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Cooperazione & Relazioni internazionali

Memorandum Italia-Libia, ultima chiamata

I tre anni del Memorandum sono scaduti ieri, cosa intende fare il Governo italiano? Si cominci dal rivedere il Comitato Misto che non può essere costituito solo dai rappresentanti dei due Paesi, deve essere allargato alle organizzazioni ONU che si occupano dei rifugiati e dei migranti

di Giovanni Lattanzi

Il MEMORANDUM Italia-Libia sulla gestione dei migranti, siglato nel 2017 per fermare le partenze dal territorio libico in cambio di varie sovvenzioni italiane, prevede il rinnovo tacito a tre anni esatti dalla firma. I tre anni sono scattati ieri, 2 febbraio 2020.

Da più parti leggiamo che il memorandum risulta rinnovato. Ma non è esattamente così: l’accordo continua ad essere in vigore ma l’Italia ha comunicato a novembre volontà di modificarlo alla controparte libica. La buona notizia è perciò che siamo in tempo per cambiare. Quella cattiva è che non c’è stato ancora un seguito per spiegare ai libici e all’opinione pubblica italiana come si intende cambiare.

Occorre dirlo con grande chiarezza: il vecchio memorandum così com'è risulta completamente inaccettabile. Questa volta il Governo italiano non può girarsi dall'altra parte facendo finta di non vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti. Le organizzazioni internazionali e le ONG presenti ci ricordano costantemente che la dignità e i diritti umani in Libia non vengono rispettati. In quei centri-lager non esistono le minime condizioni di vivibilità e la guardia costiera libica, foraggiata da noi, tratta in modo disumano i migranti (in mare e non). Le ong e le Agenzie Onu hanno raccolto molteplici testimonianze in Libia e in Italia di persone vendute come merci, torturate, donne violentate e persone viste morire in quei maledetti centri.
E allora ripartiamo proprio da qui. Il rispetto dei diritti umani dev’essere la cornice entro cui si costruisce il nuovo memorandum. Il nuovo memorandum deve prevedere una clausola di salvaguardia: qualora le agenzie ONU o le ONG abilitate a lavorare in Libia presentino al Comitato Misto una relazione in cui risulta il mancato rispetto delle condizioni di vita e dei diritti umani il memorandum perde immediatamente la sua efficacia.
Lo stesso Comitato Misto deve essere rivisto: non può essere costituito solo dai rappresentanti dei due Paesi, deve essere allargato alle organizzazioni ONU che si occupano dei rifugiati e dei migranti.
La prima azione del Comitato così riformato dev’essere un monitoraggio in tutte le strutture per verificare e "certificare" le condizioni di coloro che sono chiusi nei centri e di come vengono trattati. Questa prima azione deve dirci se ha senso confermare la validità dell’accordo oppure no; se la situazione infernale di quei centri possa essere riportata a condizioni dignitose o se questo è irrealizzabile. E se risulterà irrealizzabile può lo Stato Italiano continuare a sovvenzionare un tale sistema di morte con il solo “benefit” di assicurarci meno sbarchi?
Le condizioni dei centri Libici sono conosciute in tutto il mondo e l'Italia deve affermare con forza di non volersi più rendere complice di torture, tratta di esseri umani e morte, sostenendo coloro che le praticano.
Qualora si volesse continuare una collaborazione con la Guardia Costiera Libica innanzitutto si deve inserire una disposizione in cui si prevede il pattugliamento congiunto della guardia costiera libica e italiana in equipaggio misto e paritetico. Prima costruiamo le condizioni che rispettino la dignità di vita delle persone. A quel punto, solo allora, possiamo accettare che i migranti vengano riportati indietro.
Il memorandum deve prevedere la chiusura completa dei centri lager e l'organizzazione di un sistema secondo gli standard ONU, sia nella costruzione che nella gestione.
Dobbiamo potenziare i corridoi umanitari che sono la soluzione migliore per salvare vite umane, potenziare i rimpatri volontari assistiti con un approccio di reintegrazione nel territorio, accompagnato a progetti di formazione e sviluppo nei Paesi d'origine. Questo impone al Governo Italiano di tornare a ripristinare il Fondo Africa con risorse come ai livelli del 2017, cioè almeno 200 milioni, invece delle risorse attuali.
La situazione in Libia è molto complicata perché la tregua sembra non essere stata rispettata e la guerra è dietro l'angolo. L'Italia deve essere protagonista di una azione diplomatica per provare a individuare tutte le forme per fermare una destabilizzazione completa e definitiva. Nello stesso tempo non possiamo utilizzare la situazione in Libia come alibi per lasciare i migranti ad un destino di schiavitù e morte. Questa è l’ultima chance per salvare la nostra dignità insieme a quella dei migranti.

Se lo scenario di rispetto dei diritti umani è utopico e irrealizzabile per come stanno le cose in Libia oggi, lo si dica chiaramente e si rinunci a questo memorandum. Se il Governo lo farà con coraggio le organizzazioni della società civile saranno pronte a dare una mano per costruire insieme un progetto di gestione dell’emergenza profughi. Smettiamola di essere complici. Torniamo umani.
Un altro elemento che aggrava la crisi è che in queste ore la situazione rischia di degenerare rapidamente sia nel mar Mediterraneo davanti alle coste libiche che e in terra per la presenza delle navi turche che sfidano Haftar. Occorre prevedere l’attivazione subito di un corridoio umanitario immediato per chi vive nei campi ‘controllati’ dalle milizie di Al Sarraj. Va aperto il canale con UNHCR e attivata una task force governativa in dialogo con l’Europa con un coordinamento permanente con militari, ong e agenzie umanitarie ONU appunto, coordinata da una figura politica autorevole, in grado di gestire percorsi di evacuazione e accoglienza umanitaria.


*Presidente COCIS, Esecutivo AOI


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