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Un dolore pieno di storie: il Nobel della Letteratura a Peter Handke

"Com’è difficile guardare" - scrive l'autore austriaco, insignito oggi, assieme alla polacca Olga Tokarczuk, con il Nobel per la Letteratura - "e non c’è scuola che lo insegni, ognuno può solo imparare da sé, giorno dopo giorno, solo questo, sempre da capo". Sempre da capo, come se fossimo sradicati da sempre, da sempre esiliati da quel territorio che ha per nome "infanzia".

di Marco Dotti

"Se da un oggetto ti aspetti un'immagine postuma, in nessun caso devi fissarlo. Devi attraversarlo". Così scrive Peter Handke, nel romanzo Il mio anno nella baia di nessuno.

"Sarà – raccontava a Alessandra Iadicicco, sulle pagine della Lettura – perché soffro da sempre per la mancanza di un luogo, perché dall’infanzia conosco il dolore dello sradicamento. Così anche un luogo episodico è sempre stato come una grazia per me".

Un posto, però, prosegue l'autore "deve diventare epico: si deve raccontarlo, trasformarlo nel personaggio di una storia, far sì che possa apparire per tutti".

Nato a Griffen, in Carinzia, nel 1942, Handke è scrittore, regista, sceneggiatore, autore teatrale, oltre che viaggiatore e cercatore di funghi. NEgli anni della guerra dei Balcani il suo nome venne ostracizzato a causa di un pamphlet, scritto da Handke: Giustizia per la Serbia.
Il Nobel ristabilisce la giusta distanza tra le cose


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