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Un Sinodo per le tante Amazzonie e per il peccato di ecocidio

L'audacia prudente del Sinodo sull'Amazzonia, che è molto più del “sinodo green” che ci stanno spacciando: è l’icona di una ecologia integrale, in cui il grido del mondo è il grido del povero e viceversa. Con un nuovo peccato che affiora alla consapevolezza dei credenti: l’ecocidio. Intervista a suor Alessandra Smerilli

di Sara De Carli

L’Amazzonia a Roma. Per dire che quello che accade in quella terra apparentemente lontana riguarda tutti e che in realtà ci sono nel mondo tante “altre” Amazzonie. Molto più del Sinodo “green” che ci stanno superficialmente spacciando: l’icona di una ecologia integrale, in cui il grido del mondo è il grido del povero e viceversa. Con un nuovo peccato che affiora alla consapevolezza: l’ecocidio. Dal 6 al 27 ottobre è in corso in Vaticano l’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi. Tema dei lavori: “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”. Tutela del Creato e rispetto delle culture locali, sono al centro dell'Assemblea. Suor Alessandra Smerilli, fra gli esperti del Consiglio nazionale del Terzo settore, ordinario di Economia Politica alla Facoltà “Auxilium” di Roma, voluta da Papa Francesco come Consigliere di Stato della Città del Vaticano ci aiuta a capire perché il Sinodo per l’Amazzonia in realtà ci riguardi tutti.

Quel che arriva dalla stampa sono le polemiche sui copricapi o i dibattiti sulla revisione dell’obbligo di celibato per i sacerdoti e la possibilità di un ruolo simile al diaconato per le donne. Cos’è invece il Sinodo per l’Amazzonia?
Il Sinodo, lo dice la parola, è discernere e camminare insieme. È un cammino che fra l’altro non è iniziato il 6 ottobre: un paio d’anni di lavoro hanno portato all’Instrumentum laboris, un documento che ha raccolto le riflessioni di tutte le persone che potevano essere ascoltate. Questo per dire che il Sinodo non è un’assemblea che prende delle decisioni, ma un discernimento fatto insieme, confrontando le istanze e le esigenze e ascoltando uno il pensiero degli altri. Alla fine si cerca di arrivare a un documento che non è quel che il Sinodo ha deciso, ma sono delle proposizioni che verranno votate e consegnate al Papa, come frutto dei lavori, non come decisioni prese. Da un certo punto di vista è unicum nel mondo, è rarissimo potersi prendere tre settimane per ragionare intorno a un tema ascoltando tutte le possibili istanze… Per questo a volte si arriva a sintesi inattese e impreviste, perché ci si è dati un tempo per riflettere, ascoltare, approfondire.

E l’Amazzonia?
Il Sinodo per l’Amazzonia mette a tema alcune istanze proprie di quella regione, ma il fatto convocarlo a Roma dice che l’Amazzonia è lì ma è anche qui ed è in tutte le terre dove si rivivono questi problemi. Portare nel cuore della cristianità i problemi di terre che sembrano lontane, per far capire che lontane non sono.

Nel senso che quel che accade là riguarda anche noi o nel senso che alcuni temi si ripresentano, diversi, anche in alti territori?
Entrambe le cose. A livello ambientale e climatico è ovvio che quello che accade in Amazzonia riguarda tutta l’umanità, perché può cambiare ecosistemi che sono all’origine del clima di tutto il Pianeta. D’altra parte le dinamiche di sfruttamento e di sangue versato da popolazioni che cercano di custodire la terra, si verificano in tante altre parti del mondo. Mettere al centro i più indifesi di quelle terre significa ricordarci che è da lì che in ogni luogo bisogna ripartire per denunciare quell’economia che uccide: penso ad esempio a testi come Frontiera Amazzonia.Viaggio nel cuore della terra ferita, di Lucia Capuzzi e Stefania Falasca: il sangue versato nelle miniere d’oro illegali ci riguarda perché di quell’ora inconsapevolmente ne facciamo uso tutti, l’oro non resta lì. Quindi è un invito a riflettere anche sulle “altre Amazzonie” del mondo. Dal punto di vista dell’ecologia integrale, il grido della terra e quello dei poveri sono lo stesso grido, come scrive Papa Francesco nella Laudato Si’.

Quindi non è solo il Sinodo green.
Nell’ecologia integrale come paradigma di futuro, tutto è connesso. Non rispettare la terra è non rispettare le persone e viceversa custodire la terra è custodire le relazioni. Non solo green, ma ecologia a tutto tondo.

Dai briefing quotidiani del Sinodo, sembra che sia stato coniato un nuovo termine: ecocidio, a indicare il peccato ecologico, che richiede una conversione. Di cosa si tratta?
È stato fatto notare che finora non abbiamo posto adeguata attenzione ai peccati contro l’ambiente. La teologia morale, nella storia, subisce variazioni e a secondo dei momenti storici ci si accorge maggiormente della rilevanza di alcuni peccati. Il Sinodo ci sta facendo notare che buttare una carta a terra o estrarre minerali in maniera selvaggia mettendo a rischio le persone e gli ecosistemi sono peccati, di cui bisognerebbe non solo confessarsi ma fare ammenda. Sta portando alla luce il tema del nostro rapporto con la natura e il rispetto che le dobbiamo: il mancato rispetto è un peccato.

Papa Francesco ha indetto questo Sinodo, come anche lei all’inizio faceva notare, due anni fa: c’era forse un po’ meno consapevolezza sull’urgenza e l’emergenza del tema ecologico.
In molti hanno detto che aver messo a tema l’Amazzonia è stata una intuizione, in tempi in cui ancora Greta non era conosciuta. In realtà la Laudato Si’ è di due anni ancora prima: è un’enciclica con una forza dirompente, ma poco ascoltata.

Le sembra che oggi ci sia una diversa disponibilità all’ascolto?
Sì. I cammini, nella Chiesa italiana e fra gli enti religiosi, ma anche fuori dal recinto religioso, hanno una soglia di attenzione che sta crescendo, lo noto nei convegni, nei percorsi e non sono parole ma percorsi in cui si fanno azioni concrete. Ad esempio come Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro da 2/3 anni stiamo lavorando su questi temi e a breve pubblicheremo una revisione della ecoguida per le parrocchie e anche i religiosi e le religiose, come USMI e CISM, stanno ragionando su come condurre le comunità e le opere con queste attenzioni.

C’è un filone che ruguarda più la vita della Chiesa, su come il Vangelo può essere vissuto pienamente nel rispetto delle culture locali.
Sì, ci siamo soffermati sulle questioni ecologiche ma il Sinodo non è solo questo. Il Sinodo ha a cuore le popolazioni anche per quanto riguarda la trasmissione della fede e i cammini della Chiesa in Amazzonia. È il tema grande dell’inculturazione e di quale visione di Chiesa che non imponga usi e costumi ma sappia discernere i nuclei fondamentali della fede e in cosa bisogna saper ascoltare e anche prendere dalle culture locali e dalle tradizioni. Per come è configurata l’Amazzonia per esempio a volte è difficile raggiungere le persone e celebrare la Messa più di una volta anno: come rispondere a questi problemi? Oppure penso al significato dei riti, a come vengono compresi i nostri riti. Il sinodo è in momento di dialogo come ha detto il cardinale brasiliano Clàudio Hummes, relatore generale al Sinodo, nel suo discorso inziale: la tradizione non è qualcosa da museo, ma si costruisce quando una genrazione narra all’altra le sua opere e quando sappiamo prendere dalle nuove generazioni e popolazioni quello che il Signore vuole dirci qui e ora. Il Vangelo è sempre nuovo e ha sempre qualcosa da dirci, in questo momento, su queste tematiche: bisogna saper ascoltare con un’audacia prudente.

Foto Agenzia Sintesi Brazil


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