Palermo, Zen
Infanzia

Quel pavimento colloso che incatena i bambini alla loro povertà

23 Novembre Nov 2018 1501 23 novembre 2018
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L'Atlante dell'Infanzia a rischio 2018 di Save the Children passa per la prima volta dalle mappe a dimensione regionale e provinciale a quelle dettagliatissime, dei singoli quartieri. Un dettaglio tecnico? Niente affatto: solo così si può comprendere dove la vulnerabilità sociale e materiale sono più gravi e quindi le aree su cui progettare interventi in via prioritaria. Perché il tempo dei bandi è finito, servono interventi ad hoc

Da anni abbiamo statistiche allarmanti sulla povertà minorile in Italia, ma le statistiche non hanno innescato grandi processi di cambiamento. Partendo da questa constatazione Save the Children ha scelto di dedicare il suo IX Atlante dell’infanzia a rischio (pubblicato da Treccani) alle “periferie dei bambini”: un viaggio senza precedenti dentro il territorio italiano, palmo a palmo, per individuare quali sono i luoghi in cui i dati dello svantaggio e delle diseguaglianze che colpiscono i bambini si sommano uno all’altro. Scoprendo che basta cambiare isolato per avere realtà totalmente differenti. Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, ce l’aveva già detto a parole chiare in primavera: «Continuare a leggere l’Italia come se fosse omogena è sbagliato, perché l’Italia non è così. Occorre individuare le aree più fragili - che non sono solo al Sud - e lì concentrare gli interventi: non si può andare avanti con i bandi. Le aree di massimo disagio hanno bisogno di avere la priorità negli interventi, per cambiare sostanzialmente le condizioni in cui i bambini si trovano a vivere. Bambini che oggi vivono in una condizione di diseguaglianza gravissima che negli anni non si sta affatto ricomponendo, anzi la forbice si allarga. Diversamente c’è il rischio che diceva don Milani, fare parti uguali fra diseguali».

La mappa delle periferie dei bambini nasce per questo?
Sì, noi troppo spesso ci basiamo non su mappe ma su statistiche, che come noto non dicono tutta la verità. È importante invece andare a vedere dove si concentrano i dati di svantaggio, per avere una dimensione più precisa delle diseguaglianze che colpiscono i bambini. Quando lo svantaggio economico famigliare e lo svantaggio legato al territorio si accumulano, si crea una situazione che colpisce i bambini e il loro futuro in maniera drammatica, perché se un bambino ha una famiglia con risorse economiche limitate ma vive in un contesto forte, con nido, la mensa scolastica, la biblioteca… lo svantaggio legato al reddito famigliare è attutito. Ma quando i fattori di svantaggio si sommano fra loro compare quella catena intergenerazionale da cui poi non si esce, l’Atlante lo mette ben in evidenza questo pavimento colloso che invischia i bambini e gli impedisce di uscire da una condizione di povertà anche educativa non solo materiale, tant’è che solo il 6% dei figli di genitori poco istruiti riesce a laurearsi. Il contesto di vita non riesce a bilanciare e riequilibrare lo svantaggio di partenza. Se questo accade, il rischio è che questi bambini abbiano un futuro già scritto.

I quartieri sensibili (Atlante dell'Infanzia a rischio 2018, Save the Children)

Nella legge di stabilità 2018, si è assegnato all’Istat il compito di definire i parametri per individuare le aree a più alta povertà educativa, proprio per definire quali sono queste aree in cui fare interventi prioritari. Cosa è stato fatto?
Il lavoro con ISTAT è in corso, se ne parla nell’Atlante, in particolare penso al lavoro fatto da Luciana Quattrociocchi, che ha curato un primo documento interno di ricerca. Certamente c’è grande attesa rispetto a questo lavoro. Fin da ora dobbiamo dire che l’Istat ha collaborato all’Atlante con una collaborazione appassionata, rielaborando dati, consentendoci un taglio che va oltre unità di misura degli stessi municipi romani, con una zonizzazione molto puntuale: è grazie a questo lavoro che si capisce come basta cambiare isolato per avere realtà molto diverse. Per questo abbiamo intitolato l’Atlante “Periferie educative”, periferie dove la marginalizzazione dell’infanzia è molto forte.

Bambini nei quartieri dormitorio. Le aree vulnerabili e insieme ricche di bambini sono spesso anche quartieri marginali dal punto di vista funzionale, spesso caratterizzati dalla presenza di edilizia popolare. In gran parte delle città (con l’eccezione in parte di Milano, dove l’equazione disagio-quartieri dormitorio sembra tenere), non è sempre così: vi sono quartieri residenziali poveri di funzioni e di attrattive, ma popolati da ceti medio-alti e caratterizzati da un basso indice di vulnerabilità (a volte si tratta di vere e proprie gated community) e vi sono alcuni quartieri di richiamo (storici o in espansione) che fanno registrare una concentrazione preoccupante di fattori di vulnerabilità sociale e materiale

C’è un tema che l’ha colpita in particolare?
C’è un’analisi dei “quartieri dormitorio” delle grandi città, quartieri dove oggi vive la gran parte dei bambini e ragazzi in Italia, ma progettati in una maniera tale da non prevedere la presenza di bambini e ragazzi (vedi la mappa, ndr). Poi il tema forte della segregazione scolastica: la questione è nota ma mi ha colpito moltissimo l’autorappresentazione dei ragazzi, per cui “basta che dici il tuo indirizzo per dire tutto”, c’è una stigmatizzazione che blocca anche la loro stessa autostima, “se vieni da lì non sei capace di nulla per definizione”. Le scuole dei quartieri più in difficoltà sono quelle da cui tutti cercano di allontanarsi appena ne hanno la possibilità, scuole che si impoveriscono e diventano sempre più ghetto fino a chiudere. Abbiamo raccolto testimonianze di tantissimi docenti di queste scuole, a volte si tratta di scuole con una capacitò didattica fortissima, che però non vengono aiutate da nessuno. Fra le proposte dell’Atlante questa è una: riuscire a fare in modo che le scuole dei quartieri più vulnerabili diventino attrattive, che non restino solo quelli che non hanno alternative.

Esiti Invalsi. Nell'Atlante si legge che i minori che vivono in famiglie con un più basso livello socioeconomico e culturale hanno più del triplo di probabilità di non raggiungere le competenze minime rispetto ai coetanei che provengono da famiglie più benestanti. I risultati delle indagini condotte periodicamente dall’Istituto nazionale per la valutazione (INVALSI) mostrano uno svantaggio di 30 punti tra lo score medio in italiano dei bambini con l’indice socioeconomico più basso e quello dei più agiati (184,1 contro 216,7) e di 28 punti alla scuola secondaria di secondo grado (185,3 contro 213,9)

Come fare?
Significa rafforzare queste scuole anche dal punto di vista finanziario. Si fanno bandi indistinti ma alla luce di questa mappatura è evidente che occorre fare piani speciali che prevedano tempo pieno, mensa accessibile gratuita, incentivi economici per i docenti con la garanzia che restino in quella scuola, biblioteca, educazione alla genitorialità, corsi di italiano… la scuola così diventa un presidio sociale che può fare la differenza. Chi è ai margini deve avere interventi mirati, non bandi.

Foto di Riccardo Venturi. Palermo, Zen: il campo di calcio dell'Istituto comprensivo Leonardo Sciascia, uno dei pochi spazi attrezzati per il gioco dei bambini e bambine del quartiere San Filippo Neri. Mappe tratte dall'Atlante 2018. Dal 15 novembre al 20 dicembre è possibile dare un aiuto concreto, attraverso il sostegno allo studio e laboratori creativi ai bambini del Punto Luce di Save the Children del Rione Sanità a Napoli, tramite sms o chiamata da rete fissa al numero solidale 45533​.

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