Famiglia & Minori

Adozione e ricerca delle origini (oltre Paola Caruso)

Nel triennio 2014-2017 le richieste di accesso alle proprie origini presentate ai Tribunali per i Minorenni sono aumentate quasi del 40% rispetto al triennio precedente. Il servizio SerIO dell'Istituto degli Innocenti solo nel primo trimestre è stato contattato da 61 persone. Molti cercano informazioni sulla madre biologica, ma «non sono in cerca di una famiglia, quella già ce l’hanno. Sono in cerca di capire i motivi dell’abbandono. Nessuno ha espresso livore nei confronti della madre biologica, solo il desiderio di avere una propria storia»

di Sara De Carli

Paola Caruso e Barbara D’Urso in questi giorni ci stanno tenendo agganciati alla storia, centellinando le rivelazioni con stop and go degni di Beautiful. La soubrette è stata adottata appena nata, ma lo scopre solo a 14 anni. Poi un giorno in tv racconta la sua storia e dalla Calabria una ragazza, colpita dalla somiglianza, contatta la trasmissione per raccontare il suo sospetto di essere la sorella della Caruso. E ora il test del dna, che ha confermato che la signora Imma è la mamma biologica: una verità svelata in diretta tv. Ora manca il nome del padre, un famoso calciatore in prestito al Catanzaro 34 anni fa: «Quando sarà il momento dirò chi è. Dopo tutto quello che ha fatto Barbara D’Urso per me mi sembra giusto dirlo in una delle sue trasmissioni», ha già dichiarato la soubrette.

Vip a parte, la vicenda ci riporta ancora una volta al complesso tema della ricerca delle origini da parte di persone adottate. Secondo una ricerca realizzata dall’Istituto degli Innocenti in collaborazione con i 29 Tribunali per i Minorenni di tutta Italia e pubblicata nel volume “Identità in costruzione. La ricerca delle informazioni sulle origini nell’adozione: vissuti, sostegno professionale e prospettive di sviluppo” (in allegato in fondo all’articolo), nel triennio 2015-17 le richieste di accesso alle origini sono aumentate di quasi il 40% rispetto al triennio 2012-2014. Si passa infatti da 629 istanze nel triennio 2012-2014 a 867 istanze nel triennio 2015-2017, per un totale complessivo di 1.496 richieste di accesso agli atti. Un mutamento “quantitativo” accompagnato anche da un cambiamento “qualitativo”, riferibile ad un diverso atteggiamento, di maggiore apertura, al tema.


La voglia di conoscere la propria storia familiare è la prima tra le motivazioni che spinge l'adottato a presentare l'istanza di accesso alle proprie origini. Seguono la volontà di conoscere la madre biologica (19), le ragioni dell'abbandono (15) e l'esistenza e l'identità di fratelli e sorelle biologici (8). Rispetto alla precedente indagine del 2012, si registra che è aumentato il numero dei Tribunali per i Minorenni che segnalano come prevalente la richiesta di conoscere l’identità della madre biologica (81% dei TpM nel 2018 vs il 13% dei TpM del 2012). Al contrario la motivazione di conoscere le proprie origini o la propria etnia risulta importante solo per il 31% dei TpM (5 su 16), contro l’88% (14 su 16) del 2012.

«Tale “ribaltamento” sulle percentuali inerenti le richieste prevalenti, rappresenta in modo evidente il profondo cambiamento che ha interessato il fenomeno a seguito degli interventi giurisprudenziali intercorsi e delle nuove possibilità che si sono aperte per gli adottati, liberi di esprimere chiaramente il bisogno di conoscere informazioni sulla madre biologica», si legge nel report. L’indagine voleva sondare anche le prassi operative dei 29 Tribunali: emerge in particolare che qualora la madre biologica, contattata a seguito della richiesta di informazioni mossa dal figlio, confermi il proprio diritto all’oblio, 20 Tribunali su 25 (pur con 11 che valutano “caso per caso”) prevedono che l’adottato istante venga sentito e informato sulla sua storia personale e familiare, omettendo naturalmente ogni informazione relativa all’identità della madre e della famiglia biologica.

«Secondo la nostra esperienza, chi cerca lo fa per mille ragioni che vanno dalla pura e semplice curiosità, alla necessità di colmare vuoti esistenziali nonostante la vita sia stata vissuta con soddisfazione nella pienezza degli affetti. A volte vi è la necessità di tornare là dove tutto ebbe inizio, di rivedere i luoghi di quell’abbandono cui si attribuisce, come a una sorte matrigna, la colpa di una vita costellata da avversità. Magari la scelta di richiedere informazioni è dovuta all’avanzamento dell’età, al raggiungimento di fasi delicate dell'esistenza come la morte dei genitori adottivi, ai quali non si voleva far torto, la nascita di un figlio, la separazione, … tutto può concorrere a conoscere le proprie radici», scrive l’Istituto degli Innocenti che da sempre riceve quotidiane richieste da parte di persone intenzionate a cercare informazioni su un congiunto accolto nell'Ospedale o da parte di chi è stato un ex assistito. L’Istituto degli Innocenti nel novembre 2017 ha avviato un servizio per le informazioni sulle origini (SerIO) rivolto alle persone adottate residenti in Toscana. Lo sportello è operativo dal marzo 2018 e conta quindi un anno di attività (le persone interessate possono prendere contatto per fissare un eventuale colloquio allo 055-2037397/266; email: serio@istitutodeglinnocenti.it).

«Nei primi tre mesi del 2019 sono stati registrati 61 accessi al servizio, con una lieve prevalenza della componente femminile dell’utenza (sia che si tratti di persone adottate, parenti o amici) su quella maschile (F 39, M 22)», racconta l’Istituto. Nel primo semestre di attività (marzo – settembre 2018) le richieste registrate erano state 75. La principale modalità utilizzata per contattare il servizio è stata quella telefonica, scelta da 38 persone, seguita dalla posta elettronica, scelta da 21 persone: soltanto 1 persona si è affacciata fisicamente allo sportello. Benché SER.I.O. sia un servizio che si rivolge a persone residenti in Toscana, 30 dei 61 interessati che lo hanno contattato sono persone residenti fuori regione.

«In questo primo trimestre si sono registrate 9 persone sotto i 25 anni che volevano sapere come muoversi per ricercare soprattutto i fratelli lasciati nei paesi di origine. I motivi per cui gli adottati si sono rivolti allo sportello SER.I.O. sono molteplici fra i quali ricercare la madre biologica, ma anche i fratelli e le sorelle naturali, conoscere l’anamnesi sanitaria e familiare, le ragioni dell’abbandono e l’identità del padre.

Dei 61 interessati, 45 persone sono state adottate con adozioni nazionali, 8 con adozione internazionali e 7 richieste sono arrivate da parte di ex assistiti non adottati. Riguardo le adozioni internazionali, i contatti sono stati prevalentemente dai genitori adottivi, in 5 casi su 8. L’età anagrafica delle persone interessate è varia: la persona più anziana è nata nel 1927, la più giovane nel 2007. «In questo primo trimestre si sono registrate 9 persone sotto i 25 anni che volevano sapere come muoversi per ricercare soprattutto i fratelli lasciati nei paesi di origine», ci spiegano dall’Istituto. I motivi per cui gli adottati si sono rivolti allo sportello SER.I.O. sono molteplici fra i quali ricercare la madre biologica, ma anche i fratelli e le sorelle naturali, conoscere l’anamnesi sanitaria e familiare, le ragioni dell’abbandono e l’identità del padre.

Dei 61 contatti, in questo primo trimestre del 2019, 9 persone si sono poi presentate a colloquio, di cui 8 donne e 1 uomo. Queste persone sono nate fra il 1940 e il 1980, 8 sono state adottate e una è vissuta in istituto. La maggior parte degli adottati si è presentato accompagnato (dal coniuge, da un amico ecc…), mentre 2 persone sono giunte all’appuntamento da sole. I colloqui sono durati sempre oltre un’ora, «uno spazio e un tempo minimi per accogliere i vissuti degli adottati». La maggior parte degli adottati non aveva mai presentato istanza di accesso alle informazioni presso il Tribunale per i Minorenni di residenza.

Dai colloqui è emerso in maniera preponderante che le persone non sono in cerca di una famiglia, quella già ce l’hanno, ma sono in cerca di capire il perché e i motivi dell’abbandono subito. Nessuno ha espresso livore nei confronti della madre biologica né giudizio per quello che ha compiuto in passato, ma solo tanto desiderio di avere la propria storia e recuperare il proprio vissuto

«Le famiglie adottive hanno preferito, per lo più, tacere sulle origini del figlio, lasciando che questi venisse a conoscenza della sua condizione di adottato da amici, compagni, parenti, voci di estranei, spesso in un’età avanzata. Abbiamo incontrato persone che hanno saputo di essere adottate al momento del matrimonio, durante la richiesta dei vari certificati, ma addirittura persone che lo hanno appreso dopo il matrimonio trovando in casa dei genitori documenti. Altre persone, invece, si sono mosse alla ricerca delle proprie origini solo dopo la morte dei genitori adottivi: hanno posticipato la ricerca per non far loro un torto, un dispiacere, per non deluderli», riferiscono dall’Istituto. «Dai colloqui è emerso in maniera preponderante che le persone non sono in cerca di una famiglia, quella già ce l’hanno, ma sono in cerca di capire il perché e i motivi dell’abbandono subito. Nessuno ha espresso livore nei confronti della madre biologica né giudizio per quello che ha compiuto in passato, ma solo tanto desiderio di avere la propria storia e recuperare il proprio vissuto».

Photo by Gemma Evans on Unsplash


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