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Il terremoto dell’Aquila dieci anni dopo: “Non c’è niente da celebrare”

L’impegno di ActionAid - che ha lanciato la campagna #SicuriPerDavvero - nelle zone colpite dal sisma in cui il 6 aprile 2009 morirono 309 persone e dove la tanto attesa “ricostruzione” tarda ad arrivare, soprattutto nel settore pubblico. Servono strumenti di monitoraggio civico, ascoltando le voci di un territorio martoriato che non ha mai smesso di rinascere

di Alessandro Puglia

Non c’è niente da celebrare. A dieci anni dal terremoto dell’Aquila, da quella scossa che alle 3.32 del 6 aprile del 2009 causò la morte di 309 persone, lasciandone oltre 80 mila senza casa, la “ricostruzione” è più che mai un processo lento e confuso, fatto di promesse e normative che si rincorrono , qui in un centro storico che vantava oltre 1200 attività mentre oggi ne resistono solo 20 e dove ancora neanche una scuola è stata ricostruita.

Il decennale del terremoto dell’Aquila può avere un senso se si investe nella prevenzione, facendo tesoro delle esperienze positive di un territorio che vuole rinascere tra mille difficoltà, prima che sia troppo tardi. Sara Vegni, referente aquilana di ActionAid, in prima linea tra le popolazioni colpite dal sisma, lo sa bene: «Il decennale può avere un senso solo se viene usato come strumento di memoria viva, ricordare, commemorare, quello lo facciamo purtroppo ogni giorno nei nostri cuori».

Secondo i dati della “Relazione sullo stato di avanzamento del processo di ricostruzione post-sismica nella Regione Abruzzo”, presentata nel giugno 2017 e aggiornata al 31 dicembre 2016, per la ricostruzione a L’Aquila sono stati stanziati 21 miliardi di euro. Per concludere il processo di ricostruzione serviranno altri 4 miliardi, portando il costo complessivo del processo a 25 miliardi di euro. A oggi però solo 12 miliardi sono stati richiesti e solo 8,85 miliardi quelli realmente stanziati: «meno della metà della copertura del danno», aggiunge Sara Vegni.

ActionAid ha realizzato diverse esperienze di monitoraggio civico in Italia nei territori colpiti dal sisma, non soltanto all’Aquila. Esperienze dove le attività di controllo, verifica, raccolta di idee e proposte vengono proprio dai cittadini, dagli studenti, che monitorando si creano così una propria opinione e generano una possibilità di cambiamento. Attività di questo tipo sono state realizzate da ActionAid nel Centro Italia, nel “cratere del sisma 2016”, con una scuola di monitoraggio ad Arquata del Tronto. Sono nate così cooperative e associazioni, come Concentrico a Camerino o la cooperativa Mètis community solutions creata da tre donne professioniste aquilane che hanno deciso di impiegare le loro competenze nel loro territorio. In Emilia-Romagna, ActionAid ha coinvolto gli studenti dell’istituto Luosi di Mirandola con un laboratorio di monitoraggio per favorire la ricostruzione trasparente delle zone colpite dal sisma del maggio 2012 attraverso l’uso delle tecnologie digitali e la partecipazione.

Tra gli esempi di monitoraggio all’Aquila spicca il progetto OpenData Ricostruzione, in cui è possibilemonitorare tutte le risorse impiegate nel dopo terremoto: dall’emergenza post-sisma alla ricostruzione edilizia pubblica e privata, allo sviluppo economico: «Se la ricostruzione privata procede con lentezza, la ricostruzione pubblica è completamente ferma, come le scuole che ancora aspettano nel limbo, nessuna scuola aquilana ancora è stata ricostruita e pensare che i 48 milioni previsti per la ricostruzione delle scuole sono già arrivati al comune dell’Aquila dal 2012, quindi da sei anni», aggiunge Sara Vegni di ActionAid che spera in azioni concrete da parte del Governo: «Ogni volta non si dovrebbe ricominciare da capo, non ci sono norme e diritti certi e si rincorrono sempre modalità nuove perché non abbiamo una norma principe che permetta ai cittadini di stari tranquilli, con il nuovo governo abbiamo dialogato, ci sono stati segnali d’ascolto, ma come tutti gli aquilani aspettiamo i fatti».

Agli strumenti di monitoraggio civico si aggiungono le storie di comunità, come quella di Matteo a Paganica che lascia l’università per riprendere l’attività agricola dei nonni, e insieme ad altri cinque giovani produce i fagioli di Paganica. O come Alessandro a Castel del Monte che alleva allo stato brado e trasforma, a più di mille metri di altezza, maiale nero abruzzese e produce la salsiccia di fegato aquilana.

Storie che dimostrano come nei territori italiani colpiti dal sisma c’è una gran voglia di vivere: «La ricostruzione è possibile se si coinvolgono le comunità, se si chiede ai diretti interessati di cosa si ha davvero bisogno, altrimenti rimarremo sempre il paese che non impara dal passato e che si ricorda di fare prevenzione solo quando c’è una catastrofe. A Norcia, ad esempio, stanno ancora capendo come far partire il primo mattone, dopo tre anni è una vergogna, anche per noi aquiliani perché significa che non riusciamo a imparare ciò che abbiamo vissuto», conclude Sara Vegni.

La campagna di ActionAid #SicuriPerDavvero che ha come simbolo un mattoncino giocattolo che rappresenta l’esigenza di costruire o ricostruire toccherà diverse città italiane, il 7 aprile a Perugia in occasione del festival del giornalismo, l’11 maggio ad Arquata del Tronto, mentre a giugno sarà presentata a Bologna.


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