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USA, con l’avvento delle macchine nel mondo del lavoro, le donne sono più a rischio degli uomini

Secondo una ricerca dell’Institute for Women’s Policy Research, il 58% dei lavoratori a rischio di sostituzione tecnologica negli Usa è donna

di Redazione

Se per molti lavoratori la transizione tecnologica che sta subendo il mondo del lavoro è sia uno spauracchio che un’opportunità, per le lavoratrici le cose vanno meno bene. A dirlo è una ricerca pubblicata, a marzo 2019, dall’Institut for Women’s Policy Research. Secondo gli autori del documento intitolato Women, Automation and Future, il 58% dei lavoratori a rischio di sostituzione tecnologica negli Usa è donna.

Un dato la cui gravità si fa ancor più pesante se si pensa che le lavoratrici in Italia rappresentano solo il 47% della forza lavoro attiva. Certo, di analisi sul futuro del lavoro al tempo degli algoritmi, dei robot e dell’intelligenza artificiale ne sono uscite tantissime. Molte di segno opposto. Fra ottimisti e pessimisti, insomma, meglio confrontarsi sui dati reali che sommati alla segregazione di genere e i trend tecnologici in atto tracciano una traiettoria problematica che sembra dirigersi verso un’ulteriore ineguaglianza.

Secondo l’IWPR, assunto che l’automazione ha (e avrà) un impatto su tutte le professioni, se per gli uomini saranno i lavori a minor valore aggiunto e meno remunerativi quelli più a rischio, per le donne l’esposizione sembra allargarsi a tutta la scala occupazionale. Le motivazioni? I bias con cui le aziende si approcciano alla forza lavoro femminile. Nei settori digitali, per esempio, le donne scontano un 41% di gap in termini di ritorno economico a parità di competenze e mansioni. Un paradosso se si pensa che, negli Usa, le donne occupate in attività con un grado di digitalizzazione fra il 51 e il 65% rappresentano oltre la metà del totale, uomini compresi. Le cose non vanno meglio se si prende in considerazione la quota di partecipazione femminile nei settori più promettenti per la transizione tecnologica: dal 2000 al 2016, le donne impegnate come computer scientist e system analyst sono passate dal 31,2 al 29,3%; le software developer dal 24,4 al 19,8%; le computer support specialist dal 35,5 al 25,3%.

Ci vorrebbe una scelta politica lungimirante che, oltre a ridurre le differenze di genere, favorisca la presenza femminile nelle cosiddette discipline Stem

Anche in quei settori in cui la tecnologia sembra ancora lontana da stravolgimenti di portata mondiale, le prospettive sono in chiaroscuro. In generale, infatti, i lavori ben remunerati che non richiedono un’alfabetizzazione digitale sono appannaggio degli uomini (carpentieri, idraulici, elettricisti, ecc) mentre le donne devono “consolarsi” con lavori sottopagati e mansioni di scarso rilievo (colf, commesse, ecc). Fanno eccezione i lavori che riguardano la cura delle persone dove l’impatto della tecnologia sembra ancora incapace di sostituire il tocco umano necessario…

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