono invece in crescita. Nel 2018 circa il 55% degli intervistati percepisce l’impatto dell’immigrazione sull’economia italiana come negativo, un aumento di dieci punti percentuali rispetto al 2001. Infine i timori più diffusi tra gli italiani riguardano la sicurezza. Nel 2018 come nel 2001, il 60% degli intervistati esprime questo tipo di preoccupazioni, che sono condizionate anche dalla pratica religiosa, dall’orientamento politico e dal livello di istruzione.

In particolare è quest’ultimo aspetto ad essere preponderante, rispetto agli altri due, nel determinare la propensione ad accogliere o meno gli immigrati: i più preoccupati sono i meno istruiti, con una differenza tra coloro che hanno finito la scuola dell’obbligo e coloro che hanno finito l’università di 30 punti percentuali. Dal confronto complessivo tra il 2001 e il 2018 emerge inoltre che il peso politico-ideologico nel 2018 è probabilmente cresciuto rispetto al 2001, ma gli effetti dell’istruzione rimangono comunque maggiori. Ci sono elettori d’istruzione modesta che si dichiarano di sinistra perché votano partiti di sinistra, ma su alcuni temi la pensano non molto diversamente dagli elettori di destra. Ciò rende i partiti di sinistra più vulnerabili di quelli di destra, in particolare se si coagulano le condizioni per uno shock politico, come la crisi dei migranti che dal 2015 ha reso l’immigrazione un tema centrale del dibatto politico nazionale e internazionale.

3) Italiani non xenofobi, ma per una accoglienza limitata
Nella propensione all’accoglienza o meno è determinate l’orientamento degli italiani rispetto alla propria identità nazionale, che innesca anche eventuali “pregiudizi”. La disponibilità ad accogliere è aumentata negli ultimi 10 anni sia in Italia che in Francia quando l’immigrato viene descritto animato dalla volontà d’integrarsi. L’effetto è sensibile. Il che indica che per un certo numero di italiani e francesi l’immigrato non è accettato incondizionatamente. Deve dimostrare di volersi integrare. Se lo fa può diventare simile a noi. L’integrazione è così possibile ad alcune condizioni. Tuttavia sia in Italia che in Francia le persone che vivono in modo spiccato la propria identità in senso etno-culturale non sono disponibili ad accogliere l’immigrato anche se egli viene descritto come una persona che vuole integrarsi. Lo stesso accade per quelli che tendono ad avere pregiudizi etnici. Gli atteggiamenti xenofobi sono dunque diffusi solo in una minoranza di italiani. Ma è altrettanto vero che la maggioranza degli italiani non è per un’accoglienza incondizionata.

“Effetto sfiducia”
In conclusione l’immigrazione per moltissimi italiani rappresenta oggi un problema più che un’opportunità. Non siamo i soli in Europa a pensarla in questo modo, ovviamente, ma nel 2017 in Italia questa opinione era molto più diffusa che in altri paesi europei, nonostante che il numero di immigrati residenti legali dai paesi extra-UE e il numero di irregolari non fosse maggiore. La diffusione dell’opinione che l’immigrazione sia un problema più che un’opportunità non appare correlata né con lo stato dell’economia, né con l’accuratezza della conoscenza del fenomeno da parte dell’opinione pubblica. Appare invece associata in modo significativo con la percezione di quanto estesa sia nel proprio Paese la corruzione. Un giudizio, questo, che poco ha a che vedere con il tasso di corruzione vero, ma che ha invece molto a che vedere con la fiducia verso il proprio Paese. Vi è qui per gli italiani un giudizio circa la fragilità delle nostre istituzioni e la sfiducia che il fenomeno migratorio possa essere governato. “Quando l’effetto complessivo della globalizzazione fa saltare i meccanismi di riconoscimento comunitario – spiega Gianfranco Brunelli, Direttore de “Il Regno”- allora l’effetto di sfiducia diventa sfiducia nelle istituzioni. Lo Stato italiano ha un problema storico sulla solidità delle proprie istituzioni. In particolare la sfiducia nelle istituzioni, che caratterizza da sempre gli italiani, fa percepire, pure considerando analoghe difficoltà di altre nazioni europee, il fenomeno migratorio come minaccia per noi ingovernabile. Lo studio che qui presentiamo mette in luce che l’alternativa è tra nuovi modelli di integrazione da un lato e rifiuto, chiusura totale dall’altro. Nel primo caso l’immigrazione è trasformabile in risorsa, nel secondo rimane un problema. La scelta riguarda l’idea di futuro che il nostro paese immagina per sé e, attraverso di sé, per l’Europa”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA